martedì 2 dicembre 2008

IL TERRORISMO PUO’ DEPRIMERE LA GIA’ DEBOLE RIPRESA DEI MERCATI Libero 2 dicembre

Ci sarà nel 2009 l’“effetto gennaio”, il fenomeno secondo cui il primo mese dell’anno, specialmente nelle ultime due settimane, le Borse segnano rialzi “al di fuori dell’ordinario”? E’è presto per dirlo. L’anno scorso, nonostante la crisi dei mercati fosse già in atto da diversi mesi, l’”effetto gennaio” si è verificato, anche se di breve durata; è stato computato in un saggio quantitativo nel fascicolo del marzo scorso del “Journal of Banking and Finance”. Sino alla scorsa, settimana gli analisti finanziari (ed il vostro “chroniqueur”) pensavano che i programmi (più o meno coordinati) degli Usa e dei principali Paesi Ue e le decisioni della Commissione Europea e dell’Ecofin avrebbero fornito una componente per un “effetto gennaio” all’inizio del 2009. Ora è entrato in ballo un nuovo elemento, di cui si occupano principalmente gli esperti di sicurezza, ma che deve interessare anche coloro che lavorano in finanza e che ragionano su economia mondiale: il terrorismo. Gli attacchi a Mumbay e le nuove minacce di El-Quada gettano una luce lugubre sulla crisi del secolo. Possono aggravarla. In parallelo, però, la strumentazione economica e finanziaria contengono strumenti per la lotta al terrorismo.
E’ una disciplina in evoluzione. Si distingue nettamente dalla “finanza del terrorismo” che analizza sia quali sono le fonti d’approvvigionamento finanziario del terrorismo sia quali le implicazioni d’episodi di terrorismo sui mercati finanziari quali le Borse; un’analisi quantitativa recentissima dell’Università di Zurigo basata su una rassegna di episodi di terrorismo in 11 Stati nell’arco di 25 anni, conclude che gli impatti sui mercati finanziari anche di attentati con grande richiamo mediatico, sono, tutto sommato, trascurabili. L’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 è stato per le sue conseguenze anche solamente finanziarie un’eccezione. Infatti, mentre sembrava che si fosse computato e scritto tutto sui costi diretti ed indiretti dell’attentato alle Torri Gemelle, un’analisi, curata da Bertrand Maillet e Thierry Michel della Università Panthéon Sorbonne , e pubblicata sul numero di agosto 2005 della “Review of International Economics”, ha concluso che pure in termini meramente finanziari (e senza tenere conto delle perdite di vite umane) si è trattato del danno maggiore accusato dalla comunità internazionale dalla crisi delle borse del 1987 e del terzo più grave dei nove più grandi incidenti censiti nei libri di storia dell’economia e della finanza. Maillet e Michel utilizzano un indicatore statistico innovativo (analogo alla scala Richter per misurare il grado dei terremoti). Il computo è stato fatto da accademici francesi, di rigorosa formazione matematica, che non possono certo essere tacciati di lavorare per l’Amministrazione guidata George W. Bush.
Un lavoro ancora più recente, il libro “A law and economics perspective on terrorism" di Nuno Garoupa (Università di Lisbona) , Jonathan Klick (Florida State University College of Law) e Francesco Parisi (George Mason University School of Law) edito dalla George Mason University – traccia un bilancio di quanto realizzato dall’ “economia del terrorismo” (un raggruppamento disciplinare riconosciuto in molte università americane ed europee ma poco seguito in Italia) negli ultimi 30 anni in termini di comprensione dell’andamento dell’economia di un Paese e di strumenti per contrastare il fenomeno del terrorismo. Il terrorismo aumenta l’avversione al rischio, comprime sia i consumi sia gli investimenti ed incanala il risparmio verso attività a basso rendimento; tutto ciò ha l’effetto di ridurre di circa un terzo la crescita reale rispetto a quella potenziale. Minaccia ciò che i Governi stanno facendo per rilanciare economie che stanno scivolando verso la recessione. L’Europa – sostiene un saggio Antje Wiener nel “Journal of Common Market Studies” – è molto meno attrezzata soprattutto concettualmente alla lotta al terrorismo ed all’utilizzazione, a questo fine, dell’analisi economica. Il contributo di Garoupa, Klick e Parisi è particolarmente utile, sotto il profilo operativo: mette in discussione alcune ipotesi di base della letteratura dell’ultimo trentennio – principalmente quella secondo cui il terrorista sarebbe, dal punto di vista economico, “un agente razionale” – , esamina i dettagli delle normative anti-terrorismo varate negli ultimi anni, sottolinea in che misura tali dettagli tengano conto dei paradigmi dell’”economia della criminalità” (disciplina molto più antica dell’”economia del terrorismo” ed a cui circa venti anni fa la Società Italiana degli Economisti ha dedicato un Congresso Scientifico) e propone un meccanismo economico per far sì che il terrorista (o chi è a conoscenza di terroristi) venga “incentivato” a collaborare con le autorità.
Un economista di Harvard ed uno della Rand Corporation sono giunti – in un lavoro recente. lo NBER Working Paper No. W12910 – a conclusioni in parte analoghe a quelle di Garoupa, Klick e Parisi: seguendo principi rigorosi di selezione economica (quali quelli della selezione del personale o delle scelte di mercato) i terroristi più maturi e più istruiti vengono scelti per le missioni suicide più che fanno più danni all’infrastruttura (ossia al capitale fisico) e causano più perdite di vite (ossia di capitale umano) anche tra i civili.
L’”economia del terrorismo” esplora, soprattutto, come la cassetta degli attrezzi può servire a combattere il fenomeno. Ne tratteremo in un prossimo articolo su “Libero Mercato”. Per ora è importante sottolineare : a) la leggera ripresa dei mercati rischia avvertitasi alla fine della settimana rischia di essere neutralizzata se gli attentati di Mumbay segnano l’inizio di una nuova ondata terroristica; b) in ogni caso, il danno sull’economia reale è già fatto- la sera del 28 novembre i modelli econometrici del “consensus” (i maggiori 20 istituti privati che operano in questo campo) hanno ritoccato al ribasso le loro previsioni per il 2009.

Per approfondire il tema, di grande rilievo i lavori dell’Institute of Terrorism Research and Response (www.terrorresponse.org ; i lavori di maggior spessore sono per abbonamenti. Si suggeriscono anche queste analisi recenti di facile reperimento in via telematica:

Benmelech E., Bellebi C. “Attack Assignments in Terror Organizations and the Productivity of Suicide Bombers" NBER Working Paper No. W12910


Berrebi C., Lakdawalla D. “How Does Terrorism Risk Vary Across Space and Time? An Analysis Based on the Israeli Experience" Rand Corporation, 2007

Berman E., Laitin D. "Religion, Terrorism and Public Goods: Testing the Club
Model" NBER Working Paper No. W13725
Chesney M. , Reshetar G. "The Impact of Terrorism on Financial Markets: An Empirical Study" (in corso di pubblicazione presso l’Università di Zurigo) ; si può richiedere il manoscritto a mchesney@isb.unizh.ch oppure a reshetar@isb.uzh.ch
Keohane D. "The Absent Friend: EU Foreign Policy and Counter-Terrorism" JCMS: Journal of Common Market Studies, Vol. 46, Issue 1, pp. 125-146, January 2008
Kerjan E-M. Pedell B."How Does the Corporate World Cope With Mega-Terrorism? Puzzling Evidence from Terrorism Insurance Markets" Journal of Applied Corporate Finance, Vol. 18, No. 4, pp. 61-75, Fall 2006
Kunreeuther H., Kerian E-M. “Evaluating the Effectiveness of Terrorism Risk Financing Solutions", NBER Working Paper No. W13359
Zilca Sh, Moller N. "The Evolution of the January Effect" in Journal of Banking and Finance, Vol. 32, No. 3, 2008
Wiener A. "European Responses to International Terrorism: Diversity Awareness as a New Capability?" in JCMS: Journal of Common Market Studies, Vol. 46, Issue 1, pp. 195-218, January 2008

1 commento:

Angelo D'Amore ha detto...

rigurgito terrorista.

OBAMA, DA SOGNATORE A DECISIONISTA

ne parlo nel mio blog.

nonsolonapoli, il nuovo blog interculturale, pluritematico, indipendente.