martedì 22 dicembre 2015

Una proposta per il Natale “europeo” in Formiche 22 dicembre



Una proposta per il Natale “europeo”
Una proposta per il Natale “europeo”
Il corsivo dell'economista Giuseppe Pennisi
Cosa proporre per un Natale “europeo”? All’inizio del mese, su Formiche mensile cartaceo, ci siamo chiesto cosa resta dell’Unione Europea.  Queste ultime settimane mi hanno convinto che è rimasto ben poco. La Gran Bretagna ha posto quattro condizioni molto rigorose perché il Regno Unito resti nell’UE, una chiara dimostrazione che un Governo che pur si considera europeista chiede un ripensamento profondo dell’intera Unione. Le elezioni in Francia e Spagna hanno mostrato che almeno un terzo dei votanti è contrario alla UE come attualmente configurata. Verosimilmente elezioni in Italia, a cominciare dalle prossime amministrative, daranno esiti analoghi. In Polonia ed Ungheria sono stati democraticamente eletti Governi euroscettici (per aggettivare con garbo). Il Rapporto dei Cinque Presidenti è stato oggetto di critiche durissime ed anche sberleffi in quanto propone di continuare sulla strada perseguita sino ad ora, senza tener conto del cambiamento e senza mostrare consapevolezza rendersi conto che l’accordo di Schengen è di fatto morto e l’unione bancaria pure (con il risultato specifico che l’unione monetaria è in forte difficoltà). Mentre il Movimento Europeo starnazza in quel di Piazza della Libertà 13 di Roma.
La proposta di ripartire dal nucleo originario dei firmatari del Trattato di Roma (un incontro è già calendarizzato per il 19 gennaio) è fuori tempo: allora, i Sei erano in gran misura sullo stesso piano perché per Italia e Germania, che avevano perso la Seconda Guerra Mondiale, era un modo per rientrare nel consesso europeo delle “potenze” e per la Francia di prender le distanze dal Regno Unito (suo avversario storico dalla Guerra dei Cent’Anni e delle guerre napoleoniche e suo alleato occasionale nei due conflitti mondiali del “secolo breve”, il Novecento). Oggi la Germania è – piaccia o non piaccia – il centro dell’EU per potenza economica e politica e perché i Governi Merkel hanno dimostrato che ha un’idea chiara dell’Europa, che può piacere o non piacere agli altri e, quindi, essere più o meno condivisa, ma è l’unica sul tavolo da gioco.
A mio avviso, si può ripartire dal libro del 2001 di Frank Vibert (Fondatore e direttore dell’European Policy Forum) Europe Simple, Europe Strong: The Future of European Governance (Londra, Polity Press). Ascoltato consulente (a titolo gratuito) di Jacques Delors, è stato successivamente snobbato dai suoi successori (a cominciare da Romano Prodi) perché la sua ricetta proponeva una massiccia riduzione dei poteri della Commissione Europea (e del suo personale), nonché delle numerose agenzie create per ‘co-adiuvarla’. Ovviamente, una ricetta non gradita dalla ipertrofia burocratica di Bruxelles e non solo. Una ricetta di cui però potrebbe farsi portatore l’attuale Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi.
Non è un’idea morta. Hugo Dixon, un autorevole esperto di politica economica, la ha rilanciata dalle colonne del New York Times del 21 dicembre in un articolo in cui la ripropone con forza: basta sostituire – scrive – la disciplina delle regole con quella del mercato. Un esempio eloquente: il Piano Junker è zoppo e claudicante (e gli investimenti non decollano) perché nei settori più appetibili, ed in cui c’è vasto potenziale (energia, telecomunicazioni, ferrovie) gli Stati nazionali sono abbarbicati ai loro spesso inefficienti monopoli; basta un regolamento europeo di pochi articoli per liberalizzare il mercato unico ed attivare investimenti privati.
Se a Palazzo Chigi si è letti, il Presidente del Consiglio sa che sono scevro di servo economio e di codardo oltraggio. Ho lavorato con Frank per tre lustri quando eravamo “giovani leoni” in Banca Mondiale. Perché l’Europa abbia un vero Natale, mi offro di metterlo in contatto con il ‘caro vecchio Frank’.

Box
Le quattro condizioni del Regno Unito
  • Una ‘dichiarazione esplicita’ che la Gran Bretagna resti fuori da qualsiasi percorso verso un Superstato Europeo e quindi un’eccezione per la Londra al principio di ‘andare verso un’Unione sempre più stretta’
  • Una ‘dichiarazione esplicita’ che l’euro non è la moneta ufficiale dell’Europa, che verrebbe trasformate in un’Unione con più monete in concorrenza tra di loro
  • Una nuova regola di base per dare ai Parlamenti Nazionali autorità di bloccate ‘direttive europee’ non gradite e, retroattivamente, abolire quelle in vigore ma che non si adattano alle specifiche nazionali-
  • Una nuova struttura dell’UE. Il gruppo delle 28 Nazioni che la formano deve essere riorganizzato per impedire che le 9 che non fanno parte dell’eurozona abbiano un ruolo dominante e tale da penalizzare la City di Londra.
ultima modifica: da Giuseppe Pennisi
22/12/2015

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