Usa a caccia di americani. Per tassarli
Verifiche globali sui conti. File ai consolati per
restituire il passaporto
GIUSEPPE PENNISI
A i consolati americani, in Italia e non solo, si fa
la fila. Non per ottenere il visto per un viaggio negli Stati Uniti, stavolta,
ma per 'rinunciare ufficialmente' alla cittadinanza americana. La ressa è tale
che è stato assunto personale temporaneo per smaltire le pratiche. Gli 'oneri
amministrativi' a carico dei richiedenti sono aumentati, da un giorno
all’altro, da 400 a 2.350 euro. Sino al giugno 2010, la rinuncia alla
cittadinanza americana era gratuita.
Gli Stati Uniti sono , con l’Eritrea, uno dei due
Stati al mondo che tassano sulla base della 'cittadinanza' e non della
'residenza'. Sino al 2010, tale tassazione era bilanciata da esenzioni per
redditi guadagnati all’estero. Un sistema modificato con il Fatca (sigla che
sta per Foreign Account Tax Compliance Act, cioè Legge per l’adeguatezza
delle tasse sui conti all’estero), una norma che l’Italia ha recepito l’estate
scorsa. La legge ha effetti sugli intermediari finanziari, sulle famiglie e
sugli individui.
Il Fatca nasce da una buona idea: tentare di limitare
il riciclaggio e far sì che i milioni di cittadini americani (spesso
inconsapevoli di esserlo; in Italia sarebbero due milioni, in gran parte figli
di emigranti rientrati nel Belpaese o di italiani temporaneamente negli Usa,
come i funzionari internazionali ed i diplomatici) adempiano ai loro obblighi
tributari americani. Si sono inserite due componenti: la lobby dei fondi comuni
americani, per impedire che i cittadini americani investano in fondi comuni
esteri o in fondi americani che operano con titoli stranieri, e il desiderio
dell’Internal Revenue Service (Irs) , l’Agenzia delle Entrate americana, di
espandere il proprio organico. Il tutto condito di una buona dose di populismo.
In breve, tutti gli intermediari finanziari devono
consegnare all’Irs, tramite le agenzie tributarie nazionali, tutti i dati sui
conti correnti e di deposito di cittadini americani, o 'indiziati' come tali.
Un costo enorme per gli intermediari. Ancora maggiore, però, quello che pesa
sugli 'americani' all’estero che vogliono mettersi in regola tramite un
percorso speciale; occorre infatti presentare, per gli ultimi sei anni, oltre
alle dichiarazioni dei redditi, i movimenti di ciascun titolo all’interno di
ciascun comparto di fondi comuni. Un lavoro mostruoso che è delizia per i
consulenti tributari. Dovrebbe servire al Fisco americano per determinare se
l’imposta sull’aumento di capitale deve essere conguagliata. Per l’imposta sui
redditi, solo in rarissimi casi ci saranno compensazioni.
Il Fatca non colpisce solo chi ha (o aveva) doppia
cittadinanza. Correntisti italiani di banche italiane stanno ricevendo lettere
di disdetta dei loro conto correnti perché ci sono 'forti indizi' di
cittadinanza americana. Gli italiani che vogliono acquistare quote di 'fondi
comuni' devono completare lunghi moduli per attestare che non sono, e non sono
mai stati, 'cittadini' anche americani.
Sono già allo studio alternative, sia all’interno del
Congresso che all’Ocse, dove si lavora perché il sistema tributario americano
si allinei a quelli degli altri paesi, e non solo a quello dell’Eritrea.
Intanto, però, per molti cittadini la situazione è davvero complicata. Non per
i due fratelli Elkann che, naturalmente non privi di consulenti tributari,
hanno rinunciato alla doppia cittadinanza (mantenendo solo quella italiana e
dicendo 'addio' a quella americana) pochi giorni prima dell’entrata in vigore
del Fatca.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Con la legge 'Fatca', introdotta nel
2010 e recepita dall’Italia in estate, il Fisco americano esige dai
concittadini all’estero il saldo di pesanti imposte patrimoniali
Nessun commento:
Posta un commento