La Cottarelli Story vista da Giuseppe Pennisi
02 - 08 - 2014Giuseppe Pennisi
Scrivo da
Salisburgo ed è possibile che quando questa mia nota arriverà sarà pubblicata la
”Cottarelli Story” si sarà già conclusa. Non intendo entrare nel merito.
A mio avviso – l’ho detto più volte - la spending review non
un’attività una tantum da affidare a un Commissario e a (tanti o pochi) gruppi
di lavoro. Come avviene nel resto del mondo, deve essere attività continuativa
del corpo dello Stato dove si forma e si controlla il bilancio, ossia della
Ragioneria Generale dello Stato. Può essere integrata da programma speciali –
come quello francese sulla rationalization des choix budgettaires,
razionalizzazione delle scelte di bilancio, con durata ben definita nel tempo e
con obiettivi molto puntuali.
Tuttavia, la
“Cottarelli Story” va analizzata perché prova il peggioramento, negli ultimi
trent’anni, delle prassi rispetto alle esigenze di qualificare la spesa
pubblica e ridurne gli sprechi.
Perché, in gran
misura, è un film già visto, Anzi vissuto in prima persona. Nel 1982, su invito
del Governo Spadolini, lasciai la Banca Mondiale (dove stavo facendo una rapida
carriera) per creare e dirigere il nucleo di valutazione della spesa
dell’allora Ministero del Bilancio.
Dopo tre anni,
fui costretto ad andarmene per le ragioni documentate nel 1987 in un libro
pubblicato dal Mulino. Dato che nel libro si facevano nomi e cognomi e nessuno
diede querele, si vede che i fatti documentati provocavano ai più un po’ di
imbarazzo. Ma forse anche orgoglio di essersi comportati da “uomini di panza”
che ascoltano i loro clientes più che l’analisi economica per
separare il grano dal loglio nel grande e crescente calderone della spesa
pubblica.
Non sta certo a
me commentare sugli sviluppi successivi: mi auguro che chi ha ora il compito di
valutare la spesa per investimenti pubblici lo possa fare in serenità, senza
troppo tirate di giacca e senza eccessive immissioni di politicanti al servizio
di politici grandi e piccoli.
Avendo trasferito famiglia in Italia, lavorai alcuni anni per agenzie ONU a Roma e mi dedicai successivamente a ricerca e insegnamento.
Avendo trasferito famiglia in Italia, lavorai alcuni anni per agenzie ONU a Roma e mi dedicai successivamente a ricerca e insegnamento.
Nominato dal
Presidente Napolitano Consigliere del CNEL, tentai di sensibilizzare l’organo
al tema. Un primo documento venne approvato nel dicembre 2012 all’unanimità ed
ottenne il plauso di organismi internazionali, università, ministeri italiani e
stranieri e banche di sviluppo. Un secondo è stato bloccato per due anni da un
sindacato. Quando si era trovato un “esperto” esterno di gradimento al
sindacato in questione e stava decollando un apposito gruppo di lavoro, il
sindacato (la sigla è sul sito CNEL nei verbali di Assemblee e Commissioni)
ritirò il supporto.
Ai tempi di Di
Vittorio, il rappresentante sindacale sarebbe stato deferito ai probiviri. Non
solo certi politici beneficiano dell’inefficienza della spesa pubblica, ma
anche – ne concludo – certi sindacati. Ed i Segretari Generali assordiscono per
il loro silenzio.
Resta solo
l’amarezza di chi ha ragione troppo presto.
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