Ecco le tre
mosse per salvare l’Italia e l’Europa
03 - 12 -
2014Giuseppe Pennisi
Un seminario di studi organizzato da Febaf e da
Economia Reale, le proposte per uscire dalla crisi e un paio di perplessità...
Il 3 dicembre, proprio mentre il disegno di legge di
stabilità approvato (ricorrendo al voto di fiducia) dalla Camera approda in
Senato, la Federazione Banche Assicurazioni e Finanza (FeBaF) presieduta da
Luigi Abete e l’Associazione Economia Reale hanno organizzato una
riflessione sulla strategia di politica economica.
RIFLESSIONE TRA ECONOMISTI
Ad essa hanno preso parte, tra gli altri, il
Presidente ed il Segretario Generale della FeBaf (Luigi Abate e Paolo Garonna),
il Presidente dell’Associazione Economia Reale (Mario Baldassarri), Emilio
Rossi della Oxford Economics, nonché Sergio de Nardi (Nomisma), Stefania
Tomasini (Prometeia), Pierluigi Ciocca (Accademia dei Lincei), Marco Simoni
(London School of Economics), Marco Fortis (Fondazione Edison), Marcello
Messori (Luiss), Paolo Savona (Emerito Luiss) e molti altri. Una riflessione,
quindi, tra economisti qualificati.
IL RAPPORTO
Il documento di base presentato è stato un libro
curato da Mario Baldassarri Scacco Matto alla Crisi: Tre mosse per
salvare l’Italia e l’Europa e un aggiornamento per
tenere conto degli ultimi sviluppi e delle misure di politica economica
all’esame del Parlamento. Non è certo questa la sede per riassumere le 370
pagine del volume e le 80 dell’aggiornamento, oppure diverse ore
dibattito. L’analisi del volume e dell’aggiornamento è pienamente
condivisibile: l’Italia sembra essere su una china sempre più in discesa –
tanto da considerare preoccupanti gli “esami di riparazione” che l’Unione
Europea ci ha chiesto di fare in marzo-aprile – e la legge di stabilità non è
tale da mordere e fare cambiare marcia.
I TRE CONSIGLI
Le tre mosse suggerite nel libro e reiterate nell’aggiornamento sono
le seguenti:
a) Un ritorno graduale del rapporto di cambio 1 a 1
tra euro e dollaro.
b) Una politica di bilancio espansionista (tagliando
però le spese improduttive delle amministrazioni pubbliche dello Stato e delle
autonomie locali, valutate in almeno 40 miliardi di euro l’anno) a supporto,
complemento ed integrazione di una politica espansionista della moneta.
c) Una riduzione del fardello del debito
pubblico tramite emissioni di titoli di un fondo garantito dal patrimonio immobiliare
dello Stato e delle autonomie.
In tal modo, non solo si uscirebbe dalla recessione e
deflazione ma si potrebbe progressivamente tornare a tassi di crescita del 3%
l’anno e non solo risolvere il problema del debito ma anche e soprattutto
rilanciare produzione, produttività ed occupazione.
Questa è, senza dubbio, una sintesi di documenti molto
articolati e molto ricchi di analisi econometriche.
LE PERPLESSITA’
Tuttavia, ho perplessità sull’obiettivo (un ritorno ad
un tasso di crescita del 3% l’anno) sia sugli strumenti. L’obiettivo non tiene
conto che prima della crisi del 2006 la Banca mondiale, la Banca Centrale
Europea, la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale e l’OCSE
ponevano all’1,3% il tasso potenziale di crescita dell’economia italiana a
ragione dell’invecchiamento della popolazione, delle dimensioni medie aziendali
e dell’obsolescenza degli impianti, Già nei piani triennali del 1981 e del
1982, per le medesime determinanti la crescita potenziale dell’Italia veniva
stimata tra il 2% ed il 2,5%. Nel più recente documento Bce viene posta allo 0%
a ragione degli effetti devastanti della crisi sull’apparato produttivo nonché
dell’ulteriore invecchiamento. Quindi sarebbe più realistico puntare ad un
tasso potenziale di crescita pre-crisi (1.3-1.5% per cento).
LA QUESTIONE DEL CAMBIO
In secondo luogo, il cambio euro-dollaro dipende più
dalla politica monetaria americana che da quella europea; se gli Usa continuano
sulla strada del benign neglect, è difficile pensare di poter
raggiungere, nel breve termine, l’obiettivo della parità tra dollaro ed euro.
E’ da condividersi una politica di bilancio espansionista, ma l’attuale Governo
non intende né uscire dai binari europei né entrare in aree di spesa di
competenza delle autonomie locali (dove c’è molto grasso).
IL NODO DEL FONDO
In terzo luogo, io stesso propongo da anni un fondo
(non solo immobiliare) e tale da ridurre il fardello del debito. E’ stato
effettuato un esame tra le varie proposte in una giornata seminariale al Cnel
ed l’associazione di ricerca Astrid ha presentato un dettagliato documento. Ma
a più riprese il presidente del Consiglio ed il ministro dell’Economia e delle
Finanze hanno affermato di non considerare quello del debito un argomento
prioritario.
Il dibattito è aperto.
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