OPERA/ Le coproduzioni fanno bene alla lirica: "Hoffmann" in tournée
Pubblicazione:
Foto copyright Binci
Approfondisci
OPERA/ Il trionfo di Rusalka a Roma
NEWS Musica
OPERA/ Le coproduzioni fanno bene alla lirica: "Hoffmann" in tournée
ONE DIRECTION/ News: 1D a Roma, Liam Payne rivela un segreto... video (oggi, 4 dicembre)
JUSTIN BIEBER/ News: il padre Jeremy getta un cane dalla finestra? (oggi, 4 dicembre)
LIGABUE/ Le scuse su Facebook: non indosserò mai più pellicce
U2/ Due date a Torino il 4 e 5 settembre 2015: è ufficiale. Le info sui biglietti
JUSTIN BIEBER/ News: il cantante incontra i New England Patriots (oggi, 3 dicembre 2014)
Les contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach è un’opera che in Italia ha
riscosso un crescente successo soltanto negli ultimi quindici anni, dopo un
lungo periodo d’oblio. Eppure, dopo il debutto a Parigi nel 1881, aveva
raggiunto il palcoscenico del Teatro dell’Opera di Roma già nel 1905 (quindi,
per l’epoca, dopo un lasso di tempo non eccessivo). E’ un’opera ‘fantastica'.
Come si è avuto occasione di sottolineare più volte su questa testata,
questo è un genere che non ha mai avuto molto gradimento presso il pubblico
italiano. Inoltre, è un’opera dal sapore agro-dolce. Offenbach è noto
principalmente per le sue operette – segnatamente per Orphée aux Enfers e
La Belle Helaine , piccanti satire della Francia del Secondo Impero-
mentre in Les Contes i momenti ‘brillanti’ si situano nella parabola
amara del poeta quarantenne alla ricerca di una compagna (nei mondi e nei modi
più differenti) ma costretto a restare nella propria solitudine (e con
l’affetto unicamente della Musa che lo ispira).
In aggiunta, è un’opera rimasta incompleta a ragione della morte
dell’autore ; quindi, nonostante esista una versione di riferimento (quella
pubblicata nel 1907), direttori artistici e registi si sbizzarriscono nel
comporre la sequenza dei tre atti, incastrati tra un breve prologo ed un’ancor
più breve epilogo. Ciascuno dei tre atti ha, ovviamente, una protagonista
femminile, ma con vocalità marcatamente differenti: dal soprano lirico di
coloratura al soprano drammatico. Raramente si dispone di un unico soprano per
i tre ruoli .
In questi ultimi anni l’’opera fantastica’ di Offenbach ha avuto un
crescente successo. La scorsa stagione un’edizione semplice ma pregevole è
stata vista nel circuito toscano ed a Novara. Questa stagione si confrontano
due edizioni differenti che hanno una caratteristica comune: essere co-prodotte
con teatri francesi. La prima ha debuttato a Rouen, e circuita sino alla fine
dell’anno nei teatri della Lombardia e delle Marche. La seconda, dopo il
debutto a Tolone, si vedrà in Emilia. E’ un’idea intelligente che permette di
fare sinergie e di suddividere i costi di produzione tra più teatri. Nel caso
specifico di Les Contes ha anche il vantaggio di dare quella patina
tutta francese (piccante anche se melanconica) che è spesso mancata in
produzioni più ricche di fondazioni liriche. Sovente, la vera innovazione si ha
nei ‘teatri di tradizione’ che alcuni critici continuano a considerare ‘figli
di un Dio minore’. Il teatro di Rouen è di medie dimensioni, ma lo spettacolo
può essere adattato anche a palcoscenici più piccoli; in Francia ad esempio, si
è visto al teatro reale della Reggia di Versailles-
La produzione ha inoltre l’obiettivo di mettere in luce il talento
dei vincitori del 65° Concorso per giovani cantanti lirici d’Europa. La regia
di Frédéric Roel, attualmente direttore artistico e generale dell’Opéra
de Rouen, sfronda l’apparato di qualsiasi orpello tipico dell’ “opéra-
comique”. L’elemento centrale della scena è costituito da un grande cubo: una
vera e propria scatola che ruotando rivela prima la bambola Olympia ma scompare
nella scena di Giulietta (uno scintillante boudoir di specchi) e riapparire
come stanza di Antonia. La scenografia ed i costumi (di Lionel Lesire) sono
raffinati. Le luci alternano con sapienza i momenti scuri con quelli di una
luminosità abbagliante. Molto efficace il primo atto – quello dell’amore per
una fanciulla rivelatisi una bambola meccanica con il palcoscenico
popolato da automi (gli artisti del coro) in uno spazio essenzialmente
vuoto: i loro movimenti rigidi contrastano con la sinuosità della bambola. Il
salone veneziano della escort Giulietta pullula di avventori che si
celano dietro scuri e parrucche magniloquenti . Nel terzo atto, la stanza
di Antonia è lugubre, mortuaria sin dall’alzarsi del sipario.
utta la compagnia è giovane . Il maestro concertatore
Christian Capocaccia si muove abilmente e sa rendere bene il sapore più amaro
che dolce del lavoro. L’orchestra è quella dei I Pomeriggi Musicali che
normalmente suona con perizia al Dal Verme di Milano ; abili tutti in
particolare gli strumenti a fiato, mentre il Coro del Circuito Lirico Lombardo,
diretto da Diego Maccagnola, si distingue per l’ottima tenuta e per la bella
ricerca di colori.
Di gran livello le voci femminili, specialmente la
giovanissima Larissa Alice Wissel che a Jesi ha interpretato il ruolo di
Antonia ma , per una serie di circostanze, a Pavia ha dovuto essere anche
Olympia e Giulietta, sfoggiando tre vocalità molto differenti. Ha una voce
ricca e molto estesa, che potrà darle grandi soddisfazioni ma dovrà
essere curata con grande attenzione. Potrebbe essere una nuova Damrau ma se
accetta ruoli non ancora adatti a lei potrebbe avere una carriera breve
come quella della Gasdia. Bianca Tognocchi ha svettato nella coloratura di
Olympia e Maria Mudriak è stata una Giulietta più sensuale che passionale.
Brava Alessia Nadin nel ruolo di Niclausse, la Musa.
Tra le voci maschili, Mickael Spadaccini è un Hoffmann
scenicamente appropriato e vocalmente generoso ma dovrebbe dare più attenzione
all’eleganza , non solo il vigore, degli acuti ed acquisire maggiore
morbidezza. Il basso baritono Abramo Rosalen incarna il Male attraverso i
quattro ‘cattivi’ della storia: Lindorf, Coppélius, Dapertutto e Miracle. Di
alto livello sia scenicamente sia localmente. Bravi gli altri nelle numerose
parti minori.
Teatro gremito e plaudente.
© Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento