Mozart Così fan tutte C.
Winters, A. Brower, P. Fanale, M. Werba, S. Puértolas, P. Spagnoli;
Orchestra e Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, direttore Semyon Bychkov
Roma, Auditorium Santa Cecilia, 23 giugno 2016
Ci
sono due ragioni per eseguire opere in forma di concerto: risparmiare
su costi di allestimento (regia, scene, costumi) e portare l’opera ad un
pubblico che altrimenti non ne fruirebbe. Nei tre lustri passati a
Washington, non troppo distante dal Kennedy Center (casa della
Washington Opera, ma dove venivano in tournée ogni anno la New York City
Opera ed il Metropolitan Opera e, di tanto in tanto, alcune delle
maggiori compagnie europee) c’era il Lisner Auditorium dove venivano
rappresentate opere in lingua inglese con spettacoli per famiglie il
fine settimana e con recitazione ed attrezzeria (ma senza scene e senza
una vera regia, quindi una mise en éspace più che una versione
da concerto). I repertori erano marcatamente differenti in quanto
pensati per pubblici variegati. Talvolta venivano eseguite opere in
forma di concerto nella Concert Hall della National Symphony; venivano
scelte quelle in cui si richiedeva un enorme organico orchestrale non a
disposizione della Washington Opera e con relativamente poca azione
scenica (ad esempio Tristan und Isolde, Parsifal, Palestrina, Capriccio). I criteri erano chiari od almeno comprensibili.
Difficile
capire perché, a chiusura della stagione sinfonica 2015-2016,
l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia si è avventurata in Così fan tutte,
ultimo tassello della trilogia Mozart-Da Ponte commissionato dal
Burgtheater di Vienna (una sala di 700-800 posti) dove debuttò senza
grande successo il 26 gennaio 1790 (quando il compositore era già molto
malato). Il lavoro era poco considerato dal librettista Lorenzo Da Ponte
(che neanche lo menzionò nella propria autobiografia) ed è stato
ignorato per tutto l’Ottocento. Ripreso nelle guisa di una commedia
spagnola (in tedesco) a Dresda all’inizio del Novecento, è diventato,
negli ultimi sessanta anni, uno dei lavori di Mozart più rappresentati,
non solo per il suo valore musicale intrinseco, ma anche perché richiede
solo sei cantanti, un piccolo coro, un organico orchestrale modesto.
L’opera è stata ambientata nei contesti più diversi: dalle terme romane
prima dell’eruzione del Vesuvio a Pompei (Roma, teatro dell’Opera), ai
giardini cinesi e persiani (due differenti edizioni a Aix-en-Provence),
dalla contemporaneità stile Armani (vari teatri), alla Francia
prerivoluzionaria del Marchese de Sade (Bologna); ancora, una graziosa
oleografia partenopea vista da turisti (Metropolitan), un loft di restauratori di quadri settecenteschi (Berlino), una spiaggia (Parma)...
La principale difficoltà di realizzazione (sia scenica sia musicale) di Così consiste
nel fatto che, mentre la prima parte è brillante ed ironica, la seconda
è un’amara riflessione in cui ciascuno è, simultaneamente, infedele e
geloso.
Difficile pensare che Così possa essere presentato in mise en éspace in
un vasto auditorio per circa 3000 spettatori: per tener conto delle
dimensioni della sala sono stati rinforzati tanto l’organico orchestrale
quanto il coro. Inoltre, dato che l’opera non è breve (e la sua durata
supera di gran lunga quella di un normale concerto), i recitativi
(essenziali alla comprensione dell’intreccio, nonché struttura portante
della parte musicale) sono stati generosamente sfoltiti. Quindi, il
delicato gioco di ambiguità e sensualità, di amore e gelosia, di
finzioni e tradimenti, un poco si perde, anche perché la dizione
italiana di almeno due delle tre protagoniste femminili lasciava a
desiderare.
La
concertazione è stata affidata a Semyon Bychkov, molto bravo nel
repertorio verdiano, oltre che in quello russo e wagneriano. Bychkov
dirigerà l’opera in versione scenica alla Royal Opera House in
settembre, con alcuni elementi di questo cast. Ha concertato con un
piglio deciso, a volte addirittura con foga, risultando poco adatto alla
lieve ambiguità di Mozart. Ne risulta un Così intriso di
cinismo (elemento che certo non manca all’opera) e con una buona dose di
eros (anche esso presente nell’opera) ma privo delle altre
caratteristiche del dramma giocoso di Mozart e Da Ponte. Da qui alle
recite londinesi, Bychkov ha molto su cui riflettere e molto da
affinare.
I
sei cantanti vestono in frac and abiti da sera ma (soprattutto il
gruppo maschile) recitano con grande spigliatezza ed efficacia (anche
senza una regia vera e propria). Occorre dire che Paolo Fanale, Markus
Werba e Pietro Spagnoli si sono fatti una regia per conto proprio, che
ha reso divertente ed affascinante il gruppo maschile nei loro giochi ed
ammiccamenti, ma di cui quello femminile era solo parzialmente
partecipe.
Markus Werba e Pietro Spagnoli hanno cantato Così decine
di volte ed hanno sempre dato prestazioni di altissimo livello. Occorre
sottolineare l’abilità di Spagnoli nel passare dal ruolo di Guglielmo
(ricordo una sua bellissima interpretazione a Aix en Provence tre lustri
fa) a quello luciferino (e dalla tessitura più grave) di Don Alfonso.
Il vero trionfatore della serata (con meritatissimi, lunghi applausi a
scena aperta) è stato Paolo Fanale; non solo ha cantato con vera
maestria l’aria Un’aura amorosa sfruttando con abilità la mezza
voce, il legato e l’acuto, ma ha incarnato con abilità un Ferrando
sensuale e birbante, traditore e tradito, menzognero e contrito. È stato
il vero mattatore della serata
Nel
gruppo femminile spicca il mezzosoprano Angela Brower (Dorabella), che
riprenderà tra poche settimane la parte a Salisburgo. Promettente Sabina
Puértolas (Despina) vincitrice, tra gli altri, del concorso Operalia.
Corinne Winters (Fiordiligi) sembra adatta a ruoli più spinti (ha avuto
successo in opere di Puccini) di quelli mozartiani. Il suo Come scoglio ricordava Tosca… Molti applausi. A prescindere.
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