Se le previsioni cambiano un giorno con
l’altro Chi scommette dice «Ue»
C’è un’indubbia relazione tra il tonfo delle Borse europee
segnato il 10 giugno e i sondaggi che danno vincenti, al referendum del 23
giugno, coloro secondo cui la Gran Bretagna dovrebbe uscire dall’Unione Europea
(Ue), nonostante che ciò potrebbe voler dire anche restare fuori dal mercato
unico in corso di attuazione. Il timore della Brexit ha innescato la caduta
delle Borse ma non è stata l’unica determinante del tracollo di Piazza Affari,
il mercato che ha sofferto di più in quanto in Italia al 'fattore Brexit' si
sommano le incertezze politiche connesse ai ballottaggi e alla campagna
elettorale per il referendum e a dati poco incoraggianti in materia di
andamento dell’economia.
Il timore della Brexit e delle sue implicazioni negative per
l’economia mondiale (sottolineate dallo stesso Fondo monetario internazionale,
di solito molto attento a non formulare giudizi su temi al centro di accesi
dibattiti politici interni) sono stati alimentati dai sondaggi. Lo stesso
europeista 'The Economist' ha sottolineato che venerdì 10 maggio cinque dei
maggiori otto istituti di ricerca pronosticavano una vittoria di coloro che
vogliono uscire dall’Ue. Non solo, ma secondo due dei cinque istituti tra
'contrari' (all’Ue) e 'favorevoli' ci sarebbero stati ben dieci punti percentuali
di distacco. I sondaggi, però, riflettono una platea molto umorale. Già sabato
11 giugno, ampliando la platea ed andando anche ad osservare il campo degli
scommettitori (non solo quello degli istituti di ricerca...), la situazione
appare differente: l’indicatore sintetico 'Brexit Barometer' pone infatti
attorno al 35% le probabilità che il referendum comporti l’uscita della Gran
Bretagna dall’Ue. Nelle prossime due settimane, è importante che chi opera sui
mercati tenga i nervi saldi poiché ci potrà essere un vero e proprio slalom di
informazioni su sondaggi e scommesse. Al tempo stesso, però – come sottolinea
l’'Economist' in edicola da ieri, è bene che le forze politiche e sociali
favorevoli alla permanenza della Gran Bretagna nell’Ue affinino le loro
campagna referendaria, sino ad ora caratterizzata da 'geremiadi' sui danni che
l’addio del Regno Unito dall’Unione porterebbe al Paese piuttosto che da
argomenti sui vantaggi della partecipazione all’Ue (semmai in modo più attivo
che nel passato).
Venendo agli aspetti più vicini ai nostri problemi ed
interessi, è utile ricordare che l’Italia rischia di essere particolarmente
colpita da una secessione della Gran Bretagna dall’Ue per vari motivi: a)
palazzo Mezzanotte in Piazza Affari a Milano è parte integrante del London
Stock Exchange e, quindi, comunque vadano le cose, le tensioni sui mercati
sarebbero avvertite in modo particolarmente acuto; b) sin dagli anni Sessanta,
Roma ha sponsorizzato l’ingresso della Gran Bretagna in quella che allora si
chiamava la Comunità economica europea e cercato di avere un rapporto
privilegiato con Downing Street al fine di equilibrare un supposto (o vero)
asse Parigi-Berlino, asse che verrebbe rafforzato quale che sia il risultato
del referendum; c) le fibrillazioni sui mercati verrebbero avvertite dai Paesi
ad alto debito pubblico in rapporto al Pil più che da quelli con finanza
pubblica e debito nei parametri di Maastricht e del Fiscal compact d) a fronte
di un più forte asse Parigi-Berlino, Roma potrebbe puntare al più a guidare
quello che viene chiamato il 'Club Med', una 'compagnia' secondaria e piena di
guai (Cipro, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna), con l’implicazione che la sua
voce a Bruxelles sarebbe ancora meno ascoltata.
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Venerdì i maggiori istituti di
ricerca pronosticavano l’uscita del Regno Unito Ieri il «barometro» sulla
Brexit indicava solo 35%. Sono molti i rischi per l’Italia
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