L’analisi.
Ripresa, è presto per brindare
Renzi ha presentato un quadro economico
rassicurante per l’anno che sta per iniziare. L’Italia ha superato il punto di
svolta inferiore della recessione nella prima metà del 2015 e la ripresa
dovrebbe consolidarsi e rafforzarsi l’anno prossimo raggiungendo l’1.6% del
Pil. Un quadro più ottimista di quello delle previsioni quantitative
del-l’Istat, dell’Ocse e del Fondo monetario, che prevedono una crescita
dell’1,3%1,4% , non molto distanti da quelle sulla cui base il governo ha
impostato la Stabilità. I 20 istituti del 'Consensus' (tutti privati, nessun
italiano) sono leggermente meno ottimisti poiché sottolineano la fragilità di
stime effettuate senza tener adeguatamente conto dell’incertezza
internazionale. Tutti questi strumenti sono variazioni del modello di Lawrence
Klein che ha come elemento esogeno principale il commercio mondiale e, quindi,
le esportazioni. Differente è la struttura del modello previsionale di Moody’s,
imperniato sull’andamento dei mercati finanziari. L’agenzia stima per l’Italia
una crescita al massimo dell’1%. Non un arretramento rispetto al 2015, ma un
andamento sostanzialmente piatto, tale da precedere, nell’eurozona, solamente
la Grecia. Con un aumento del Pil appena del l’1% rispetto al 2015, aumentano
sia l’area dell’indigenza sia quella della povertà. Diventa imperativo
chiedersi se in questi campi sono stati predisposti strumenti appropriati. Nei
fatti, tra 2008 e 2014 l’Italia ha perso dieci punti di Pil; hanno sofferto
principalmente i giovani, i senza lavoro e i pensionati. Crescendo allo
0,8%-1%, ci vorranno più di dieci anni per tornare ai livelli pre-crisi.
Crescendo all’1,3%-1,5% ce ne vorranno 5-7. Senza politiche mirate, si penalizzeranno
ancora le fasce deboli.
Nel 2015, inoltre, l’Italia ha fruito di
circostanze esterne eccezionali. Numerosi Paesi Ue hanno voltato le spalle alle
politiche di austerità. L’Italia ha avuto una grande immissione di denaro da
parte della Bce (anche se spesso è rimasto nei forzieri delle banche). L’euro
si è deprezzato rispetto al dollaro, favorendoci come Paese esportatore. Grazie
a tassi d’interesse bassissimi, il nostro debito pubblico è parso meno
minaccioso.
Il 2016 si apre con un aumento dei tassi Usa
che non potrà non ripercuotersi. L’incertezza internazionale rischia di
aggravarsi. Nel breve periodo, poi, le riforme comportano sul fronte interno
una fase di apprendimento che rallenta la crescita. Quindi, è quanto meno
presto per brindare con allegria.
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