LA
SCALA E LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO
Beckmesser
La
Scala è l’unico teatro italiano che si è ricordato del venticinquennale della
caduta del muro di Berlino. E che celebra l’evento degnamente programmando come
prime due opere della stagione due opere molto differenti ma che hanno come fil rouge la libertà. In effetti la
libertà viene letta attraverso due donne : la prima , Leonore del “Fidelio ovvero L’amore coniugale’ di Ludwig
van Beethoven (prima rappresentazione 21 maggio 1814), combatte astutamente
energicamente per essa , mentre la seconda, Marie, di ‘I Soldati’ di Bernd
Alois Zimmerman (prima esecuzione 15 febbraio 1965) viene . invece, distrutta
proprio dalla mancanza di libertà associata al potere assoluto ed alla
disciplina militare. Due facce della stessa medaglia.
‘Fidelio’
è basato su una “pièce au sauvatage” (“dramma teatrale con finale alla
), genere consueto tra rivoluzione francese e
Direttorio.. Nella Spagna settecentesca, Leonora si traveste da ragazzo per
farsi assumere come secondino dal carceriere Rocco al fine di salvare il
proprio marito Florestano, preda di un crudele signorotto di provincia,
Pizzarro, di cui Florestano ha denunciato i delitti. Sui due coniugi veglia,
fortunatamente, un Re assoluto ma illuminato (una sosta di Federico di Prussia
mecenate di Voltaire). Leonore-Fidelio attira l’attenzione della figlia di
Rocco, Marzelline , facendone inalberare il fidanzato Jaquino. Il salvataggio
arriva mentre Pizzarro sta per uccidere Florestano sia perché Leonore estrae
una pistola sia grazie al provvidenziale arrivo del messo del Re.
Non ha condotto ad un nuovo stile – ciò
sarebbe avvenuto qualche anno più tardi con “Il franco tiratore” di Weber ed
“Il vampiro” di Marschner – ma è un
capolavoro e giustamente ritenuto tale.
Per decenni, le letture sceniche di “Fidelio”
hanno presentato interpretazioni “politicamente corrette” che spostavano
l’attenzione dal tema di fondo – l’eroismo di Leonore–che porta alla lotta la
tirannide. Il “salvataggio”, compiuto da Leonore, viene ratificato da un
“dittatore benevolo”. Lo documenta il monumentale “Beethoven” (1400 pagine) di
Piero Buscaroli e l’inteso carteggio che accompagnò la tormentata lavorazione
dell’opera durata 12 anni . Sarà
interessante vedere come la regista Deborah Warner interpreta
il libretto
Al
debutto a Colonia “I Soldati” venne
acclamato come una delle più importanti opere del Novecento. Bernd Alois
Zimmerman restò isolato nel mondo musicale tedesco in quanto distinto e
distante dalla cultura costruttivistica dominante a Darmstadt. “Arrotondava” lo
stipendio universitario componendo musica da film. Complesso il rapporto con
l’Alto. Pare che, al fronte avesse perso la Fede, ma nel 1957 compose “Omnia
Tempus Habet”. Tratto da un dramma in 34 quadri di Jacob Lenz, mostra la
dissoluzione di una famiglia borghese a Lille, città di confine e, quindi,
piena di caserme. Siamo in una fase di pace in uno dei tanti conflitti
dell’epoca, ma per i “soldati” se non c’è un nemico da combattere, ci sono le
donne da umiliare. In questo contesto, l’opera dipinge la tragedia di Maria,
brava figliola di un commerciante, fidanzata ad un sarto, ma attratta da un
ufficiale aristocratico, ceduta da costui ad altri e portata alla prostituzione
ed alle peggiori malattie. Nel quadro finale, dopo una guerra nucleare, sono
morti tutti i protagonisti tranne Marie e suo padre, che non la riconosce ma le
da un’elemosina, mentre una voce dall’alto intona il “Pater Noster”.
L’allestimento
è coprodotto con Salisburgo dove lo ho visto nel 2013 alla Felsereitschule, con
uno smisurato boccascena in cui le varie azioni vengono, a volte, rappresentate
contemporaneamente mentre nel fondale destrieri (con soldati ed amazzoni) fanno
esercizi da concorso ippico. A questo impianto scenico di Alvis Hermanis ed ai costumi
di Eva Dessecker (in stile guerre mondiali del Novecento) corrispondono tre
grandi orchestre , una in buca e due nei lati della cavea dirette di Ingo
Metzamacher. In buca prevalgono archi, fiati ed ottoni. Ai lati percussioni e
strumenti a corda, dando forti effetti stereofonici. Interessante vedere come
l’allestimento verrà adattato alla Sala del Piermarini. L’azione è veloce: i
quattro atti sono divisi da un unico intervallo. Impossibile citare anche solo
i 12 protagonisti tra i 40 solisti. Tra tutti spicca l’ormai milanese Laura
Aikin, un soprano americano che come poche ha saputo gestire bene la propria
voce: iniziando da parti di coloratura ed approdando alla scrittura più
impervia dove si declina il “do” in tutte le sue accezioni.
Nessun commento:
Posta un commento