Perché i ballottaggi rischiano
di diventare un voto sul governo
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Il commento
dell'economista Giuseppe Pennisi
Ieri, 10
giugno, a una settimana dai ballottaggi delle principale città, al Cnel
(che dovrebbe cancellato dall’imminente referendum costituzionale) si è tenuto
un convegno di “giurimetria costituzionale” (un neologismo che potrebbe entrare
nel dibattito politico e nel lessico dei giornalisti), sull’attuazione della
democrazia costituzionale per superare la crisi; un confronto interdisciplinare
sulla verifica della costituzione italiana e possibili rimedi.
Il seminario
è stato ospitato dal Cnel, ma è organizzato da due organizzazioni: l’Ardep
(associazione per la riduzione del debito pubblico) e la Sos – Consumatori.
Basta scorrere l’agenda del programma dei lavori per avvertire che dalla
riunione emerge un forte profumo di malessere. I “giurometrici” sono
economisti, giuristi, professionisti di varia provenienza e di varie
discipline. Non un’armata brancaleone barricadera e protestataria.
Il profumo
di malessere indica l’insoddisfazione per un ripresa che è sempre “a portata di
mano”, ma che non si riesce a cogliere, per la mancanze di riforme economiche
tali da rilanciare il sistema economico italiano, per un progetto di riforma
costituzionale che, unitamente alla legge elettorale fortemente voluta dal
Governo, potrebbe avare una deriva autoritaria e per quella che viene percepita
come mancata attuazione della democrazia costituzionale.
In una nota
precedente (qui l’articolo su Formiche.net)
abbiamo sottolineato come la situazione dell’economia, e ancora di più le
prospettive tracciate dai maggiori organismi internazionali, abbiano inciso
sulla sconfitta alle elezioni amministrative del partito che meno di tre anni
fa aveva vinto, con innegabile successo, le elezioni europee. Queste
determinanti, e il pericolo – vero o supposto – di una svolta autoritaria,
ove le riforme della Costituzione e delle legge elettorale diventassero realtà,
sta colorando il dibattito che precede i ballottaggi.
E’
sufficiente esaminare i dibattiti televisivi tra i contendenti. In quello
andato in onda su Sky, relativo a Milano, ci se è limitati ai problemi
cittadini (che sono numerosi e complicati), mentre negli altri si è scivolati
nel politichese puro, toccando temi che nulla hanno a che fare con la vita
cittadina. Peculiare il caso di Roma, una capitale da decenni alla sbando, dove
le discussioni sembrano riguardare le Olimpiadi del 2024 e la capacità di
amministrare da parte del contendente che ha segnato una forte maggioranza
relativa al primo turno.
Di questo
passo – lo tenga presente il Presidente del Consiglio – i ballottaggi
minacciano di diventare un plebiscito pro o contro il Governo, in una fase in
cui l’esecutivo è alle prese con un situazione economica impervia.
Il consiglio
non richiesto a Palazzo Chigi è di non scendere in campo e tenersi il più
lontano possibile dai ballottaggi che stanno assumendo il colore di un voto
“contro”. Chissà se sarà ascoltato.
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