giovedì 28 agosto 2014

La leva Banche di sviluppo per uscire dalla recessione in Avvenire del 29 agosto



La leva Banche di sviluppo per uscire dalla recessione


GIUSEPPE PENNISI In che misura può l’investimento pubbli­co (e privato) in programmi a lungo ter­mine aiutare l’Europa – e in particolare l’eurozona – a uscire da una recessione che dura quattro anni? Cosa possano fare le Banche di sviluppo per facilitare questo com­pito?

Tutti gli Stati dell’area dell’euro hanno drasti­camente tagliato i loro bilanci in conto capi­tale ossia gli investimenti pubblici. In media, l’investimento pubblico è passato dall’8% del­la spesa complessiva delle pubbliche ammini­strazione a meno del 4%. In effetti, è più facile ritardare programmi ben definiti che compor­tano investimento in capitale fisico che opera­re su spese correnti come gli stipendi per il pub­blico impiego oppure i trasferimenti alle fami­glie. Lo ha fatto anche la Germania. Nel breve periodo gli investimenti pubblici attivano ca­pacità produttiva non utilizzata – in un’euro­zona con un tasso di disoccupazione dell’11,5% della forza di lavoro ce ne è moltissima – sen­za innescare inflazione. Nel medio periodo mi­gliorano la produttività dei fattori produttivi. È in quest’ottica che il neopresidente della Com­missione europea, Jean Claude Juncker, ha pro­posto un programma speciale di 300 miliardi di euro (aggiuntivo ai fondi europei già in es­sere) su tre anni per rilanciare programmi di lungo periodo. Un anno fa è stato completato l’aumento di capitale della Banca europea per gli investimenti (Bei). Non ci sono, quindi, dif­ficoltà a finanziare il programma, anche tra­mite obbligazioni targate Bei.

In Europa non manca liquidità, specialmente presso le famiglie, e il desiderio di impiegarla in collocamenti che non diano necessariamente rendimenti mirabolanti (numerose dita si so­no scottate con le varie «bolle»), ma consenta­no di staccare cedole sicure, dormendo tra due guanciali. Ciò non vuole dire che la Bei debba diventare l’unico finanziatore di investimenti a lungo termine – compito immane che le sue strutture farebbero fatica a reggere.

Tuttavia, al mondo sono state censite circa 300 banche di sviluppo, in gran parte istituite ne­gli ultimi cinquant’anni sulla scia del succes­so delle istituzioni di Bretton Woods (in parti­colare della Banca mondiale). I «puristi» ri­tengono cheVnesheconombank, creata in Rus­sia nel 1917, sia la prima istituzione a potersi fregiare del titolo di «banca di sviluppo» .In Eu­ropa, oltre a banche di sviluppo regionali co­me la Bei e la Banca europea per la ricostru­zione e lo sviluppo (Bers), esistono numerose banche di sviluppo nazionali di qualità. Le principali – ad esempio la Caisse des Dépôts et Consignation, la Cassa Depositi e Prestiti ita­liana, la German Kreditanstalt für Wiederauf­bau tedesca, per citare le più note – hanno co­stituito nel 2009 un «club» di investitori a lun­go termine non solo per forgiare strategie in co­mune, ma sopratutto per operare su alcuni fon­di d’investimento a lungo termine ben defini­ti.

Da poco più di un mese il club è presieduto dal­la Cassa Depositi e Prestiti, e quindi dal suo presidente Franco Bassanini. Gli strumenti non mancano. Occorre chiedersi se in questi anni difficili non sia stata ridotto, oltre al finanzia­mento all’investimento di lungo periodo, an­che la progettazione. In molti Paesi – tra i qua­li l’Italia – sono stati costituiti fondi specifici per la progettazione (elaborazione di schemi progettuali, di progetti definitivi con computi metrici, documenti di gara). Sono stati utiliz­zati al meglio?


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