Il 2008, che sta per terminare è stato un anno orribile per il processo di privatizzazione in tutto il mondo. Basta scorrere il sito www.privazation.org o www.privatizationbarometer.net, le fonti più complete e più aggiornate sui processi di privatizzazione per toccare con mano. La crisi finanziaria ha prosciugato il “private equity”, portato al fallimento alcuni tra i maggiori intermediari finanziari coinvolti (nell’ultimo quarto di secolo) nel processo di denazionalizzazione (in varie forme e guise), ed ha innescato una nuova ondata d’intervento pubblico, con varie forme di semi-nazionalizzazioni, a volte totale a volte parziale (in effetti “irizzazioni” più o meno mascherate), pure in Paesi a forte tradizione liberale, come gli Stati Uniti (dove il Tesoro ha preso in mano alcuni tra i maggiori istituti di credito e sta farlo pesantemente nel settore della metalmeccanica).
In questo quadro, l’Italia rappresenta un’anomalia, poco notata in Patria ma di cui si sono accorti i due siti citati ed alcuni economisti stranieri di rango. In effetti, nonostante la crisi del secolo incomba su noi come su altri, si sta completando in questi giorni non solamente il faticoso processo di privatizzazione dell’Alitalia (che sarebbe dovuto avvenire almeno otto anni ma che è stato dapprima ritardato e poi pasticciato, in modo parapsicologico, dal Governo Prodi) ma sono in atto denazionalizzazioni importanti ma poco notate (da gran parte della stampa e dall’opinione pubblica), proprio nella Roma che la vulgata, specialmente del Nord, dipinge come la roccaforte dello statalismo ( sempre annidato dietro l’angolo, in varie vesti e maschere).
Tra le più significative è quella di Cinecittà Studios s.p.a., il cui capitale sociale è 35 milioni di euro. La procedura è stata iniziata dalla capogruppo, Cinecittà Holding, una s.p.a. ad intero capitale pubblico che controlla, oltre agli studi, anche altri aspetti della cinematografia, con una richiesta di manifestazione d’interesse per pacchetti d’azioni dell’impresa. La denazionalizzazione è parte di un progetto più ampio con la creazione di un Centro Nazionale per la Cinematografia dove concentrare le attività a carattere non commerciale (cineteca nazionale, centro sperimentale) del settore. Lo Stato si disimpegnerebbe da quelle chiaramente industriali, pure da quella Cinecittà il cui nome è un’icona per la storia dell’arte cinematografica non solo in Italia ma nel mondo. Ora Cinecittà, o più precisamente i suoi studi cinematografici, dovranno competere sul mercato internazionale. Potranno fruire come unico incentivo di sgravi tributari approvati con la finanziaria 2008 ed assolutamente in linea con la normativa europea. Molti imprenditori del campo sono pronti a rispondere positivamente all’invito ed a manifestare il proprio interesse; si parla, tra i potenziali concorrenti, dei Gruppi Abete e Della Valle , Aurelio De Laurentis e Haggiag. Non si tratta, si può pensare, di una “grande partita” in termini di proventi che apporterà allo Stato. Molto significativi, invece, gli aspetti di politica economica: la privatizzazione di Cinecittà Studios in una fase di grave crisi internazionale vuol dire che la politica economica italiana riesce a tenere la barra ritta, evitando di trasgredire le regole europee ma portando avanti il programma di liberalizzazioni a cui il Governo si è impegnato di fronte agli elettori. E’ anche prova di vitalità dell’industria della creatività (di cui il cinema è un comparto importante).
Altra privatizzazione di cui parlano unicamente gli addetti ai lavoro e la loro stampa specializzata è quella della Tirrenia. E’ un caso di “delayed privatization” per mutuare il titolo di un bel saggio di Bernando Bortolotti (Università di Torino) e Paolo Pinotti (Banca d’Italia) apparso di recente sulla rivista scientifica “Public Choice” . Lo era anche quello dell’Alitalia. E’ strategicamente importante che, proprio mentre infuria la crisi dei mercati, il Governo abbia ripreso in mano un “dossier” (che sembrava destinato a raccogliere centimetri di polvere), e che la Fintecna, la holding a cui Tirrenia fa capo, abbia avviato la gara per la scelta dell’advisor; le offerte sono attese per il 17 dicembre . E’ presumibile che la scelta avvenga dopo Natale ma prima della fine dell’anno.
L’anno si chiuderebbe ancora meglio se ci fossero cenni in questa direzione nel “capitalismo municipale” (specialmente nelle conglomerate ancora a capitale prevalentemente pubblico). E’ un capitolo che L’Occidentale terrà sotto attenta osservazione nel 2009.
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