FINANZA E POLITICA/ La
"grana" in più per Renzi dopo i ballottaggi
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lunedì 13 giugno 2016
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NEWS Economia e Finanza
C’è voluto
il crollo delle Borse - una vera e propria “fuga”, l’ha definita Il Sole-24
Ore - per ricordare agli italiani, “distratti” dai ballottaggi e della
campagna già in corso per il referendum costituzionale, che la Brexit - come ha
scritto Roger Cohen sul New York Times International dell’11 giugno - è
“non immaginabile ma possibile”.
Da una
decina di giorni, la stampa popolare britannica è scesa in campo con tutte le
sue forze. Il Daily Express, il Sunday Express, il Daily Mail (testate
le cui vendite, e la cui capacità di influenza, superano di gran lunga quelle
più note e più paludate a cui spesso fanno riferimento i giornali italiani)
attaccano le istituzioni europee, specialmente la Commissione, senza esclusioni
di colpi. Non solo per il metodo “antidemocratico” dei loro processi
decisionali (un’accusa che ha senza dubbio qualche punto di validità), ma anche
ricordando vecchi (e anche non tanto vecchi) scandali finanziari e sessuali che
hanno afflitto la Commissione e la condanna subita dal Presidente della
Commissione Romano Prodi (anni addietro) per avere allontanato alti dirigenti
unicamente perché non “allineati” (sull’ingresso della Repubblica Ellenica
nell’unione monetaria). In breve si fa tutto un fascio e ogni argomento è buono
per attaccare “l’oppressiva” e “tentacolare” Unione europea.
Il Daily
Mail, dopo avere rievocato i prodromi della Seconda guerra mondiale - Siamo
a un bivio come nel 1939 -, ha invitato i suoi lettori a mettere alle
finestre stendardi con uno slogan volgare nei confronti dell’Unione europea: Stick
it to the EU (Mettilo in quel posto all’Ue). Lo stesso The Economist (da
sempre europeista) nel fascicolo uscito l’11 giugno specifica che cinque dei
maggiori otto istituti di sondaggio pronosticano una vittoria di coloro che
vogliono uscire dall’Ue. Il settimanale attribuisce il crescente “profumo di
Brexit” alla maldestra campagna referendaria di chi intende restare nell’Unione
e nella previsione di un’alta percentuale di astensione, mentre nel 1975 quando
venne effettuato un referendum analogo, Margaret Thatcher scese in campo in
prima persona (ottenendo concessioni dall’Ue, il noto rebate) andando
in ogni angolo del Paese per illustrare i costi e i benefici di un’eventuale
uscita dall’Unione. Adesso - sottolinea The Economist - i discorsi in
favore della permanenza nell’Unione assomigliano a “litanie”, non certo il modo
più convincente per indurre gli indecisi o per portare alle urne coloro che
sarebbero restati a casa.
Come Il Sussidiario del 18 aprile aveva annunciato, a due settimane
esatte dal referendum britannico i mercati sono entrati in fibrillazione: dal
crollo delle Borse del 10 giugno, Piazza Affari è uscita peggio delle altre. Sarebbe
un errore attribuire la caduta dei titoli a Milano interamente alla Brexit;
altre componenti sono i cattivi dati sull’andamento dell’economia italiana, il
“pasticciaccio” bancario e il sentore che la doppia campagna elettorale per il
ballottaggio e il referendum costituzionale si diventata un’arma di
“distrazione” di massa nei confronti della politica economica, i cui temi di
fondo paiono non essere più una priorità né per il Governo, né per parte
dell’opposizione.
Comunque, la
Brexit “morde” sui mercati anche prima che venga tenuto il referendum. Dato che
non è escluso un aumento dei tassi d’interesse proveniente da oltre Atlantico,
l’Italia, con il suo alto debito pubblico (ovviamente molto sensibile agli alti
e bassi dei tassi), è comunque tra i Paesi più a rischio. Se avverrà, la Brexit
- come ha detto il Fondo monetario internazionale - avrà implicazioni negative
per l’economia internazionale. È sempre il Fondo monetario ad avvertire che
potranno essere particolarmente dure per l’Italia (non solo a ragione dell’alto
debito pubblico) perché le stesse previsioni nel Documento di economia e
finanza affermano che potremmo tornare ai livello di reddito nel 2007 solo nel
2027, sempre che le politiche economiche del Governo si rivelino efficaci e l’economia
internazionale sia favorevole.
La Brexit
sarebbe per l’Italia un elemento aggiuntivo di incertezza nel breve e medio
periodo quando la Gran Bretagna e l’Ue dovranno negoziare le modalità dell’uscita e
i termini delle relazioni future. Ma avrebbe effetti anche di lungo periodo. Da
un lato, nella guida dell’Ue, i Governi che da quaranta anni si succedono alla
guida del Paese hanno sempre tentato (con vario grado si successo) un asse
italo-britannico alternativo a quello franco-tedesco. Da un altro, potrebbe
incentivare Governi di altri Stati dell’Ue a ottenere “condizioni speciali”
(come ha avuto l’attuale Governo britannico) per restare nell’Ue, innescando un
moto centripeto. Da un altro ancora, anche se la Gran Bretagna non ha aderito
all’unione monetaria, la Brexit è la prova che il metodo Monnet è
fuori tempo: tale metodo spingeva per unioni tecniche
irreversibili che avrebbe costretto ad andare verso un’unione politica
di marca federalista. Purtroppo, di irreversibile c’è solo la
morte. E la storia economica dimostra come tutte le unioni monetarie siano
state prima o poi reversibili.
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