Così Francia e
Italia rispondono alle sculacciate di Juncker
10 - 12 - 2014Giuseppe Pennisi
Commentando l’Ecofin, numerosi editorialisti hanno
posto l’accento sull’ampliamento (vero o presunto) del fronte anti-tedesco
(specialmente a ragione del caos che da Atene sta contagiando le Borse di mezza
Europa). Pochi hanno riportato (e senza grande enfasi) i rimbrotti (sarebbe
meglio parlare di sculacciate) di Jean-Claude Juncker, presidente della
Commissione Europea, all’Italia, inasprite dalla minaccia di “conseguenze
spiacevoli” (per noi tutti) se in primavera non passeremo gli esami di
riparazioni.
In effetti, tenendo presente che il terzo Paese
“rimandato” (il Belgio) è piccolo e (sui mercati finanziari) conta poco,
Juncker conosceva in anticipo le misure approvate questa mattina 10 dicembre
(in vista degli esami tra quattro mesi circa) dal Consiglio dei Ministri
francese della Francia. In effetti, mentre in Italia ci si sollazza su come
garantire in Costituzione che Villa Lubin diventi appannaggio della Corte dei
Conti in un clima romano che ricorda la Mahagonny di Brecht e
Weill (la città dove ormai il crimine è al comando e tutto l’illegale è lecito,
anzi incoraggiato), il 36enne Emmanuel Macron ha tessuto la tela con i
suoi colleghi e messo a punto un disegno di legge quadro di “Crescita e
Attività” approvato il 10 dicembre alle 13 dal Consiglio dei Ministri e per il
quale è prevista una “corsia preferenziale” all’assemblea nazionale. Macron ha
detto che il provvedimento sarà varato entro febbraio e in marzo la Francia si
presenterà a Bruxelles, anche con i primi decreti delegati.
Il provvedimento è di vasta portata. Dato che nel
settore manifatturiero la concorrenza (e, quindi, le liberalizzazioni) sono
regolate e vigilate a livello europee, la prima delle misure riguarda i
servizi. Nel settore dei trasporti locali, le autolinee private sono messe in
competizioni tra di loro e con il mitico, e sino ad ora monopolista, chemin
de fer. In materia di giustizia civile vengono poste tempistiche serrate
per risolvere controversie e, nel settore edilizio-urbanistico, per promuovere
anche l’ingresso di “nuovi entranti”.
Per favorire gli investimenti, vengono varate misure
per incoraggiare i lavoratori ad investire i propri risparmi nelle imprese di
cui sono dipendenti, diventandone azionisti (anche a livello di piccole e medie
imprese). Altre misure riguardano il social housing, anche al fine
di migliorare le periferie. Viene poi modificato il sistema lavoristico: le
domeniche in cui i negozi ed i servizi resteranno aperti saranno definite a
livello locale da ciascun sindaco, ma non potranno essere meno di cinque e più
di dodici l’anno. Vengono modificate le regole di accesso alle professioni
(anche a quella, potentissima oltralpe, dei notai) e definito che gli
studi professionali possano avere “soci di capitale”.
Un vero programma “rivoluzionario” e liberale, anche
se varato da un Governo socialista. Mette l’accento su quelle liberalizzazioni
dei servizi e delle professioni che in Francia è sempre stato molto difficile
effettuare (e dove neanche in Italia si è brillato).
Vedremo quanto andrà effettivamente in porto e se
verrà attuato il programma di “denazionalizzazioni” annunciato quasi in
parallelo. Si tratta pur sempre di quelle “riforme di struttura” per rilanciare
la produttività che Bruxelles si aspetta.
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