Al QE di Draghi serve un tagliando
Agosto è tempo non solo di vacanze ma anche di
riflessioni. Per tutti. Pure per la Banca centrale europea. A Francoforte l’8
settembre prossimo il Consiglio dell’istituto dovrà fare una verifica
approfondita delle politiche monetarie dell’eurozona, politiche monetarie di
cui è responsabile.
La necessità del 'tagliando' è stata sollevata
alla vigilia di Ferragosto anche dall’Ufficio studi della Banca d’Italia con un
testo (Baffi Carefin Center Research paper N.2016/26) in cui vengono sistemati
sul tappeto diversi problemi: se la Bce stia anzitutto perseguendo o meno i
giusti obiettivi, se stia in secondo luogo utilizzando gli strumenti
appropriati e se, infine, ci sia all’Eurotower piena consapevolezza delle
distorsioni che misure come il Quantitive Easing stanno apportando al mercato
dei capitali in termini di rischio di bolle finanziarie e di aumento delle
diseguaglianze. Una vera e propria agenda, insomma, per la prossima riunione
del consiglio Bce.
Gli ultimi dati sull’eurozona (una crescita per
il 2016 dell’1,3% per l’intera area, dell’1,7% per la Germania e dello 0,5-0,6%
per l’Italia) non sembrano indicare che il QE stia avendo gli effetti sperati.
Per anni la Bce è stata criticata in quanto priva una delle caratteristiche di
vera banca centrale: quella di essere il cosiddetto 'prestatore di ultima
istanza. La Bce ha risposto creando il 'Ltro' (Long term refinancing
operations) diretto principalmente al rifinanziamento di operazioni a lungo
termine, come quelle nei settori infrastrutturali. Gli esiti non sono stati pari
alle attese. Sia perché limitati a una platea molto definita di operazioni, sia
perché nel contempo le banche dei Paesi della periferia dell’unione monetaria
erano diventate troppo esposte a crediti eccessivamente rischiosi per poter
avere accesso a questa linea di rifinanziamento.
Allora la Bce ha annunciato le Outright
Monetary Transactions (OMTs) dirette a migliorare la solvibilità e, quindi,
rivitalizzare l’economia. Uno studio dell’istituto tedesco Zew sottolinea che
«gli istituti della periferia sono rimasti deboli». Con il QE la Bce è
diventata anche 'acquirente di ultima istanza', perché acquista sul mercato
secondario titoli di Stato. In effetti, trattasi di una variante della
situazione prevalente in Italia prima del famoso 'divorzio' fra Tesoro e
Bankitalia. Da un lato, però, acquisti sul secondario sono più onerosi (e,
quindi , più discorsivi) che direttamente dagli emittenti. Da un altro, non
sembra che il QE abbia risollevato la situazione né delle banche né
dell’economia.
In effetti, la Bce ha utilizzato tutte le
frecce della faretra, anche quelle non previste quando venne istituita. La
politica monetaria ha, però, limiti ben precisi e i suoi effetti sono limitati
– o nulli – se non è inserita in un quadro coerente di riforme dei mercati dei
prodotti e dei fattori, nonché della fiscalità. E questo Draghi continua a
ripeterlo da quando a lanciato il famoso «whatever it takes», «quasliasi cosa
serva».
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L’Eurotower si interroga sugli
effetti e i limiti delle politiche monetarie ultra-espansive: da 'prestatore'
ad 'acquirente' di ultima istanza
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