Per chi segue le privatizzazioni in Italia – da otto anni redigo ogni anno il capitolo pertinente nel “Rapporto Annuale sul Processo di Liberalizzazione della Società Italiana” redatto dall’Associazione Società Libera- il 2008 è stato l’anno dell’Alitalia. In effetti, nel 2006 il Governo allora uscente aveva lasciato nel cassetto (per l’Esecutivo entrante) un vasto programma di privatizzazioni: non solo la compagnia di bandiera, ma anche Enel, Eni, Poste, Rai, servizi pubblici locali. Nei due anni di Governo Prodi si è concluso poco o nulla negli altri capitoli e la privatizzazione di Alitalia – seguita con attenzione da “L’Occidentale” – è stata pasticciata in modo inconcludente. Il nuovo Governo – risultato dalle elezioni della primavera scorsa – è entrato in carica nel bel mezzo di una lunga e profonda crisi finanziaria che non solo ha rallentato le privatizzazioni in tutto il mondo ma ha in molti Paesi (Usa in primo luogo) ha riportato la mano pubblica nel capitale di banche ed imprese tramute salvataggi di varie forme e guise.
Quindi, è prevalentemente sulla denazionalizzazione di Alitalia (a cui si soni aggiunte quelle di Cinecittà Studios e di Tirrenia, vedi “L’Occidentale” del 16 dicembre) che si è operato.
Quale è il consuntivo? A fine anno, la Cai è pronta al decollo in programma per il 12 gennaio quando avrà verosimilmente ripreso il nome di quella che fu la compagnia di bandiera. Il 12 gennaio – attenzione – ci sarà probabilmente uno stop tecnico (non sindacale) dei voli per alcune ore: se il blocco non è ben organizzato, il traffico sui cieli italiani potrebbe andare in tilt con ripercussioni in tutta Europa. E’ un primo test d’efficienza del nuovo management e della nuova compagine azionaria. Se fallisce, le conseguenze sul piano di mercato (e di reputazione internazionale) saranno gravissime.
Gli sforzi per fare partire la nuova compagnia sono stati notevoli: I contribuenti italiani si sono accollati parte importante dei costi del doppio salvataggio (AirOne boccheggiava tanto quanto Alitalia). Sono stati contrappuntati dalle resistenze corporative di categorie che hanno sempre visto come la funzione di Alitalia non fosse il trasporto aereo ma la tutela di diritti (e privilegi) dei propri dipendenti-. Ciò ha reso più difficile il percorso della privatizzazione e ha fatto perdere punti alla compagnia in una fase in cui la crisi finanziaria ed economica internazionale hanno reso la concorrenza più agguerrita.
Nei primi 11 mesi del 2008, il traffico aereo europeo ha subito una flessione complessiva dell’1% (ma ben del 9% se si raffronta il novembre dell’anno che sta per terminare con il novembre 2007). Molte compagnie hanno perso quote del mercato mondiale: quella dell’Alitalia ha subito un tracollo del 47,5% : dal 6,4% nel novembre 2007 al 3,4% nel novembre 2008- mentre Lufthansa, AirFranceKlm, e British Airways ne hanno guadagnate rispettivamente del 4,5%, dell’1,2% e dell’1,5%. Quindi, la nuova compagnia parte indebolita in generale e soprattutto in confronto ai maggiori concorrenti europei. “L’Occidentale” ha anticipato più volte questo risultato chiosando le vicende della privatizzazione quasi settimanalmente dal dicembre 2006.
Quali le prospettive? Qualcosa si può fare per ampliare la gamma dei servizi e migliorarne la qualità al fine di riconquistare parte del mercato perduto. Tuttavia, a mio giudizio, si è di fronte ad un trilemma strategico:
· A) Accontentarsi di essere una compagnia regionale, a bassi costi per tutti, con pochi voli intercontinentali ed enfasi sul mercato europeo ed in particolare italiano. Ciò impone – si badi bene – ulteriori tagli nelle strutture e nel personale.
· B) Accettare al più presto un partner straniero che, di conseguenza, diventerà azionista di riferimento (AirFranceKlm, Lufthansa ed anche British Airways guardano con interesse al mercato italiano) e sarà di fatto “il fratello maggiore” all’interno della compagine azionaria.
· C) Tentare , per due-tre esercizi, di giungere ad un attivo di bilancio con le strutture (slots in primo luogo) ed il personale che si ha e senza “grandi fratelli” e se i conti non tornano, chiudere definitivamente la partita e dare ciò che resta al migliore offerente (sempre che ce ne sia uno).
B) è la strada più promettente. Buon Anno, Alitalia.
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