OPERA/ Salisburgo, la musica religiosa fa bene
anche al botteghino
Pubblicazione: sabato 2 agosto 2014
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Salisburgo
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NEWS Musica
Quando Alexander Pereira assunse la direzione del Festival di
Salisburgo decise di allungare la manifestazione di una settimana, facendo
precedere le varie sezioni (opera, sinfonica, cameristica, dramma, spettacoli
per bambini) da un’ ouverture spirituale – di musica che guardasse all’Alto. Da
un canto, era un modo di riallacciarsi alle origini del festival (iniziata con
la Sacra Rappresentazione ‘Ognuno’ di Hugo von Hofmannsthal, che da allora
viene replicata almeno 15 volte a ciascuna edizione; negli anni ci sono stati
una ventina di differenti allestimenti). Da un'altra, sapeva, anche dalla sua
esperienza a Zurigo, che c’è una forte domanda: la Musica Sacra ha bassi costi
e fa bene al botteghino.
Molto folta la
presenza di giovani da tutta Europa (e non solo: presenti giovani
nordamericani, coreani e del bacino del Mediterraneo). Occorre tener presente
che in Italia si registra alla Sagra Musicale Umbra che quest’anno inizia il 6
settembre a Perugia e include un concorso per giovani compositori.
L’idea è stata,
in un primo momento, accolta con una punta di scetticismo. In questa edizione
2014, tuttavia, l’ouverture spirituale si estende per due settimane
(coincidendo per una con le altre sezioni del festival) e comprende trenta
concerti (circa quaranta se si includono le sinfonie di Bruckner, tutte a
carattere religioso o meglio rigorosamente cattolico), alcuni replicati più
volte.
Pereira
sostiene che è uno ‘scrigno tutto da esplorare’. Quest’anno, ad esempio, è
stato scoperto un oratorio di Mozart di cui si ignorava l’esistenza. Inoltre,
il festival ha aperto un confronto tra musica dello spirito di ispirazione cristiana
e musica dello spirito di tradizione islamica. Uno dei grandi maestri della
musica islamica, il sufista Muzaffer Efendi, afferma: "La religione è come
un fiume che attraversa numerosi Paesi, ciascun Paese lo chiama con un nome
differente e, a volte, ritiene che sia soltanto suo. Tuttavia, il fiume è
indipendente dai Paesi dove scorre e nasce da una unica sorgente". Parole
sempre attuali, specialmente oggi. Ci auguriamo che Pereira continui ed
anzi intensifichi ‘l’esplorazione’ quando sarà alla guida del Teatro della
Scala – incarico che assume proprio in questi giorni.
Nel Festival
Estivo 2014, la serie spirituale è iniziata il 18 luglio con La Creazione
di Haydn, diretta da Bernard Haitink e terminata il 31 1uglio con un confronto
tra ‘nuove tendenze’ nella musica dello spirito islamica e cristiana. Durante
il soggiorno al festival, ho seguito l’ultimo della seria e l’oratorio di
Händel Israel in Egypt (eseguito dal coro e dai solisti del Balthasar- Neumann
Esemble, diretti da Thomas Engelbrock). Mi sono parsi quelli di maggiore
interesse per un pubblico internazionale, anche a ragione della loro valenza
politica.
Israel in Egypt è uno degli
oratori di Händel meno eseguiti in Italia perché, a differenza di altri,
appartiene ad un barocco secco, stringato e si basa su testi integralmente
tratti dalla Bibbia. Non ha ‘personaggi’ (come altri oratori) ma racconta il
cammino di un popolo vero la verità , coniugando la grande tradizione corale
britannica con un’orchestrazione piena di inventiva ed evocazioni, nonostante
Händel disponesse di un organico quasi cameristico, a cui ha aggiunto organo,
timpani ed ottoni. Appartiene al ‘secondo periodo ’ londinese del compositore,
quando il pubblico non apprezzava più i vocalizzi rococò e vi era una forte
tensione tra i nuovi Regnanti (gli Hanover) ed i seguaci di un eventuale
ritorno degli Stuart; Händel dovette rimaneggiare più volte il lavoro prima di
giungere alla versione definitiva (quella ascoltata a Salisburgo) imperniata
sul cammino di un intero popolo guidato da Dio. Sala strapiena (con anche posti
in piedi). Grande successo. Bis richiesti ed ottenuti.
Le matrici
della musica islamica contemporanea vengono da lontano: dal filosofo e martire
(ucciso dai mussulmani radicali nel 922) Mansur Al – Hallag, alla cui memoria
il festival ha dedicato tre concerti. Al-Hallag predicava l’amore come unica
strada verso la libertà (anche religiosa) ed attirava alle sue ‘conferenze’
circa 4000 persone per volta (numero vastissimo per l’epoca). Predicava
(precedendo Calvino e Lutero) la possibilità di ciascuno di unirsi con Dio, con
fede ed amore, senza intermediazioni gerarchiche e burocratiche. Abbastanza per
farlo dichiarare eretico e condannare a morte. Morì –si dice- sorridendo ed
affermando Io sono la verità.
Nell’ultimo dei
tre concerti, uno studio sperimentale per musica elettronica di Mar André
(scuola Boulez-Ircam) viene giustapposto a quattro composizioni contemporanee,
in vario modo, ispirate a Mansur Al – Hallag, ossia all’Islam della tolleranza
del primo millennio. Samir Oder Tamini, compositore palestinese di cittadinanza
israeliana, noto anche per i suoi studi filosofici sul Corano, tratta non solo
del pensiero di Al – Hallag ma anche della sua personalità : il lavoro
richiede un ensemble da ‘concerto grosso’ (per utilizzare un termine
musicologico barocco), ossia un’orchestra da camera ampliata. Intitolato Cihnagirdal
nome di un noto quartiere di Istanbul ne rappresenta , in 12 minuti, la
diversità etnica e religiosa . Sullo stesso tema Marc-André, che necessita di
un organico vasto, dislocato in vari luoghi della Collegiata ed integrato da
live electronics (specialmente per le voci su nastro). Il riferimento alle
‘Fedi’ è più specifici: le voci del mullah, dei rabbini e dei sacerdoti di
varie religioni cristiane si inseriscono nella partitura, dando ad essa un
vasto senso ecumenico. Kesik per 12 istrumenti della
compositrice turca Zeynep Gedizliouglu guarda invece alle cesure tra le
culture, e le religioni del Mediterraneo, con ‘a solo’ dell’oboe denso di
richiami alla tradizione orientale.
Il lavoro ( in
prima mondiale poiché commissionato dal Festival) del compositore egiziano Amr
Okba si basa sul romanzo Rhadopis of Nubia del Premio Nobel,
Naguib Mahfouz ; è un poema sinfonico di stampo europeo (ricorda la ‘musica a
programma’ di fine Ottocento-inizio Novecento sulla responsabilità e la lealtà
di chi governa nei confronti dei suoi cittadini. Non solo tratta anche di come
i sacerdoti possono fare uso improprio di religione e fede per puri fini di
potere. Particolarmente struggente il finale dedicato alla morte del ‘Faraone
saggio e pio)
Molto più
prossimi alla contemporaneità occidentale il lavoro di Hossam Mahmoud Tarab
5 presentato anche esso in prima esecuzione mondiale. La Tarab è un
canto sacro arabo molto inteso; trasposto in musica (occorre
ricordare che la musica del Medio Oriente è principalmente vocale, mentre
quella occidentale è vocale). Include un ‘a solo’ per violino basato su testo
di San Giovanni della Croce.
Sorge spontaneo
chiedersi se il dialogo tra musicisti non ne possa facilitare uno più ampio economico
e sociale.
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