C’è una linea rossa tra la posizione tenuta da Il Tempo da circa due lustri sul futuro di Roma ed il dibattito in corso nel Paese sullo sviluppo del Mezzogiorno. E’ una linea rossa così sottile che non è quasi apparsa nelle discussioni di queste settimane. Eppure è così forte che dalle misure specifiche per dare ad essa contenuto dipende l’avvenire sia di Roma sia delle aree del Mezzogiorno. E’ una linea di cui alcuni esponenti politici hanno consapevolezza da tempo: ricordo, ad esempio, conversazioni avute circa cinque anni fa con l’attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio incaricato di questi temi il quale, all’epoca, svolgeva funzioni analoghe a Via Venti Settembre ed ha conoscenze professionali specifiche del comparto.
In breve, come ribadito di recente, dal Presidente dell’unione degli industriali e delle imprese di Roma, Attilio Regina, il futuro della città e del suo hinterland consiste nel diventare il motore della digitalizzazione del Paese: ha le risorse umane (le università, i centri di ricerca), il capitale sociale (la rete ormai estesasi tra università, centri di ricerca, dicasteri ed aziende), ma necessità di un patto tra produttori a cui nessuno può sottrarsi (neanche la Cgil) se non vuole diventare freno alla ripresa dalla recessione ed allo sviluppo di lungo periodo. Il Tempo sostiene tesi analoghe non in base ad intuizioni ma in linea con lo studio condotto dalla Fondazione Ugo Bordoni (Fub) sul digitale terrestre in Italia nel 2002-2003, le cui conclusioni essenziali sono state pubblicate in un libro (“Valutazione in Azione”, F. Angeli) pubblicato nel 2005. Tale linea è stata sostenuta a pieno dal “Rapporto Marzano” sul futuro della capitale della primavera 2009. Ed era centrale al Pico (programma per l’innovazione , competitività e sviluppo) prodotto nel 2005 dal Dipartimento delle Politiche Comunitarie.
Riassumere le analisi di questi lavori e ripeterne gli argomenti equivarrebbe alla scoperta dall’acqua calda. I due elementi nuovi sono il “patto tra produttori” e la riaffermazione dei nessi con lo sviluppo del Sud. Il “patto” è diventato indispensabile per sciogliere i troppi nodi (spesso meramente amministrativi quali i conflitti di competenze tra amministrazioni dello Stato, Regioni e Comune) rimasti in sospeso e dare un impulso effettivo ed efficace a fare diventare Roma capitale digitale dell’Italia ed, in una prospettiva di più lungo periodo, del Mediterraneo. I nessi con lo sviluppo del Sud sono documentati non solamente dalla matrice di contabilità sociale dell’Italia (quale rilevata dall’Istat e quale approfondita dalla Fub) ma anche e soprattutto dalla rete di rapporti con le università ed i centri di ricerca meridionali (specialmente delle Isole). Ho avuto esperienze di insegnamento a Palermo ed organizzato corsi su questi temi alla sede di Acireale della Scuola superiore della pubblica amministrazione (Sspa) e sono stato testimone dello crescita di una generazione di ingenieri-economisti (di prevalenza di genere femminile) particolarmente versato in queste materie. E’ la carta su cui giocare per lo sviluppo di tutto il Paese.
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