Che lettura consigliare a chi in estate vuole rilassarsi? Ovviamente il vecchio libro giallo, con un intrigo forte e complicato, un bel po’ di “thrilling” e la catarsi finale. Ma se siamo alle prese con un lettore colto, di quelli che passano le vacanze da un festival all’altro, con uno sciame di amici, festivalieri pure loro? Non certo l’ennesima vicenda romanzata sulla morte di Mozart o sul “suicidio” su comando di Tchaikovsky a ragione delle sue tendenze gay che lo avevano portato a corrompere il figlio giovinetto di alto aristocratico di San Pietroburgo. Su questi fattacci, si sa già un po’ tutto. E soprattutto si conosce la fine.
Davvero appassionante, invece, “Le parrucche di Hoffmann- un omicidio
a Berlino” di Alessandro Zignani (Zecchini Editore pp. 156 € 15) Ernst Theodor Amadeus Hoffmann non è conosciuto al grande pubblico italiano tanto quanto Mozart o Tchaikovsky, ma Beethoven lo considerava il suo maestro. Dopo una carriera da oscuro funzionario provinciale nella burocrazia russa, un vero e proprio salto: diventa, al tempo stesso, un alto giudice di corte d’assise, un poeta e romanziere famoso (tra i primi autori del romanticismo di grido), ed un musicista apprezzato (la sua opera più nota “Undine” si è vista in forma scenica alcuni anni fa alla Filarmonica romana). Muore nel 1822, a soli 46 anni , dopo essere stato per lustri travagliato da malattie veneree- figlio di pastore luterano, era, sin dalla giovinezza, un grande frequentatore di bordelli.
Il giallo non riguarda la morte di Hoffmann ma l’ultimo processo penale in cui è chiamato a giudicare: un garzone di bottega ha sgozzando la convivente , uccidendo pure il figlio che lei portava in grembo. Era o non era capace di intendere e volere? E soprattutto perché lo ha fatto? In breve una situazione analoga a quella del film “La parola ai giurati” di Sidney Lumet tratto dal dramma di Reginal Rose. Hoffmann, a poco a poco, entra in simbiosi con l’assassino; mentre i periti lo dichiarano affetto d’infermità mentale, il giudice-scrittore-musicista scopre un messo tra il garzone e la “sua” che il ragazzo ha visto ed ascoltato in teatro. Non sveliamo la fine: è degna di Hitchcock .
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