Pubblicazione: lunedì 11 agosto 2014
Mario Draghi
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NEWS Economia e
Finanza
La stampa italiana ha dato grande
rilievo ai commenti del Presidente della Banca centrale europea Mario Draghi,
al termine del Consiglio dell’istituto del 7 agosto, sull’urgenza delle riforme
e sulla minaccia secondo la quale gli Stati dell’eurozona che non le effettuano
nei tempi e nei modi necessari dovranno trasferire parte della loro “sovranità”
alle istituzione comunitarie. Il Presidente del consiglio Matteo Renzi si è
detto pienamente d’accordo con Draghi, forse equivocando sul fatto che il
Presidente Bce si riferiva a riforme economiche (e riduzioni dei costi della
politica, quali prebende, portaborse e “rimborsi” elettorali) e non alle
riforme istituzionali.
Draghi è stato professore di
economia internazionale a Firenze e ben sa che le riforme istituzionali di
norma comportano un rallentamento temporaneo dell’economia prima di sprigionare
i loro effetti positivi. Renzi si è detto anche certo che non riceverà alcuna
lettera da Draghi analoga a quella dell’estate 2011. Non sappiamo come faccia a
sentirsi così sicuro, tanto più che tutti i boy-scout conoscono l’aforisma di
Benjamin Franklin secondo il quale “al mondo ci sono unicamente due certezze:
le tasse (che Renzi conosce bene, ndr) e la morte”.
Tuttavia, molto più interessante del
carteggio (per ora rinviato) tra Draghi e l’Italia, è la lettera inviata il 5
agosto (ossia prima del Consiglio Bce) dal Fondo monetario internazionale alla
Presidenza Bce (e non solo) e ribadita (con un’appendice esplicativa) la sera
del 7 agosto. È una lettera ignorata dalla stampa italiana, di cui, però,
qualcosa è trapelato su quella internazionale.
Si tratta di un documento scritto
per il Fmi da Laurence Ball, professore di quella Johns Hopkins University dove
ho studiato per due anni e insegnato per un decennio. Ball è anche socio
dell’autorevole National Bureau of Economic Research. Chi desidera il testo
integrale scriva direttamente, a mio nome a lball@jhu.edu facendo riferimento
al documento IMF 14/92. Nel testo, si esamina se sia ancora appropriato
mantenere un “inflation targeting” del 2% l’anno. Com’è noto, lo statuto della
Bce prevede interventi dell’istituto (diretti a calmierare l’inflazione) se il
“tasso armonizzato dei prezzi al consumo” minaccia di superare il 2% l’anno.
Con un’analisi econometrica molto serrata, Ball dimostra che con un inflation
targeting del 4% la crisi che travaglia l’eurozona (e in particolare l’Italia)
sarebbe meno severa e i rischi che consumatori, produttori e commercianti si
diano alla bella vita “minimi”.
La seconda lettera allega il
documento IMF 14/93 su come computare i “moltiplicatori fiscali”, ossia gli
effetti indiretti comportati da tagli o aumenti della spese e delle entrate. Ne
sono autori Nicoletta Batini (nbatini@imf.org), Luc Eyraud e Anke Weber -
gruppo distinto e distante dalle nostre beghe di bottega. È roba tecnica che va
letta con cura. Tuttavia, un suo esame fa sorgere un dubbio: i mitici 80 euro,
accompagnati da aumenti di imposte locali, canoni, tariffe e altri balzelli
hanno fatto male o bene a chi è in stato di bisogno?
Quale che siano i dubbi, è quanto
meno singolare la “congiura del silenzio” dei media italiani. Ignoranza?
Autocensura? Timore come ai tempi del “puzzone” - di disturbare il
manovratore?
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