Una proposta per domare il debito
galoppante senza chiedere aiuti esterni
Si può e si deve risolvere il nodo del debito pubblico della
zona euro, che ha avuto una progressione vertiginosa dall’inizio della crisi.
Anche Paesi come la Francia e la Germania, che all’inizio del ventunesimo
secolo venivano considerati a debito pubblico relativamente basso, hanno
accusato una rapida impennata. Mentre all’epoca del negoziato del trattato di
Maastricht, in media il debito pubblico nell’eurozona si aggirava sul 60% del
Pil, adesso si aggira sul 100%. Nonostante le proposte(e le misure) per ridurre
questo debito aumentando l’avanzo primario (ossia l’attivo di bilancio al
servizio del debito) privatizzando oppure ancora vendendo beni di proprietà
dello Stato, sembra che peso del debito e bassa crescita stiano avvitandosi su
loro stessi. Dal 30 maggio al primo giugno, economisti europei ed americani si
sono dati convegno per esaminare il problema in una riunione tra esperti, al
riparo da impatti mediatici. Numerose proposte rappresentavano lavori ancora in
corso, idee presentate proprio per essere discusse e affinate successivamente.
Tra le proposte più convincenti c’è il progetto di
ristrutturazione presentato dagli italiani Ernesto Longobardi ed Antonio
Pedone. Sottolineato l’alto costo sociale del passivo pubblico (il servizio del
debito impedisce di soddisfare esigenze pressanti in vari settori) e
l’impossibilità di ridurlo utilizzando l’avanzo primario (che in Italia
dovrebbe essere tra il 4% ed il 7% del Pil per vent’anni a seconda delle
ipotesi, comunque tale da costringersi ad una severa austerità, e possibile
deflazione di lungo periodo), la proposta parte dalla distinzione tra debiti
esistenti ereditati dal passato (in gergo 'legacy debit') e dalla definizione
di un meccanismo che regoli a regime la ristrutturazione del debito tra Stati
sovrani nell’ambito dell’eurozona. Dei due aspetti il primo è di interesse più
immediato, a ragione dell’escalation degli ultimi anni non necessariamente
destinata a fare marcia indietro nel prossimo futuro. Analizzati i principali
schemi sul tappeto (da quello del Comitato dei Consiglieri Economici della
Germania a quello del Centro europeo di ricerca di politica economica), se ne
mettono in risalto i punti comuni: a) una consistente ristrutturazione dei
debiti pubblici nell’eurozona è condizione ineludibile per fare ripartire la
crescita e uscire dalla trappola austerità-debito; b) la ristrutturazione
dovrebbe essere disegnata nel rispetto di due vincoli di natura prevalentemente
politica: escludere i trasferimenti tra Stati e non infliggere perdite ai
creditori privati (come il bail-in), ossia porre il costo della
ristrutturazione a carico dei contribuenti presenti e futuri, accentuando così
le responsabilità di Stati e di Governi. La proposta potrebbe essere fatta
propria dall’Italia nelle imminenti sessioni del Consiglio Europeo che non
potranno trascurare il problema del debito.
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