Con Rossini si combatte la crisi
La trentacinquesima edizione del Rossini Opera Festival (ROF) si è
chiusa ieri 22 agosto e con numeri di tutto rispetto: nonostante una recita
operistica in meno rispetto al 2013, il botteghino ha registrato circa 15.250
presenze, per un incasso di circa 946.000 euro. La percentuale di stranieri si
è attestata al 63.5%, confermando la capacità del Festival di attrarre un
pubblico proveniente da tutti i continenti: si mantengono ai primi posti
Francia e Germania, mentre il Giappone (terzo) supera l’Inghilterra. Continua
la forte crescita delle presenze dalla Russia. Ottimi risultati anche da Stati
Uniti, Austria, Svizzera e Belgio, con un’affluenza complessiva da 36 paesi,
Italia esclusa.
Il ROF è una vera eccezione nel mondo culturale italiano: non solo
perché, lavorando d’intesa con la Fondazione Rossini, ha riscoperto tante opere
dimenticate, ma in quanto “rende” sotto il profilo economico ed è un ottimo
esempio di collaborazione fra pubblico e privato. Non ha mai chiuso un bilancio
in passivo e ha dato un contributo importante alla comunità e all’Italia, pur
essendo nata come una piccola iniziativa finanziata da enti e imprese a livello
locale.
Gli effetti economici del ROF sulle attività produttive del
litorale adriatico in questo quarto anno di recessione si sono avvertiti in
maniera significativa, anche se è prematuro fare un bilancio completo. La
‘stagione’ è stata, inoltre, colpita dal maltempo che ha fortemente inciso (in
modo negativo sulle attività balneari ed alberghiere). Un breve sondaggio con
alcuni albergatori ha evidenziato che il ‘tutto esaurito’ – tradizionale dei
mesi di luglio ed agosto – è stato raggiunto solo nelle settimane del ed
attorno al ROF. L’area – si ricorda – ha avuto anche una perdita di attività a
ragione della crisi della Banca Marche e delle difficoltà di imprese
industriali come Scavolini ed Indesit.
Dal bilancio civilistico 2013, dal bilancio sociale sempre del
2013 e da uno studio degli impatti del ROF effettuato dall’Università di Urbino
emergono questi aspetti salienti:
- nell’arco degli ultimi sei anni i costi complessivi della
manifestazione sono diminuiti del 20% (da 6 a 5 milioni di euro) e il numero di
dipendenti fissi ridotto da 10 a 7 unità (gli addetti raggiungono i 235 circa
nelle settimane del festival). Dei 5 milioni circa di spese, gli oneri sociali
(versati a Enpals, INPS ecc.) e le imposte – in breve, il “rientro diretto
all’erario” – ammontano a circa a 700 milioni;
- la biglietteria porta incassi per un milione circa (non ne può
portare di più a ragione della capacità fisica dei teatri); due terzi degli
spettatori sono stranieri molto fidelizzati. Gli sponsor privati – imprese,
banche, fondazioni – contribuiscono per circa 800mila euro. Il resto proviene
dai soci (Stato, Regione, Provincia, Comune, Fondazioni), da coproduzione e da
vendite di allestimenti.
- nel periodo del festival, il fatturato del settore dei servizi
di Pesaro aumenta di 11 milioni di euro. In sintesi, contando indotto e
moltiplicatore, un euro di contributo pubblico (al netto dei rientri diretti
agli enti previdenziali e all’erario) ne genera cinque di valore aggiunto a
Pesaro e al suo hinterland.
Il Rossini Opera Festival del 2015 (10-23 agosto) proporrà due
nuove produzioni: La donna del lago e La gazzetta, nonché la ripresa di Ciro in
Babilonia.
Le foto illustrano le sale del Festival e la festa organizzata da
Silvana Ratti (azienda leader dell’alta moda) in occasione della prima di
Aureliano in Palmira.




Nessun commento:
Posta un commento