Il ruolo
delle 'news' per calmare o agitare i mercati
«Resta
Immobile!» è l’inizio di un’aria celebre del Guillaume Tell (versione italiana)
di Gioacchino Rossini. E si conferma sempre una buona strategia quando sui
mercati si abbattono le tempeste. All’indomani del referendum con cui i
cittadini britannici hanno chiesto a Governo e Parlamento di mettere in atto le
procedure per uscire dall’Unione europea, i mercati hanno fatto segnare un
tonfo e tanto la sterlina quanto l’euro si sono deprezzati rispetto al dollaro
e alle altre principali monete. È una danza macabra per coloro che in queste
circostanze pensano di guadagnare vendendo ed acquistando titoli. Ed è una
danza che durerà a lungo, poiché i Trattati europei prevedono un periodo di due
anni per definire le modalità dell’uscita e portarla a termine.
Quindi,
calma e sangue freddo. Ne tengano conto soprattutto i giornalisti nei prossimi
mesi nel fornire notizie e interpretazioni sugli andamenti dei mercati. Non lo
dice soltanto il buon senso della nonna, ma le scuole più avanzate della teoria
economica e finanziaria quali la neuro-economia e la neuro-finanza e l’economia
e la finanza comportamentale. Sono scuole che hanno la loro matrice nella
teoria economica dell’informazione che studia come i soggetti economici
(individui, famiglie, imprese, pubblica amministrazione, organi di governo)
rispondo alle notizie, alle informazioni.
Da una
ventina d’anni si fanno ricerche in questi campi anche nelle università
italiane, sono materie di insegnamento, sono stati fatti corsi appositi.
In Italia,
il precursore di questi studi è Massimo Tivegna (Università di Teramo, Luiss,
University of Greenwhich). Il libro scritto con Grazia Chiofi su «News e
dinamica dei tassi di cambio» (Il Mulino 2001) ha spiegato con grande chiarezza
quale informazione giornalistica – anche di agenzie specializzate – abbia
influito sui tassi di cambio negli Anni Ottanta e Novanta. Il libro, nella sua
versione in inglese, è diventato un classico a livello internazionale. Tivegna
è tornato su questi tempi in un saggio, scritto con Gabriella Caiesi ed Antonio
Carlo Francesco Della Bina, appena uscito su Economic Notes , in cui si
sviscera come informazioni (e sentimenti) abbiano inciso sulla dinamica del
cambio euro-dollaro tra il 2003 ed il 2011, quindi anche nella fase della crisi
finanziaria, e sulla psicologia degli operatori: comprendere meglio come il
comportamento dei traders sia gradualmente cambiato –concludono – è
fondamentale, tenendo conto della volatilità nel periodo in considerazione.
Sulla stessa linea un lavoro (in uscita) di due economisti della Federal
Reserve americana, Steven J. Heston e Nitish Ranja Sinha: «News versus
Sentiments : Predicting Stock Returns from News Stories». Sulla base di 900.000
articoli giornalistici esaminano come e per quanto tempo l’informazione incide
sui movimenti azionari. Andando a casi di studio italiani, di rilievo il lavoro
curato e pubblicato dalla SNA su come l’informazione giornalistica abbia inciso
sulle dinamiche dei prezzi nel periodo di transizione dalla lira all’euro.
Allora, dopo una fase in cui il modo in cui venivano percepite le informazioni
accentuò, ove non provocò, aumenti dei prezzi di alcune categorie di beni e
servizi, si è rientrati in un alveo normale. E dopo la crisi finanziaria ed
economica iniziata nel 2007 si è scivolati in deflazione.
Giuseppe
Pennisi
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