LEGGE DI
STABILITA'/ I "regali" di Renzi che mettono nei guai l'Italia
Pubblicazione: lunedì 29 dicembre 2014
Matteo Renzi (Infophoto)
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NEWS Economia e Finanza
Non sappiamo se a Bruxelles hanno inforcato gli
occhiali “arcigni” per esaminare La legge di stabilità dell’Italia quale
approvata dalle Camere e promulgata. È probabile che sia stato fatto. Ma non
detto. Non si vuole certo mettere altra benzina sul fuoco in un momento in cui,
dentro la stessa maggioranza, ci sono polemiche (ove non proprio veri
contrasti) sui primi decreti applicativi del Jobs Act. Inoltre, si sta
entrando in alcune settimane molto difficili con l’elezione del nuovo
Presidente della Repubblica e, forse, con l’approvazione della nuova legge
elettorale. Quindi, tutti hanno interesse a non sollevare altri problemi prima
dell’”esame di riparazione” stabilito per la fine di marzo-l’inizio di aprile.
In coincidenza quasi con la prima “trimestrale di cassa” che dovrebbe fare luce
sui conti pubblici per il 2015.
Negli uffici della Commissione europea, tuttavia, è
iniziata quella che un dirigente di nazionalità spagnola chiama la cronaca
delle buche annunciate. Esse sono di due natura: un aumento del disavanzo dovuto
a un gettito inferiore a quanto stimato nei documenti programmatici del Governo
a ragione del perdurare della recessione; l’esito di norme e normette aggiunte
all’ultim’ora (ma in alcuni casi presenti sin dalla prima stesura del disegno
di stabilità - 554 pagine invece delle 4-6 pagine previste dalla riforma del
1988). Nel primo caso, il responsabile sarebbe “il destino cinico e baro” e si
potrebbe invocare l’attenuante delle “circostanze eccezionali”. Nel secondo, si
tratta unicamente di non essere riusciti a trattenere la marea del “volere
accontentare un po’ tutti”, senza curarsi troppo delle coperture, come avveniva
negli anni Ottanta.
Occorre dare atto che nelle notti della messa a punto
della legge, il Governo è riuscito a frenare alcune “marchette”, quali la
richiesta di aumentare il numero dei dirigenti del ministero dell’Economia e
delle Finanze per meglio trattare i fondi strutturali europei (di competenza
invece della neonata “Agenzia per la Coesione”) oppure quella di sbloccare
l’appalto della strada di Telese, tra Caianello e Benevento, o di riprendere in
mano l’idea della ferrovia tra Roma e Pescara, oppure la riforma di enti e
uffici studi del ministero dell’Agricoltura, che si sarebbero dovuti eliminare
del tutto, o anche nuove assunzioni per il Parco del Gran Paradiso.
Tuttavia, il maxiemendamento del Governo è stato una
miniera di misure particolaristiche, approvate con la “fiducia”. Si tratta di
misure che non dovrebbero trovare spazio in un provvedimento per sua natura
generale come la Legge di stabilità e che si sarebbe dovuto sottoporre a
un’attenta analisi dei costi e dei benefici sociali. C’è un po’ di tutto: dai
sussidi agli aliscafi nel Ponte sullo Stretto di Messina (30 milioni) ai 15
milioni per lo svincolo Andora-Finale Ligure. Passando per la cosiddetta
“semplificazione del regime autorizzativo per il trasferimento e lo stoccaggio
di idrocarburi”, a cui viene esteso il regime delle opere strategiche già
concesso agli impianti. Questa misura velocizza l’iter dl contestato progetto
Eni a Tempa Rossa, in Basilicata. All’Eni - e a colossi come Hera - piace
sicuramente anche l’aumento dell’Iva dal 10” al 22% sul “pellet da
riscaldamento” - segatura essiccata e compressa che si usa per le stufe - che
mette fuori mercato un concorrente del gas.
Nonostante i molteplici appelli alla “pubblica
morale”, si strizzano gli occhi ai gestori di giochi tramite un sostanziale
condono per i “soggetti che offrono scommesse con vincite in denaro senza
essere collegati al totalizzatore nazionale di regolarizzare la propria
posizione”. Devono solo, entro il 31 gennaio, presentare all’Agenzia dei
monopoli “una dichiarazione di impegno alla regolarizzazione fiscale per
emersione” e versare 10.000 euro. Altro regalo agli autotrasportatori:
dovevano subire il taglio del 15% del credito d’imposta sul gasolio, ma hanno
ottenuto un rinvio addirittura al 2019. Non poteva mancare un dono alle casse
esangue dei partiti: la detraibilità dei versamenti effettuati ai partiti
politici (la bellezza del 26%) vale anche per le “donazioni”.
Piccola rivoluzione particolaristica per le frequenze
TV. Finora l’Agcom aveva il compito di assegnare quelle non utilizzate a
livello nazionale alle televisioni locali: ora l’Autorità potrà dare queste
frequenze anche a Rai, La7 e Mediaset. Gli armatori ricevono 5 milioni l’anno
per i prossimi venti per “progetti innovativi nel campo navale”. Cinque milioni
e mezzo sono stati stanziati all’ultim’ora per la tutela e la promozione del
“patrimonio culturale e storico”. Come spenderli li deciderà però il ministero
delle Infrastrutture dopo avere consultato quello dei Beni culturali. Anche
l’Expo Spa ha ottenuto qualcosa: fare gare d’appalto senza passare per Consip e
7,5 milioni di euro per interventi sul Duomo di Milano.
Naturalmente, sono riaffiorati i “terremotati
storici”: 30 milioni l’anno fino al 2017 per “i soggetti colpiti dal sisma del
1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa”, 5 milioni
per le zone colpite dal terremoto del 2002, quello in cui crollò la scuola di
San Giuliano.
Si potrebbe continuare, ma si rischia di assomigliare
a un elenco telefonico. Il vero nodo è che una miriade di misure frammentate
rendono impossibile sia un’analisi economica del merito di ciascuna di esse,
sia una verifica contabile della copertura finanziaria. Il percorso appare
coperto da buche, come, per intendersi, quello delle strade di Roma. Ciò lo
rende più difficile. E più facile uno sforamento dei vincoli europei.
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