BANCHE E POLITICA/
"L'autogol" dell'Italia di cui nessuno parla
Pubblicazione:
lunedì 6 giugno 2016
Ignazio Visco (Infophoto)
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NEWS Economia e Finanza
È passata
quasi una settimana dalla relazione annuale del Governatore della Banca
d'Italia, Ignazio Visco, e, quindi, le tematiche sollevate in quell'occasione
possono essere esaminate con maggior distacco e obiettività. Premetto che a mio
avviso sarebbe il caso di ridurre, o meglio ancora eliminare, il rituale del 31
maggi,o perché non viene seguito in nessun altro Paese a economia di mercato e
ormai la Banca d'Italia ha un'autonomia limitata proprio in materia di politica
monetaria - che esercita in quanto componente del Sistema europeo di banche
centrali, Sebc, che è guidato dalla Banca centrale europea. Inoltre, in questi
ultimi anni la sua spesso decantata "indipendenza" dal Governo si è
affievolita: la cerimonia del 31 maggio era spesso un'opportunità per fare da
controcampo garbato al Governo su questo o su quel punto della politica
economica. Tale elemento era del tutto assente dalle "considerazioni
finali" lette, con la consueta pompa, dal Governatore Ignazio Visco. Altro
segnale della riduzione del suo ruolo. In questa prospettiva, acquistano
maggiore peso i rilievi secondo cui remunerazioni di Governatore, Direttorio e
personale dovrebbero essere progressivamente allineate a quelle della pubbliche
amministrazioni in generale.
In questo quadro,
credo che le polemiche nei confronti dell'istituto per il tono "auto
assolutorio" rispetto ai temi delle supposte carenze della vigilanza sulle
"quattro banche" (e altre ancora) e dell'applicazione del bail-in nei
confronti dei detentori di obbligazioni subordinate debbano essere viste in
un'ottica differente rispetto a quella di molti commentatori nei giorni
immediatamente seguenti la cerimonia.
Non sta a
noi giudicare se la vigilanza nei confronti della "banda dei quattro"
(come ormai vengono chiamate le quattro banche salvate in extremis da un
decreto legge del Governo) sia stata lasca. Sono in corso diverse inchieste
dalla procura della Repubblica. Saranno loro a determinare se investitori
(specialmente piccoli risparmiatori) sono stati truffati da personale della
"banda dei quattro" su istigazione del management delle quattro
banche e se una vigilanza carente da parte della Banca d'Italia abbia reso
possibile la truffa. È un aspetto essenzialmente di diritto bancario e di
diritto penale.
Purtroppo,
come spesso avviene quanto si trattano questioni del genere, si è perso di
vista il contesto in cui la Banca d'Italia, ma non solo lei, ha responsabilità.
Si tratta di responsabilità non giuridiche ma politiche. Per questo sono
pesanti. Non dimentichiamo che la "banda dei quattro" operava non
solo nella convinzione di una supervisione meno rigorosa dell'ottimale e forse
nell'aspettativa di poter contare su importanti appoggi in quello che Pier
Paolo Pasolini chiamava "il Palazzo", ma anche sulla finestra di
opportunità aperta da un'unione bancaria europea rimasta incompiuta.
Vale la pena
ricordare che, come concepita, l'unione bancaria europea avrebbe dovuto
reggersi su tre pilastri: a) vigilanza secondo regole comuni (e per le grandi
banche esercitata direttamente dalla Bce); b) un sistema "europeo"
per la risoluzione dei dissesti (di cui il bail-in sarebbe stato uno strumento;
c) una garanzia comune sui depositi. Il terzo pilastro non è mai venuto in vita
per il timore di alcuni Stati dell'eurozona (non solo della Germania) che tale
"garanzia comune" sarebbe stata il "cavallo di Troia" per
dare vita ad altri strumenti (quali gli "eurobond") che avrebbero
facilitato il trasferimento di risorse da Stati con situazioni finanziare
soddisfacenti a Stati con situazioni finanziarie traballanti.
Difficile
comprendere perché l'Italia e altri Stati hanno accettato un'unione bancaria
zoppa. La delegazione italiana e quelle di altri Stati avrebbero dovuto battere
i pugni sul tavolo e insistere che il terzo pilastro dell'unione bancaria
venisse istituito simultaneamente con gli altri due. Il negoziato, lo sappiamo,
è condotto dalla Rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Ue, ma in
materia la Banca d'Italia non ha ruolo secondario, sia per la sua funzione di
alta consulenza al Governo, sia per il suo ruolo nel Sebc e nel Consiglio Bce.
La Banca d'Italia è presente nella Rappresentanza a Bruxelles, quindi in una
posizione italiana, per far sì che in materie tecniche i diplomatici e i
rappresentanti del ministero dell'Economia e delle Finanze siano supportati da
pareri specialistici da fare filtrare anche al Parlamento europeo (i cui
deputati italiani hanno approvato la monca unione bancaria senza sollevare
alcun dubbio o alcuna perplessità).
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