Festival.
A Salisburgo il “Rosenkavalier' che approderà alla Scala
A Salisburgo il “Rosenkavalier' che approderà alla Scala
GIUSEPPE PENNISI
SALISBURGO
Per 150 anni dalla nascita di Richard Strauss, uno dei tre fondatori del Festival di Salisburgo, accanto ad un ricco programma di sinfonica e cameristica, viene proposto un nuovo allestimento del suo lavoro 'più austriaco': Der Rosenkavalier. Per l’allestimento (che si vedrà alla Scala nel 2016) il Festival si è rivolto a Harry Kupfer che a quasi ottant’anni sta progettando nuove importanti produzioni tra cui un
Parsifal . Kupfer non riprende una delle sue vecchie regie del lavoro e non imita quella, considerata 'di riferimento', di Otto Schenk di cui hanno l’esclusiva la Staatsoper di Vienna ed il National Theater di Monaco. Inserisce il lavoro nel tema di fondo del Festival: il ricordo dell’inizio della Grande Guerra. La vicenda è trasportata da un 1740 di maniera al 1911, quando Der Rosenkavalier ebbe la trionfale prima esecuzione a Dresda ed erano già in atto tutte le condizioni perché esplodesse il conflitto. Quindi, il passaggio del tempo e la fine di un’epoca («prima di quanto potessi pensare», dice nel terzetto finale la Marschallin), diventa il cuore dell’opera. In buca ci sono i Wiener Philhamoniker e sul podio è Franz Welser-Möst che a Vienna eseguono Der Rosenkavalier nell’allestimento Schenk almeno dieci volte l’anno.
Non si è alle prese con una commedia ad intrigo in un rococò di maniera ma ad una riflessione sul passaggio del tempo, sui cambiamenti della società, sulla labilità di molti rapporti umani e sulla tolleranza che fa giganteggiare la Marschallin rispetto a chi la circonda. Nel 1911 erano già in atto tutte le condizioni politiche, economiche e militari perché gli Stati europei finissero in guerra e terminasse un’epoca. Il 1911 viene rievocato con un allestimento in bianco e nero. L’attrezzeria è essenziale con mobili d’epoca e soprattutto specchi : la carrozza bianca della Marschallin è sostituita da una lunghissima limousine. Nel fondale vengono proiettate immagini (anche esse in bianco e nero) di allora: dettagli di palazzi e strade di Vienna, del Plater, del Belvedere. La concertazione di Franz Welser-Möst acquista un colore differente da quello che ha a Vienna. I tempi vengono dilatati, i violoncelli hanno maggior rilievo del solito, la celesta appare in brevi sublimi 'a solo' e il cembalo e l’armonio intervengono per rammentarci che ci emozioniamo per un mondo che non c’è più.
Der Rosenkavalier diventa un requiem dolce per un impero defunto.
Tra le voci spiccano Sophie Koch (una specialista del ruolo di Octavian) e Krassimira Stayanova (al debutto nella parte). La prima coniuga perfettamente l’ardore sensuale con la maturazione che sviluppa (diventando da ragazzo uomo e marito) nell’arco di una sola giornata. La Stayanova è una Marschallin, al tempo stesso, bellissima e possente. Di grande livello il Barone Ochs di Günther Groissböck, pieno di sfumature sia nel canto sia nella recitazione. Mojca Erdmann è una Sophie pupattola- il personaggio meriterebbe maggiore caratura. Di buon livello il resto della compagnia, specialmente i giovani del Young Singer Project utilizzati nei numerosissimi ruoli minore. Alla prima, 15 minuti d’ovazioni dopo circa cinque ore in teatro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nessun commento:
Posta un commento