martedì 23 dicembre 2014

In Italia servirebbero 5 anni di vera crescita per tornare ai livelli di consumi pre-crisi in Avvenire 24 dicembre



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In Italia servirebbero 5 anni di vera crescita per tornare ai livelli di consumi pre-crisi
Quali sono stati gli effetti della crisi in corso dal 2008 sulle famiglie? Come hanno reagito le famiglie e in che modo la mano pubblica è venuta loro incontro? Sono tematiche di particolare rilievo all’indomani dell’approvazione della legge di Stabilità e mentre dagli Stati Uniti arrivano i dati di un Pil che ha ripreso a crescere come non faceva da oltre dieci anni a fronte di una recessione che non finisce di mordere l’Italia. In primo luogo, come correttamente sottolinea la Banca d’Italia, la crisi deve essere divisa in una fasi: la prima 2008-2010 è stata una crisi globale (innescata dalle disfunzioni della finanza americana) in cui i consumi delle famiglie (in Italia come altrove) sono diminuiti di pari passo con la compressione del reddito disponibile; la seconda (dal 2011 e ancora in atto) è una crisi del debito sovrano, specificatamente europea e che colpisce alcune tipologie di famiglie più di altre. E sono state proprio le famiglie a puntellare il debito sovrano, evitandone il default, con un aumento della quota destinata al risparmio nonostante la compressione dei redditi (vedi grafico a fianco, ndr).
Tale sforzo – che altrove sarebbe stato chiamato 'patriottico' – è stato incoraggiato? Non si direbbe, considerando come il prelievo fiscale sul risparmio sia aumentato da 6,9 miliardi di euro nel 2011 ai 15,9 miliardi di euro stimati per il 2015. E tali stime non includono il prelievo aggiuntivo su circa un milione di risparmiatori italiani a ragione dell’accordo intergovernativo con il quale, l’estate scorsa, abbiamo recepito la normativa americana Facta e applicato ai conti di italiani con doppia cittadinanza le regole tributarie Usa dove l’imposizione sul risparmio (specialmente sui fondi comuni) è più pesante di quella sul reddito.Inoltre non tengono conto dell’aumento della fiscalità sui fondi pensione, pur compensata con un emendamento dell’ultimora al Senato, che potrebbe comportare una perdita del 15% del montante su cui un domani verrà calcolata la pensione integrativa.
Quali famiglie hanno dovuto in ogni caso riorganizzare il proprio tenore di vita? Antonio Bassanetti, Concetta Rondinelli, Lisa Rodano e Filippo Scoccianti, economisti di Via Nazionale, affrontano il tema con ricchezza di dati e di strumentazione econometrica. In breve, la crisi del debito sovrano ha segnato uno spartiacque colpendo le famiglie relativamente giovani (meno di 44 anni) tanto sui redditi (e sull’incertezza del posto di lavoro) quanto sulla ricchezza (la riduzione del valore dell’abitazione appena acquistata, a volte sceso al di sotto del mutuo contratto). Tutto ciò mentre mediamente i consumi delle famiglie, quale che sia il metodo statistico impiegato, espongono un aumento costante dal 1997 al 2011, da allora mostrano un declino tanto più marcato per quelle relativamente giovani. Negli ultimi tre anni queste ultime hanno mantenuto essenzialmente inalterate le spese per l’alimentazione ma ridotto drasticamente quelle per abbigliamento, acqua, elettricità e carburante, mobilio e servizi domestici, trasporti, vacanze, divertimenti. Non sono cambiante sensibilmente le spese per comunicazioni e istruzione, segno che anche a fronte di un relativo impoverimento i nuclei più giovani sanno fare scelte intelligenti.
Quanti anni saranno ora necessari per tornare a livelli e tipologie di consumi pre-crisi per le giovani famiglie? I documenti non lo affermano apertamente, ma alcune simulazioni indicano cinque anni di crescita. Se la crescita partirà, come ha fatto oltre le aspettative quella americana.
Giuseppe Pennisi
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