CONSIGLI A RENZI/ Le tre mosse che valgono più dello sblocca-Italia
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Pier Carlo Padoan (Infophoto)
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Agli economisti e ai commentatori economici spetta di essere criticamente da stimolo, specialmente in una situazione come quella di oggi. Gran parte dei commenti sull’ultimo Consiglio dei ministri sono positivi. E non possono non esserlo dato che, secondo il comunicato di palazzo Chigi e gli interventi del Presidente del Consiglio e dei principali Ministri competenti per le materie trattate (non si conoscono ancora i testi dei provvedimenti), sono stati affrontati e verosimilmente risolti alcuni nodi della giustizia (specialmente di quella civile) e dell’investimento pubblico.Tuttavia, occorre chiedersi se: a) è stata data una risposta adeguata alle aspettative suscitate; b) si è tenuto conto del peggioramento della situazione economica italiana (quale risulta dalle statistiche più recenti); e, soprattutto, c) cosa può essere fatto di concreto e di attuabile nelle prossime settimane nel predisporre la Legge di stabilità.
Le aspettative suscitate riguardano non solamente il vasto comparto della scuola (per il riassetto del quale ci è stato chiesto di pazientare solo alcuni giorni), ma soprattutto le inefficienze dell’azione pubblica quali risultanti del Rapporto Cottarelli (soprattutto nel comparto del socialismo municipale e regionale), abilmente centellinate dal servizio stampa di palazzo Chigi ai giornali e, quindi, all’opinione pubblica. La situazione economica riguarda l’evidente scivolamento dell’Italia dalla più lunga recessione del dopoguerra e una fase di deflazione in cui rischiamo di avvitarci su noi stessi perdendo ogni anno un po’ di reddito reale (sia nazionale, sia familiare, sia individuale).
Non conosco personalmente Matteo Renzi, ma non nego di provare simpatia per questo quarantenne (alla prese con problemi gravissimi) che si atteggia a trentenne e utilizza le metodiche di comunicazione dei ventenni nella convinzione (vera o presunta) di avere esiti positivi, in tal modo, anche sugli “umori” degli ottantenni. La conferenza stampa (dal “gioco del gelato” all’ultima slide) è stato un piccolo capolavoro di quella che un tempo si chiamava “persuasione occulta”. Ha probabilmente diminuito il divario tra attese e risultati, ma i problemi restano poiché in sostanza l’esito è stato un modesto rilancio dell’investimento pubblico (ridotto, nel lasso degli ultimi dieci anni, di due terzi per rapporto al Pil) e una velocizzazione della giustizia civile, che avverrà solo se si supereranno le resistenze di varie oligarchie.
Agli economisti e ai commentatori economici spetta di
essere criticamente da stimolo, specialmente in una situazione come quella di
oggi. Gran parte dei commenti sull’ultimo Consiglio dei ministri sono positivi.
E non possono non esserlo dato che, secondo il comunicato di palazzo Chigi e
gli interventi del Presidente del Consiglio e dei principali Ministri
competenti per le materie trattate (non si conoscono ancora i testi dei
provvedimenti), sono stati affrontati e verosimilmente risolti alcuni nodi
della giustizia (specialmente di quella civile) e dell’investimento pubblico.
Tuttavia, occorre chiedersi se: a) è stata data una
risposta adeguata alle aspettative suscitate; b) si è tenuto conto del
peggioramento della situazione economica italiana (quale risulta dalle
statistiche più recenti); e, soprattutto, c) cosa può essere fatto di concreto
e di attuabile nelle prossime settimane nel predisporre la Legge di stabilità.
Le aspettative suscitate riguardano non solamente il
vasto comparto della scuola (per il riassetto del quale ci è stato chiesto di
pazientare solo alcuni giorni), ma soprattutto le inefficienze dell’azione
pubblica quali risultanti del Rapporto Cottarelli (soprattutto nel
comparto del socialismo municipale e regionale), abilmente centellinate dal
servizio stampa di palazzo Chigi ai giornali e, quindi, all’opinione pubblica.
La situazione economica riguarda l’evidente scivolamento dell’Italia dalla più
lunga recessione del dopoguerra e una fase di deflazione in cui rischiamo di
avvitarci su noi stessi perdendo ogni anno un po’ di reddito reale (sia
nazionale, sia familiare, sia individuale).
Non conosco personalmente Matteo Renzi, ma non nego di
provare simpatia per questo quarantenne (alla prese con problemi gravissimi)
che si atteggia a trentenne e utilizza le metodiche di comunicazione dei
ventenni nella convinzione (vera o presunta) di avere esiti positivi, in tal
modo, anche sugli “umori” degli ottantenni. La conferenza stampa (dal “gioco
del gelato” all’ultima slide) è stato un piccolo capolavoro di quella che un
tempo si chiamava “persuasione occulta”. Ha probabilmente diminuito il divario
tra attese e risultati, ma i problemi restano poiché in sostanza l’esito è
stato un modesto rilancio dell’investimento pubblico (ridotto, nel lasso degli
ultimi dieci anni, di due terzi per rapporto al Pil) e una velocizzazione della
giustizia civile, che avverrà solo se si supereranno le resistenze di varie
oligarchie.
Se gli esiti sono questi, ipotizzando che tra
brevissimo verranno sciolti (e bene) i nodi sulla scuola, cosa deve entrare
nella Legge di stabilità per tirarci fuori dalla deflazione? L’Italia ha poche
frecce al proprio arco. Quelle monetarie sono in mano alla Banca centrale
europea ed è da dubitare che le possa utilizzare vista l’opposizione di molti
paesi (non solo la Germania) e la necessità della preliminare revisione del
proprio regolamento (che la obbliga a non fare superare più del 2% l’anno la
crescita del tasso armonizzazione dell’indice dei prezzi al consumo). Quelle di
bilancio sono spuntate dalla decisione “politica” di contenere l’indebitamento
netto delle pubbliche amministrazioni entro il 3% del Pil anche se,
giuridicamente, nella situazione di grave recessione (e di deflazione), si
potrebbe superare temporaneamente il vincolo.
Al Governo resta, essenzialmente, la messa in atto di
misure per ridurre la spesa pubblica e renderla più efficiente (alleggerendo
così quella che è una vera oppressione fiscale e regolamentare) e una strategia
dell’offerta. Come? In primo luogo, i provvedimenti della spending
review richiedono una cornice che può essere inclusa nella riforma
della Costituzione (in discussione in parallelo alla Legge di stabilità). Si
potrebbe introdurre nella Carta il fatto che: a) che tutte le leggi (e
regolamenti e circolari varie) siano “a termine” (una “sunset regulation”
generalizzata) e non possano essere estese con marchingegni quali il “mille
proroghe” per impedire il formarsi di un Himalaya di norme (la fonte principale
di sprechi e inefficienze); b) le società in disavanzo per più di tre esercizi
del socialismo municipale (e regionale, nonché di quel che resta di quello
provinciale) vengano messe in liquidazione forzosa, con commissari provenienti
da regioni differenti da quelle in cui l’azienda ha la sede sociale.
In secondo luogo, serve un’energica strategia
dell’offerta basata sulla liberalizzazione dei mercati delle merci e dei
servizi per spingere imprese grandi e piccole a essere più competitive, e
quindi più produttive. Ci vuole una terapia shock che azzeri resistenze
settoriali e morda davvero.
In terzo luogo, occorre tenere conto del “convitato di
pietra”, il fardello del debito pubblico che frena da anni la crescita e
aggrava ora la deflazione. Non mancano proposte: prima di chiudere i battenti
del Cnel si potrebbe incoraggiare un confronto, con esperti e Parti sociali,
tra le varie proposte sul tappeto per giungere a un programma concreto.
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