lunedì 1 dicembre 2008

E’ TEMPO DI RIFORME EFFETTIVE E DI LUNGO PERIODO, L'Occidentale 1 dicembre

Credo sia essenziale trovare una chiave di lettura appropriata per interpretare il decreto legge varato il 28 novembre dal Consiglio dei Ministri allo scopo di imprimere una svolta: l’economia italiana sta slittando verso la recessione (ad una contrazione del pil dello 0,1% nel 2008 sta per fare seguito una dello 0,5% nel 2009). I commenti “a caldo” sono stati i più disparati sia sulla natura sia sui risultati attesi. Da parte del Governo, e d’alcuni settori della stampa, si è posto l’accento sul presunto carattere “strutturale” del provvedimento, mentre l’opposizione ha sostenuto che si tratti di una congerie di misure (“uno spezzatino”) dal fiato corto. Analogamente, per taluni i risultati attesi sarebbero quelli di una leva per la svolta (da contrazione a crescita); per altri, si tratterebbe di pannicelli caldi senza effettivo mordente - incapaci, quindi, di fare cambiare rotta alla nave Italia nelle perigliose ed infine acque della crisi del secolo.
Ad una verifica quantitativa (per quanto lo consentano le informazioni disponibili) si è molto distanti da una manovra strutturale. Di cui, però, si vedono “spiragli” che dovrebbero essere seguiti, a breve, da riforme effettive: in materie quali gli ammortizzatori sociali, la politica tributaria per la famiglia, la revisione dell’Iva e via discorrendo. Vantarsi di ciò che non si è fatto o non si è potuto fare (a ragione dei vincoli europei o di divergenze di vedute tra Ministri) è contro-producente e presta il fianco ad attacchi. Lo tengano in mente Ministri, portavoce, e giornalisti e barracuda-esperti al loro seguito. Soprattutto una sopravvalutazione di una serie di misure “congiunturali” (nel senso etimologico del termine, ossia di breve periodo) con “spiragli” di più ampie riforme (da valutare quanto se ne conosceranno i contenuti) non consente di vedere la portata effettiva del provvedimento.
Il decreto legge – lo sappiamo – nasce come prima risposta alla crisi internazionale. Una crisi non soltanto finanziaria ma anche politica – Martin Feldstein e Alberto Alesina lo avevano preconizzato in lavori di circa 15 anni fa. Nell’integrazione politica internazionale (e nell’integrazione monetaria europea) ci sono i germi del conflitto politico – come mostrano le vicende di Mumbay e della Nigeria in questi giorni, la fine del negoziato per la liberalizzazione degli scambi commerciale, il crollo ancora in corso della piramide dei titoli strutturati “tossici”. E’ , quindi, una risposta che viene data in un contesto d’incertezza, non di rischio (il secondo può essere valutato sulla base del calcolo delle probabilità fondato su esperienze precedenti, la prima comporta il cambiamento completo di contesto e, quindi, può essere stimata unicamente sulla base di opzioni che esprimano opportunità e minacce).
All’incertezza del quadro complessivo corrispondono vincoli “certi” non tanto per gli obblighi del patto di crescita e di stabilità quanto per la situazione del nostro stock di debito pubblico e per le difficoltà oggettive di ridurre i saldi negativi dell’indebitamento delle pubbliche amministrazioni (termine tecnico per indicare il deficit annuale consolidato dei conti pubblici). In questa situazione, il decreto s’ispira a due principi: a) il “maximin rawlsiano” (massimizzare i benefici per le categorie a reddito più basso e più esposte, a ragione della loro fragilità, alla crisi- quindi la social card, le misure per le famiglie meno abbienti, l’accento sulle piccole e medie imprese) ; b) l’apertura di “spiragli”, o “finestre di opportunità e minacce” (se si vuole utilizzare il lessico della politica economica), per le riforme. Dei numerosi editoriali apparsi sul provvedimento, unicamente quello di Francesco Riccardi su “Avvenire” ha colto la portata degli “spiragli” (ma non il “maximin”) e l’urgenza che su essi si operi con speditezza, efficienza ed efficacia.
Il Governo potrà farlo in condizioni di tanta e tale incertezza? Ritengo di sì. Sempre che sia utilizzata la strumentazione analitica adeguata e che si arrivi a maggiore convergenza (all’interno dell’Esecutivo) su alcuni aspetti tecnici, ma di portata politica, di politica economica (in tema, ad esempio, di contrattazione collettiva). Gli “spiragli” indicati sono “opzioni call”, da esercitare con riforme effettive e di lungo periodo. Prima che sia troppo tardi.

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