Nelle ultime settimane sono stati presentati – in grande pompa- numerosi nuovi “pensatoi” di politica, politica economica, politica sociale- e chi più ne ha più ne metta. Non viene utilizzato il termine “pensatoio” coniato nel XXVII da. Francesco Busenello, avvocato veneziano nonché sferzante poeta, per indicare quello di Seneca ne “L’Incoronazione di Poppea” messa in musica da Claudio Monteverdi. La locuzione “pensatoio” è stata, poi, mutuata da Ettore Paratore nella mirabile traduzione delle commedie di Aristofane per significare conciliaboli di filosofi veri e di filosofi falsi. Quindi, ha una sua dignità.
Si preferisce utilizzare il termine anglosassone “think thank”.Si parla di “think tank” continui o collaterali a questo od a quello schieramento politico, di “think tank” bi-partisan , di “think thank” pluripartisan, che sarebbe meglio chiamare plurifunzionali poiché raggruppano autodichiaratisi “pensatori” sempre e comunque “governativi”, purché si sia con schieramento in grado di elargire incarichi e prebende. Inoltre, dai siti web di alcune di queste realtà ci si accorge che professorini e professoroni appartengono sia di quelle contigue alla maggioranza sia di quelle vicine all’opposizione- ossia tengono il piede in due staffe (tanto per non sbagliarsi in caso di ribaltini o ribaltoni).
In tutte le democrazie, esistono gruppi di studio ed analisi che producono idee per la politica. In Germania, ce ne sono tre grandi (e fortemente strutturati in fondazioni) che nutrono di proposte le tre maggiori forze politiche; ce ne sono anche altri, piccoli, di contorno, su temi specializzati. A Washington , i “pensatoi” veri (quanto erano puntuali nel loro lessico Busenello e Paratore) si possono contare sulle dita di una mano: lavorano su progetti di vasto respiro e di lungo periodo, pubblicano con case editrici autorevoli, hanno prestigio internazionale ed accolgono studiosi anche stranieri per periodi più o meno lunghi.
Qualche anima malevola ha detto che i “think tank” che stanno sorgendo come funghi altro non sono le correnti e le componenti del tempo che fu, per raggranellare , sotto una parvenza intellettuale, qualche consenso e qualche soldo in previsione di congressi e delle elezioni regionali del prossimo anno. Tutte malignità.
Per capire il fenomeno, occorre tornare all’etimologia; in inglese tank vuol dire recipiente per liquidi, ossia bidone e think pensiero ; in breve si tratta di bidoni che producono e vendono (a chi lo compra) pensiero. L’economista George Akerlof ha avuto alcuni anni fa il Nobel per un saggio intitolato “il mercato dei bidoni”. In condizioni di asimmetrie informative (quando chi compra non sa quale è la qualità del prodotto e del servizio che gli viene venduto), tale mercato prospera. Ma non a lungo. Noi italiani dobbiamo sempre ricordare la massima di Einaudi secondo cui “il mercato si vendica sempre”. Prima o poi, anche nel mercato nostrano dei bidoni della para-politica, resteranno in vita coloro che operano con una visione di lungo periodo e producono analisi di qualità.
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