AL G8 SI PARLERA’ DPennisiI EXIT STRATEGY E DI GLOBAL RULES
Il “vertice” dei Capi di Stato e di Governo, presieduto dall’Italia ed in programma a L’Aquila, la settimana prossima, (8-10 luglio) , è l”ultimo G8”. Non l’”ultimo” presieduto dall’Italia, ma l’ultimo in senso assoluto. Ciò non vuole dire che non si terranno altre riunioni annuali con il logo “G8”- saranno però di importanza ed impatto molto limitato. Interesseranno sherpas, barracuda-esperti e la variopinta schiera di anti-globalizzatori costantemente in viaggio in comitiva. Sarò l’”ultimo G8” perché la struttura di produzione è cambiata: dopo due secoli in cui l’innovazione tecnologica ha avuto come suo centro l’Europa, prima, e gli Usa, poi, ed il mondo atlantico è cresciuto a tassi molto più rapidi del resto dell’economia internazionale, l’annullamento delle distanze di spazio e di tempo - conseguenza della tecnologia della conoscenza e dell’informazione- sta riportando la distribuzione del pil mondiale a quella del 1820 (la più antica che si sia riusciti a calcolare) quando India e Cina, insieme, erano responsabili del 43% dell’output del globo.
Dato che siamo all’”ultimo G8” è specialmente importante – come ha sottolineato Carlo Lottieri su L’Occidentale del primo luglio che l’assise abbia qualche risultato concreto- ossia che il ciclo iniziato nel Castello di Rambuoillet nel 1975 si concluda in bellezza. O quanto meno, che dia l’impressione di terminare portando qualcosa a casa.
L’agenda è vastissima. Come riferito da un paio di quotidiani, nella sede della Presidenza del Consiglio si è tenuta una riunione a cui hanno partecipato non solo i funzionari addetti al vertice ma anche esperti di politica estera, in gran misura collegati a Aspen Italia, ex-Ministri degli Esteri ed anche un ex-Presidente del Consiglio. Nulla di straordinario . E’ ciò che avviene normalmente negli Usa, in Francia e Germania (nonché in Giappone): un dibattito con chi ha avuto esperienza di concessi analoghi al fine di meglio predisporre la posizione italiana. Questa volta – le testate in questione non lo hanno riferito – chi ha “vissuto” G8 precedenti ha alzato le braccia: il “vertice” dovrebbe trattate (e risolvere) davvero di tutto e di più (dai problemi dell’Iran, della Corea e del Medio Oriente, a quelli dell’inquinamento, a quelli della crisi finanziaria, a quelli della fame nel mondo, e chi più ne ha più ne metta).
Sarebbe sensato focalizzarsi su pochi temi. Sul piano economico i principali temi sono due – ed hanno il pregio di essere collegati l’uno all’altro: la “exit strategy” dalla crisi e le “global rules”. Sono temi su quali ci sono forti divergenze di vedute tra i principali Paesi della comunità internazionale – per questa ragione il G8 può essere la sede per un accordo ad alto livello.
Sul primo punto, in breve, gli Usa ritengono che l’Ue, in particolare l’unione monetaria , debbano fare “un maggiore sforzo” in materia di politica di bilancio (allo scopo di favorire la ripresa). L’Ue, specialmente l’area dell’euro, pensa , invece, che ciò potrebbe porre a repentaglio una moneta unica ancora giovane e scatenare un’ondata d’inflazione. Tanto più che il mondo è alle prese con un vero e proprio Himalaia del debito , aggravato dai deficit di bilancio. Negli Stati Uniti, a motivo del tasso di risparmio negativo delle famiglie protrattosi per anni e della forte leva finanziaria con cui hanno operato le imprese (nonché della politica di spesa pubblica per emergenze di ogni sorta e per stimolare la domanda aggregata), a fine 2008 il rapporto debito totale: pil era quasi al 3:1, il doppio di quelle contabilizzato nel 1929 (quando scoppiò la Grande Depressione). Gli altri Paesi Ocse non stanno molto meglio: in Irlanda, Spagna, Australia e Nuova Zelanda, l’espansione del credito totale interno dal 1977 al 2007 a tassi annui superiori al 10% (molto più alti, dunque, di quelli del pil nominale) ha creato montagne di debito totale in proporzione alla produzione che si pongono come un macigno sulla via della ripresa di medio e lungo termine. I dati citati sono rigorosamente quelli di fonti ufficiali che, come è noto, o non tengono conto di forme “innovative” di indebitamento (quali quelle tramite Siv- Special investment vehicles) o gestioni fuori bilancio o le sottostimano. Verosimilmente la situazione è molto peggiore. Un intesa di principio sul percorso per “rientrare” dal debito potrebbe essere un obiettivo fattibile.
E’forse anche possibile un accordo sulle “global rules, pur se l’Asia non ne vuole neanche sentire parlare l’Amministrazione Obama ci crede piuttosto poco ( e va avanti per la sua strada). Non tanto sulla bozza di circa 80 pagine sottoposte ai Ministri dell’Economia e delle Finanze a Lecce quanto su questi punti chiave: a) chi ha titolo a definire le “global rules”; b) che forma devono prendere (trattati, protocolli); c) come assicurarne la fase di rodaggio, dapprima, e di aggiornamento/manutenzione, poi; d) come verificarne l’applicazione; e) quali sanzioni prevede (per i trasgressori) e come comminarle.
Un successo in questi due campi darebbe al G8 de L’Aquila una statura miliare.
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