SPILLO/ Rimandati e declassati, per l'Italia
arrivano i "compiti delle vacanze"
Pubblicazione: lunedì 8 dicembre 2014
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NEWS Economia e
Finanza
Ci è stato chiesto dai “poteri costituiti” di prendere con “spirito
sportivo” la decisione dell’Unione europea di “rimandarci” alla “stagion dei
fiori” (invero con Francia e Belgio) per un nuovo esame dei conti pubblici e
dei progressi effettivi delle riforme. Quando il 5 dicembre Standard &
Poor’s ha declassato a BBB- i nostri titoli di Stato (il gradino appena
superiore a quello dei “titoli spazzatura”) ci è stato detto da compiacenti
mezzi busto televisivi che le agenzie di rating sono una cricca che comunque
ormai conta poco. Purtroppo, proprio il 5 dicembre, un saggio di Iftekhar Hasan
della Fordham University di New York, di Suk-Joong Kim della University of
Sydney e di Eliza Wu dell’University of Technology di Sidney veniva pubblicato
dalla Bank of Finland (Discussion Paper n. 25/2014): in esso si afferma che le
agenzie pesano molto, specialmente nella valutazione che gli operatori danno al
rischio di debito sovrano (che in Italia marcia verso il 135% del Pil).
Sempre il 5
dicembre, in quella Villa Lubin tanto agognata dalla Corte dei Conti che si è
posto un articolo ad hoc nella riforma della Costituzione tra breve all’esame
della Camera, veniva presentata la quarantottesima edizione del Rapporto Censis
il cui tema di fondo è il capitale inagito di un’Italia dove famiglie,
banche e imprese sono molto liquide, ma non investono per timore del futuro
(nonostante i “road show” del volenteroso Presidente del Consiglio per
infondere fiducia).
Ancora il 5
dicembre, nella Sala Emeroteca della Banca d’Italia, si è svolto dalle 9 alle
18 il consueto convegno annuale di fine anno della Banca d’Italia (solo per
inviti): sono stati discussi dieci lavori scientifici sul tema “l’impatto della
crisi sul potenziale produttivo e sulla spesa delle famiglie” - i lavori, come
spesso avviene, saranno oggetto di un volume in primavera.
C’è un forte
nesso tra queste notizie: il declassamento deciso da Standard & Poor’s è la
punta di un complesso iceberg denso di implicazioni (come ci ricorda la Banca
centrale finlandese), il lavoro Censis ne sviscera gli aspetti sociologi, gli
studi della Banca d’Italia ne esaminano quelli economici. Non è questa la sede
per analizzare il Rapporto Censis o i documenti (a volte molto tecnici)
presentati al convegno della Banca d’Italia. Tuttavia, il lavoro Censis mostra
un’Italia delusa che si appresta a celebrare un Natale mesto. Gli studi della
Banca d’Italia rappresentano un importante blocco di lavori per definire
politiche a lungo termine non necessariamente in linea con quelle annunciate da
Palazzo Chigi. Auguriamoci che Piazza di Priscilla (sede del Censis) e Via
Nazionale (sede della Banca d’Italia) non vengano additati come covi di gufi.
Invece, il Natale dovrebbe essere l’occasione per studiare e fare contrizione
nei confronti del peccato capitale dell’orgoglio.
In sintesi che
lezione si trae? Mutuando dal titolo di un libro di successo di Carmen
Reinhart This Time is Different. Questa crisi (che riguarda una
piccola parte dell’economia mondiale, l’eurozona, mentre il resto è in buona
salute) è differente da quelle degli ultimi ottocento anni perché nella sua
prima parte (2008-2010) ha sconvolto la finanza mondiale e nelle seconda
(2012-2014) ha messo a nudo i danni, sulle strutture economiche, di un debito
sovrano fuori controllo.
La lezione
principale è che è urgente affrontare (specialmente in alcuni paesi europei,
tra cui l’Italia è in prima fila) il debito sovrano non tanto per le risorse
che assorbe in interessi passivi, ma perché blocca le politiche
essenziali per tornare a crescere. O almeno per non distruggere
ulteriormente l’industria manifatturiera, non aggravare la situazione delle
giovani generazioni, non comprimere ancora i consumi delle famiglie a più basso
reddito, non continuare ad aumentare la pressione fiscale e parafiscale
complessiva (inclusa quella degli enti locali).
Dai lavori esce
un messaggio forte: cambiare strada. Se si è ancora in tempo.
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