L’Italia dopo la Brexit, cosa
può e deve fare
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Il commento
dell'economista Giuseppe Pennisi
Credo che,
per ragioni anagrafiche, né Matteo Renzi né Pier Carlo Padoan abbiano visto un
film di grande successo (un vero ‘blockbuster’) del 1952 diretto da Raoul
Walsh: Il Mondo nelle Mie Braccia. Un film di avventure in cui, tra i
ghiacci del mar dell’Alaska che sta per essere venduta agli Stati Uniti, una
principessa russa (Ann Blyth) è contesa tra un trafficante portoghese (Anthony
Quint , un navigatore americano di lungo corso (Gregory Peck) ed un principe di
San Pietroburgo (Carl Esmond). Quando, dopo vicende di ogni genere, l’americano
libera la principessa dai pretendenti e veleggia verso acque più tranquille,
pone la fanciulla tra le sue braccia al timone, dicendole: Un timoniere solo
e barra dritta.
Che
attinenza c’è tra un film di avventure allora tra i record degli incassi e
l’Italia dopo la Brexit? La necessità che per navigare tra i marosi ed i
ghiacciai (i mercati saranno a lungo in tempesta, affliggendo soprattutto chi
ha un alto debito), ci vuole un timoniere solo ed un indirizzo certo verso
obiettivi ben chiari. Domani lunedì 27 giugno, San Cirillo di Alessandria, si
potrà cercare d’intravedere il sentimento dei mercati. Venerdì 24 giugno, hanno
colpito le piazze finanziarie continentali più del London Stock Exchange. Nel
colpire il continente hanno mostrato severità particolarmente nei confronti di
Milano, segno di poca fiducia nei confronti della nostra capacità di reggere i
colpi, a causa dell’alto debito pubblico (la metà del quale è detenuta da
stranieri) e di una finanza pubblica lontana da un adeguato consolidamento. In
aggiunta, le recenti elezioni amministrative (e le lotte intestine all’interno
del Partito Democratico) vengono lette dalla principale stampa internazionale
come segnale di fragilità del governo, le cui sorti sono appese ad un
referendum molto personalizzato ed in grado quindi di coagulare e coalizzare le
opposizioni di ogni ordine e grado. Come se non bastasse, più di una voce
chiede un referendum analogo a quello britannico se non per uscire dall’Unione
europea (Ue) quanto meno per modificare l’unione monetaria. Infine, i segnali
di una “ripresina” si fanno sempre più fiochi.
Su questa
testata, abbiamo
documentato che l’Italia sarebbe stata uno degli Stati posti a maggior rischio
dalla Brexit. Ora che la Brexit sta avvenendo, ci deve guidare una
funzione di minimizzazione del rischio e dei danni. Occorre avere ben chiara
questa funzione e sapere pilotare verso di essa.
Tanto più
che la Brexit ha comunque dimostrato – piaccia o non piaccia – l’esigenza di
politiche differenti da quelle in atto da parte dell’Ue e dei singoli Stati
membri. Altrimenti si potrebbe sfilacciare tutto. Il giorno dopo del referendum
britannico, si sono sentite le proposte italiane più strane. Ad esempio, un ex
presidente del Consiglio (o poco curante del peso delle sue parole sui mercati
o forse perché rassegnatosi al fatto che non contano più nulla) ha
fantasticato, per l’Europa di domani, di un’alleanza tra Francia, Italia e
Spagna che faccia da contrappeso alla Germania (ossia l’esatto contrario di
quanto ipotizzato dai ‘padri fondatori’ dell’Ue, proposta tale per di più di
aumentare le tensioni nella fase in cui si dovrebbe appianarle). Ancora, pare
che a Palazzi Chigi si favoleggi di un direttorio Germania-Francia-Italia
mentre in questa stagione sono gli obiettivi comuni da individuare per l’Europa
di oggi e domani ed un percorso (la barra dritta) per arrivarci. Non i
direttori od i consolati.
A mio
parere, chi in questi giorni ha detto parole più chiare è il Ministro
dell’Economia e Finanze, Pier Carlo Padoan, nell’indicare che se non cambia
l’Ue rischia la propria sopravvivenza e nel precisare tre obiettivi per il
cambiamento: sicurezza, immigrazione, diseguaglianze.
Se ben si
riflette, all’inizio degli Anni Cinquanta (quelli in cui si faceva la fila per
vedere Il Mondo nelle Mie Braccia) , l’Europa veniva costruita su
obiettivi specifici dell’epoca: un pool per le risorse carbonifere ed idriche
(per un secolo oggetto di conflitti tra Germania e Francia), uno sforzo comune
per un’energia atomica pacifica ed europea, l’apertura dei mercati dopo la
frammentazione iniziata attorno al 1910. Oggi, i grandi temi sono
sicurezza (da terrorismi di ogni sorta), immigrazione (il cui governo è sempre
più difficile date le forze demografiche in atto: la popolazione della sola
Africa sta passando da cinquecento milioni nel 1980 a un miliardo nel 2000 a
due miliardi nel 2050 a quattro miliardi e mezzo nel 2100), e diseguaglianze
(non solo la povertà sta aumentando in tutto il vecchio continente ma
l’ascensore sociale pare bloccato). Padoan li ha individuati bene. Si affidi a
lui il timone per costruire, con quel-che-resta dell’Ue, l’Unione di domani. Il
Presidente del Consiglio ha abbastanza da fare con i problemi interni
dell’Italia, con quelli del Partito di cui è Segretario, e con un referendum di
cui guida, in prima persona, la campagna per il Sì. Ha certamente un
ruolo nell’assicurare che il timoniere non sia disturbato (soprattutto da
proposte futili) e nel rappresentare l’Italia nel Consiglio Europeo.
26/06/2016
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