martedì 8 dicembre 2015

‘GIOVANNA D’ARCO' TRIONFA in Milano Finanza 9 dicembre



GIOVANNA D’ARCO' TRIONFA
Giuseppe Pennisi
La stagione 2015-2016 del Teatro alla Scala è stata inaugurata, la sera di Sant’Ambrogio, con Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi (opera poco rappresentata negli ultimi lustri ma apprezzata a Salisburgo l’estate 2013 quando è stata eseguita in forma di concerto essenzialmente con lo stesso cast in scena a Milano sino al 2 gennaio). Un’inaugurazione di grande lusso con il Presidente del Consiglio, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ed il  Sindaco nel palco reale addobbato con gigli bianchi (simbolo della Francia). Sala, palchi e gallerie pienissimi e forte presenza del mondo della finanza e dell’industria. Grande successo coronato da applausi ed ovazioni.
Giovanna d’Arco è opera molto amata da Riccardo Chailly il quale, dopo decenni di oblio , la ripropose a Bologna nel 1989. E’ stata , poi, ripresa al festival verdiano di Parma nel 2008, nonché a al festival estivo di Valle d’Itria. In effetti, rispetto ai lavori verdiani che la precedono (Nabucco e I Lombardi alla Prima Crociata) è sempre stata poco apprezzata. E‘, sotto molti aspetti, un passo indietro nell’evoluzione del compositore, anche se , qua e là, si percepiscono i germi di capolavori futuri. Noto un saggio di Massimo Mila (uno dei maggiori studiosi di Verdi) che la faceva letteralmente a pezzi. Il successo all’inaugurazione di questa stagione scaligera , può essere l’inizio di un nuovo e meno accidentato percorso? Presto per dirlo.
Giovanna d’Arco è  tratta da una tragedia di. Friederich . Schiller, Jungfrau von Orléans, del 1801. Si era ben lontani da una lettura mistico-religiosa della vicenda della fanciulla diventata condottiera nella fase finale della Guerra dei Cent’Anni. Nel lavoro del poeta e drammaturgo tedesco, l’interpretazione è, da un lato, nazional-popolare e , da un altro, liberal-libertaria. La Pulzella è combattuta tra la missione di dare unità nazionale alla Francia e la propria natura umana. Nel libretto di Temistocle Solera, la tragedia di Schiller è  sintetizzata (i personaggi diminuiscono da 27 a 5, di cui due meri comprimari) ma la vicenda è ridotta ad un fatto di passione amorosa (per il Re di Francia) e di risorgimento nazionale . Nata, per essere un “colossal” (come Nabucco e I Lombardi) , con grandi tableaux storici e parate militari, la Pulzella d’Orléans che non era stata ancora canonizzata (ciò avvenne  all’inizio del Novecento) poteva essere presa, in quegli anni, per un’Anita Garibaldi anzi tempo. Giovanna d’Arco era stata argomento di opere di Michele Carafa, Nicola Vaccai, Giovanni Pacini, tutte più o meno basate su Schiller ed in chiave risorgimentale.
La scrittura musicale e vocale di Verdi, interpretata con grande amore da Chailly e dal cast, è diseguale. Nella prima parte, eccellono l’ouverture (una vera e propria breve sinfonia in quattro movimenti), la ‘cavatina’ di Giovanna (Anna Netrebko) ed il duetto d’amore tra la protagonista e Carlo VII (Francesco Meli). Il resto è frammentario e la stessa figura del padre (Devid Cecconi) non assume una forte connotazione, Più coesa la seconda parte, dal concertato iniziale alla dolente conclusione con la morte di Giovanna.
Occorre ricordare che il ruolo della protagonista è stato scritto da Verdi per un soprano “anfibio”, Erminia Frezzolini, (ossia con una vocalità molto estesa) e per lei sono composte le pagine più belle, pagine in cui Anna Netrebko sfoggia la maturità vocale di soprano drammatico a cui è giunta in questi ultimi anni. Alcune di queste pagine sono impervie; Anna Netrebko si è meritata applausi a scena aperta. Più semplici i ruoli degli altri due protagonisti. Francesco Meli ha messo in luce il suo timbro chiaro e la facilità di ascendere a registri molto alti. Dopo qualche incertezza iniziale, Devid Cecconi (che ha sostituito Carlos Alvarez, ammalato) è stato un padre a tutto tondo , tale da fare presagire il Germont de La Traviata. Protagonista di gran rilievo (come in numerose opere verdiane del periodo 1840-50) il coro diretto da Bruno Casoni. Chailly ha cesellato la partitura come un ricamo, dilatando leggermente i tempi nella prima parte, e trovando le tinte giuste per i vari momenti del lavoro.
Elemento essenziale del successo sono la regia e la drammaturgia  affidate a Moshe Leiser e Patrice Caurier, le scene di Christian Fenouillat ed i costumi Agostino Cavalca. L’intera vicenda è vista come un sogno, un incubo o un ricordo di letture effettuate sulla Pulzella da parte di una donna malata nel 1850 o giù di lì in una grande stanza dalle cui mura emergono , con proiezioni, la guerra, la cattedrale di Reims, la prigione inglese e via discorrendo sino alla morte di Giovanna non sul rogo ma in battaglia. Un vero coup de théátre.

Nessun commento: