Una proposta per il Natale “europeo”
Il corsivo dell'economista Giuseppe Pennisi
Cosa proporre per un Natale
“europeo”? All’inizio del mese, su Formiche mensile cartaceo, ci siamo
chiesto cosa resta dell’Unione Europea. Queste ultime settimane mi hanno
convinto che è rimasto ben poco. La Gran Bretagna ha posto quattro condizioni
molto rigorose perché il Regno Unito resti nell’UE, una chiara dimostrazione
che un Governo che pur si considera europeista chiede un ripensamento profondo
dell’intera Unione. Le elezioni in Francia e Spagna hanno mostrato che almeno
un terzo dei votanti è contrario alla UE come attualmente configurata.
Verosimilmente elezioni in Italia, a cominciare dalle prossime amministrative,
daranno esiti analoghi. In Polonia ed Ungheria sono stati democraticamente
eletti Governi euroscettici (per aggettivare con garbo). Il Rapporto dei
Cinque Presidenti è stato oggetto di critiche durissime ed anche
sberleffi in quanto propone di continuare sulla strada perseguita sino ad ora, senza
tener conto del cambiamento e senza mostrare consapevolezza rendersi conto che
l’accordo di Schengen è di fatto morto e l’unione bancaria pure (con il
risultato specifico che l’unione monetaria è in forte difficoltà). Mentre il
Movimento Europeo starnazza in quel di Piazza della Libertà 13 di Roma.
La proposta di ripartire dal nucleo
originario dei firmatari del Trattato di Roma (un incontro è già calendarizzato
per il 19 gennaio) è fuori tempo: allora, i Sei erano in gran misura sullo
stesso piano perché per Italia e Germania, che avevano perso la Seconda Guerra
Mondiale, era un modo per rientrare nel consesso europeo delle “potenze” e per
la Francia di prender le distanze dal Regno Unito (suo avversario storico dalla
Guerra dei Cent’Anni e delle guerre napoleoniche e suo alleato occasionale nei
due conflitti mondiali del “secolo breve”, il Novecento). Oggi la Germania è –
piaccia o non piaccia – il centro dell’EU per potenza economica e politica e
perché i Governi Merkel hanno dimostrato che ha un’idea chiara dell’Europa, che
può piacere o non piacere agli altri e, quindi, essere più o meno condivisa, ma
è l’unica sul tavolo da gioco.
A mio avviso, si può ripartire dal
libro del 2001 di Frank Vibert (Fondatore e direttore dell’European Policy
Forum) Europe Simple, Europe Strong: The Future of European Governance (Londra,
Polity Press). Ascoltato consulente (a titolo gratuito) di Jacques Delors, è
stato successivamente snobbato dai suoi successori (a cominciare da Romano
Prodi) perché la sua ricetta proponeva una massiccia riduzione dei poteri della
Commissione Europea (e del suo personale), nonché delle numerose agenzie create
per ‘co-adiuvarla’. Ovviamente, una ricetta non gradita dalla ipertrofia
burocratica di Bruxelles e non solo. Una ricetta di cui però potrebbe farsi
portatore l’attuale Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi.
Non è un’idea morta. Hugo Dixon, un
autorevole esperto di politica economica, la ha rilanciata dalle colonne del New
York Times del 21 dicembre in un articolo in cui la ripropone con forza:
basta sostituire – scrive – la disciplina delle regole con quella del mercato.
Un esempio eloquente: il Piano Junker è zoppo e claudicante (e gli investimenti
non decollano) perché nei settori più appetibili, ed in cui c’è vasto potenziale
(energia, telecomunicazioni, ferrovie) gli Stati nazionali sono abbarbicati ai
loro spesso inefficienti monopoli; basta un regolamento europeo di pochi
articoli per liberalizzare il mercato unico ed attivare investimenti privati.
Se a Palazzo Chigi si è letti, il
Presidente del Consiglio sa che sono scevro di servo economio e di codardo
oltraggio. Ho lavorato con Frank per tre lustri quando eravamo “giovani
leoni” in Banca Mondiale. Perché l’Europa abbia un vero Natale, mi
offro di metterlo in contatto con il ‘caro vecchio Frank’.
Box
Le quattro condizioni del Regno
Unito
- Una ‘dichiarazione esplicita’ che la Gran Bretagna resti fuori da qualsiasi percorso verso un Superstato Europeo e quindi un’eccezione per la Londra al principio di ‘andare verso un’Unione sempre più stretta’
- Una ‘dichiarazione esplicita’ che l’euro non è la moneta ufficiale dell’Europa, che verrebbe trasformate in un’Unione con più monete in concorrenza tra di loro
- Una nuova regola di base per dare ai Parlamenti Nazionali autorità di bloccate ‘direttive europee’ non gradite e, retroattivamente, abolire quelle in vigore ma che non si adattano alle specifiche nazionali-
- Una nuova struttura dell’UE. Il gruppo delle 28 Nazioni che la formano deve essere riorganizzato per impedire che le 9 che non fanno parte dell’eurozona abbiano un ruolo dominante e tale da penalizzare la City di Londra.
ultima modifica: da Giuseppe Pennisi
22/12/2015
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