Festival di Salisburgo. Focus
su Thomas Adès e Peter Eötvös
Nell’arco di sei settimane, il Festival di Salisburgo
propone circa 150 eventi, dall’opera lirica alla sinfonica, dalla cameristica
alla prosa. Focus speciale su due compositori contemporanei: il britannico
Thomas Adès e l’ungherese Peter Eötvös.
Scritto da Giuseppe
Pennisi | martedì, 23 agosto 2016 · 0
Thomas Adès, The Exterminating Angel – © Salzburger Festspiele 2016 ::
Monika Rittershaus
L’ANGELO
STERMINATORE DIVENTA UN’OPERA
L’edizione 2016 del Festival di Salisburgo si è aperta con l’attesissima prima mondiale di The Exterminating Angel, terza opera di Thomas Adès, che ha anche concertato l’Orchestra Sinfonica della Radio di Vienna. La regia è di Tom Cairns, autore anche del libretto. Scene, costumi, luci, video e coreografia sono firmati rispettivamente da Hildegard Bechter, Jon Clark, Tal Jarden e Amir Hosseinpout. Il lavoro è coprodotto dal Covent Garden di Londra, il Metropolitan di New York e dal Teatro Reale di Copenhagen.
Come è accaduto per le precedenti opere di Adès – Powder her Face, ispitata da un fatto di cronaca, e The Tempest da Shakespeare – è probabile che Exterminating Angel nei prossimi anni si vedrà nei maggiori teatri europei, americani e asiatici.
L’opera è tratta dal film eponimo di Luis Buñuel del 1962. Dopo una serata al Teatro dell’Opera, un gruppo di persone appartenenti all’alta borghesia si riuniscono a cena. Quando uno dei commensali si mette al piano per suonare, e tutti si accorgono che si sta avvicinando l’alba, non riescono più a uscire dalla villa. Restano come bloccati da un incantesimo, nonostante polizia, esercito e religiosi tentino di tutto per dar loro una via d’uscita. Dopo qualche giorno di prigionia, alcuni di loro mostrano il peggio di loro stessi. Riescono a uscire. Ma sarà una liberazione di breve durata. Restano naufraghi. Una parabola, mista di realismo, surrealismo e religiosità, della condizione borghese intrappolata in se stessa e incapace di comprendere il mondo.
L’edizione 2016 del Festival di Salisburgo si è aperta con l’attesissima prima mondiale di The Exterminating Angel, terza opera di Thomas Adès, che ha anche concertato l’Orchestra Sinfonica della Radio di Vienna. La regia è di Tom Cairns, autore anche del libretto. Scene, costumi, luci, video e coreografia sono firmati rispettivamente da Hildegard Bechter, Jon Clark, Tal Jarden e Amir Hosseinpout. Il lavoro è coprodotto dal Covent Garden di Londra, il Metropolitan di New York e dal Teatro Reale di Copenhagen.
Come è accaduto per le precedenti opere di Adès – Powder her Face, ispitata da un fatto di cronaca, e The Tempest da Shakespeare – è probabile che Exterminating Angel nei prossimi anni si vedrà nei maggiori teatri europei, americani e asiatici.
L’opera è tratta dal film eponimo di Luis Buñuel del 1962. Dopo una serata al Teatro dell’Opera, un gruppo di persone appartenenti all’alta borghesia si riuniscono a cena. Quando uno dei commensali si mette al piano per suonare, e tutti si accorgono che si sta avvicinando l’alba, non riescono più a uscire dalla villa. Restano come bloccati da un incantesimo, nonostante polizia, esercito e religiosi tentino di tutto per dar loro una via d’uscita. Dopo qualche giorno di prigionia, alcuni di loro mostrano il peggio di loro stessi. Riescono a uscire. Ma sarà una liberazione di breve durata. Restano naufraghi. Una parabola, mista di realismo, surrealismo e religiosità, della condizione borghese intrappolata in se stessa e incapace di comprendere il mondo.
Thomas Adès, The Exterminating Angel – © Salzburger Festspiele 2016 ::
Monika Rittershaus
L’opera di
Vadès e Cairns è per certi aspetti ancora più esplicita e dura del film, anche
per la raffinatissima scrittura musicale, tonale, fortemente polifonica. In
scena ci sono quindici personaggi, arie, duetti e concertati, ma anche molto
declamato. Richiede una grande orchestra con strumenti non convenzionali: ad
esempio l’introduzione è costituita da suoni di campane e per la prima volta in
Adès trapela la musica elettronica con onde martenot. Lenta e quasi
ossessiva nella prima parte, l’opera assume un ritmo incalzante nei due
intermezzi e nella seconda parte, per chiudersi con un finale liberatorio
(sebbene di breve durata).
The Exterminating Angel richiede 15 grandi voci. Alcuni degli interpreti (Anne Sofie von Otter, Charles Workman, John Tomlinson e Thomas Allen) calcano da trent’anni le scene anche italiane. Tra gli altri, tutti molto bravi anche come attori, spicca Audrey Luna, nel ruolo di Leticia, la cui aria dolcissima porta alla liberazione temporanea dei naufraghi.
The Exterminating Angel richiede 15 grandi voci. Alcuni degli interpreti (Anne Sofie von Otter, Charles Workman, John Tomlinson e Thomas Allen) calcano da trent’anni le scene anche italiane. Tra gli altri, tutti molto bravi anche come attori, spicca Audrey Luna, nel ruolo di Leticia, la cui aria dolcissima porta alla liberazione temporanea dei naufraghi.
Peter
Eötvös, Lecture Concert, 2016 – © Salzburger Festspiel: : Marco Borrelli
LA
DIFFICOLTÀ DI COMUNICARE
Halleluja di Peter Eötvös, sottotitolato oratorium balbabum (oratorio balbuziente), è marcatamente differente con, in buca, i Wiener Philharmoniker diretti da Daniel Harding, il coro della radio ungherese, la voce recitante di Peter Simonischek, il tenore dal registro molto alto Topi Lehtipuu e il soprano Iris Vermillion. L’oratorio, il cui libretto è di Péter Esterházi, si basa sulla vicenda di un musicista monaco di St. Gallen, Notker Balbulus, che a causa della balbuzie aveva difficoltà a comunicare. Nell’oratorio un narratore racconta come un angelo ponesse domande al profeta che non riusciva a rispondere tempestivamente. Nel contempo, il coro intona Halleluja con citazioni di Monteverdi, Händel, Mozart, Mussorgsky e Bruckner.
Ancora una parabola della difficoltà di comunicazione del nostro tempo. Un’orchestra di grandi dimensioni con tre piani sulla sinistra del palcoscenico, mentre il coro è su più piani alla destra. Una forte scrittura timbrica con molto spazio alle percussioni, all’organo e ai violoncelli.
Halleluja di Peter Eötvös, sottotitolato oratorium balbabum (oratorio balbuziente), è marcatamente differente con, in buca, i Wiener Philharmoniker diretti da Daniel Harding, il coro della radio ungherese, la voce recitante di Peter Simonischek, il tenore dal registro molto alto Topi Lehtipuu e il soprano Iris Vermillion. L’oratorio, il cui libretto è di Péter Esterházi, si basa sulla vicenda di un musicista monaco di St. Gallen, Notker Balbulus, che a causa della balbuzie aveva difficoltà a comunicare. Nell’oratorio un narratore racconta come un angelo ponesse domande al profeta che non riusciva a rispondere tempestivamente. Nel contempo, il coro intona Halleluja con citazioni di Monteverdi, Händel, Mozart, Mussorgsky e Bruckner.
Ancora una parabola della difficoltà di comunicazione del nostro tempo. Un’orchestra di grandi dimensioni con tre piani sulla sinistra del palcoscenico, mentre il coro è su più piani alla destra. Una forte scrittura timbrica con molto spazio alle percussioni, all’organo e ai violoncelli.
Peter Eötvös, Halleluja – © Salzburger Festspiel 2016 :: Andreas Kolarik
Interamente
dedicato a Eötvös, il concerto del 1° agosto diretto dal compositore nella
Chiesa dell’Università. L’orchestra era il Klangenforum di Vienna, un complesso
specializzato in musica contemporanea, elettronica e elettroacustica. I tre
brani precedono l’attività operistica di Eötvös, molto intensa negli ultimi
anni e di grande successo in Francia, Germania e Stati Uniti. Si tratta di
lavori fortemente teatrali. Il primo, per flauto, clarinetto e orchestra risale
al 1995-96. Si intitola Shadows: interagendo con l’orchestra, i due
strumentisti danno vita a un vero e proprio teatro di ombre. Il secondo, Sonata
per 6, è del 2005, 125esimo anniversario della nascita di Bela Bartók,
il maestro viene commemorato da un concerto in cui un pianoforte digitale
dialoga con un pianoforte tradizionale, mentre un impianto elettronico raddoppia
i suoni e interagisce con il resto dell’orchestra. Infine Chinese Opera, di
circa mezz’ora, risale al 1985-86 quando Eötvös si stava avvicinando al teatro
musicale e ricorda quattro registi: Peter Brook, Luc Bondy, Klaus Micheal
Grüber e Patrice Chéreau che lo incoraggiavano in tale direzione. Una serata
affascinante.
Giuseppe
Pennisi e Patrice
Poupon
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