Roma, 31 lug (Velino) - Sarà l’opera da camera a salvare il teatro in musica? Ce lo si è chiesti più volte, anche in base alle esperienze straniere, specialmente tedesche, britanniche e francesi. E ce lo si domanda ancora una volta, dopo che allo Sferisterio Opera Festival 2009 di Macerata c’è stata la prima esecuzione assoluta dell’opera da camera in tre atti “Le Malentendu“ composta da Matteo D'Amico che ne ha curato anche il libretto in lingua originale. Purtroppo sono solo tre le repliche (compresa una “generale” aperta), mentre lavori analoghi in Germania restano un mese al Magazine della Staatsoper unter Den Linden. L'opera è tratta dal dramma omonimo di Albert Camus “Le Malentendu (Il malinteso)“, andato in scena per la prima volta al Théatre des Mathurins di Parigi nel giugno 1944. Un testo in cui lo scrittore e drammaturgo francese ricorre all’essenzialità strutturale della tragedia greca: quattro personaggi in tutto - più una figura muta cui è riservata solo la battuta finale - chiusi nello spazio angusto di un unico luogo, il soggiorno e la camera di una locanda, in una piccola città della Boemia, nell’arco breve di poco più d'una giornata.
L’intimità e l’interiorità della vicenda, che si consuma tutta in poche ore, tra le mura disadorne di un piccolo albergo di una sperduta provincia europea, richiedono un organico quanto mai ristretto e, per così dire, in “bianco e nero”: cinque archi, una fisarmonica e un clarinetto. Quello che creano è come un velo di ghiaccio sopra il quale scorre il canto che quasi sempre è autentico “messaggero” della parola. Le cristalline battute dei personaggi di Camus sono lasciate fluire nel modo più piano possibile. Battute lucide, taglienti, asciutte, che sembrano però non permettere ai personaggi di comunicare veramente. I momenti di accensione lirica, che di continuo si fanno largo, sono come brevi esplosioni, tensioni estreme per riuscire almeno a dire ciò che non si riesce a comunicare.
L’opera utilizza il testo di Camus, appropriatamente sfoltito per rendere possibile la messa in musica per una durata complessiva di un’ora e mezza (il canone seguito da Jànaceck). L’organico orchestrale è volutamente molto leggero: il Quartetto Bernini, formazione specializzata nel repertorio contemporaneo (Marco Serino, Yoko Ichihara violini; Gianluca Saggini, viola; Valeriano Teodoro, violoncello), insieme a Massimo Ceccarelli al contrabbasso, Roberto Petrocchi al clarinetto e Dario Flammini alla fisarmonica. Ha diretto Guillaume Tourniaire. La regia è di Saverio Marconi. Le scene sono di Gabriele Moreschi, il disegno luci di Valerio Tiberi. Protagonisti Elena Zilio (La Mère), Sofia Soloviy (Martha), Mark Milhofer (Jan), Davinia Rodriguez (Maria), Marco Iacomelli (Le Vieux Domestique).
“Le Malentendu“ è una tragedia greca contemporanea, così la intese Camus e così la legge Marconi. I personaggi sono una Madre stanca che si lascia trascinare dagli eventi. Una Figlia che non è riuscita a ottenere quello che voleva, una di quelle tragiche figure che danno la colpa dei propri insuccessi a qualcun altro. Ci sono anche un Figliol Prodigo e la Moglie, e poi c'è un Vecchio. La musica di D'Amico ha nella fisarmonica l’elemento centrale: il nesso tra gli archi e il clarinetto. E’ la voce della desolazione, anche se richiama i balli popolari , mentre il clarinetto basso è un’ombra inquietante e gli archi avvolgono lo svolgersi dell’azione. Una partitura molto raffinata, sottolinea acutamente Mauro Mariani in un suo saggio, a cui si accompagna una scrittura vocale che dal declamato si scioglie in ariosi e duetti. In breve: con pochi mezzi, uno spettacolo di livello. Bravi tutti i cantanti ed eccezionale Elena Zilio. Speriamo che venga ripreso la prossima stagione in circuiti teatrali ed accademie musicali…
(Hans Sachs) 31 lug 2009 15:08
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento