lunedì 6 giugno 2016

Una proposta per domare il debito galoppante senza chiedere aiuti esterni in Avvenire 7 giugno



Una proposta per domare il debito galoppante senza chiedere aiuti esterni
Si può e si deve risolvere il nodo del debito pubblico della zona euro, che ha avuto una progressione vertiginosa dall’inizio della crisi. Anche Paesi come la Francia e la Germania, che all’inizio del ventunesimo secolo venivano considerati a debito pubblico relativamente basso, hanno accusato una rapida impennata. Mentre all’epoca del negoziato del trattato di Maastricht, in media il debito pubblico nell’eurozona si aggirava sul 60% del Pil, adesso si aggira sul 100%. Nonostante le proposte(e le misure) per ridurre questo debito aumentando l’avanzo primario (ossia l’attivo di bilancio al servizio del debito) privatizzando oppure ancora vendendo beni di proprietà dello Stato, sembra che peso del debito e bassa crescita stiano avvitandosi su loro stessi. Dal 30 maggio al primo giugno, economisti europei ed americani si sono dati convegno per esaminare il problema in una riunione tra esperti, al riparo da impatti mediatici. Numerose proposte rappresentavano lavori ancora in corso, idee presentate proprio per essere discusse e affinate successivamente.
Tra le proposte più convincenti c’è il progetto di ristrutturazione presentato dagli italiani Ernesto Longobardi ed Antonio Pedone. Sottolineato l’alto costo sociale del passivo pubblico (il servizio del debito impedisce di soddisfare esigenze pressanti in vari settori) e l’impossibilità di ridurlo utilizzando l’avanzo primario (che in Italia dovrebbe essere tra il 4% ed il 7% del Pil per vent’anni a seconda delle ipotesi, comunque tale da costringersi ad una severa austerità, e possibile deflazione di lungo periodo), la proposta parte dalla distinzione tra debiti esistenti ereditati dal passato (in gergo 'legacy debit') e dalla definizione di un meccanismo che regoli a regime la ristrutturazione del debito tra Stati sovrani nell’ambito dell’eurozona. Dei due aspetti il primo è di interesse più immediato, a ragione dell’escalation degli ultimi anni non necessariamente destinata a fare marcia indietro nel prossimo futuro. Analizzati i principali schemi sul tappeto (da quello del Comitato dei Consiglieri Economici della Germania a quello del Centro europeo di ricerca di politica economica), se ne mettono in risalto i punti comuni: a) una consistente ristrutturazione dei debiti pubblici nell’eurozona è condizione ineludibile per fare ripartire la crescita e uscire dalla trappola austerità-debito; b) la ristrutturazione dovrebbe essere disegnata nel rispetto di due vincoli di natura prevalentemente politica: escludere i trasferimenti tra Stati e non infliggere perdite ai creditori privati (come il bail-in), ossia porre il costo della ristrutturazione a carico dei contribuenti presenti e futuri, accentuando così le responsabilità di Stati e di Governi. La proposta potrebbe essere fatta propria dall’Italia nelle imminenti sessioni del Consiglio Europeo che non potranno trascurare il problema del debito.
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