Vi spiego
perché Juncker mi ha deluso
16 - 07 -
2014Giuseppe Pennisi
Il discorso del neo eletto presidente della
Commissione europeo letto - con matita rossa e blu - dall'economista Giuseppe
Pennisi, che dice: Juncker non si è reso conto che l'Europa è in recessione e
che serve rottamare il Fiscal Compact...
Jean-Claude Juncker è stato eletto Presidente della Commissione
europea con 422 voti a favore e 250 contrari. La maggioranza richiesta
era di 376. Può quindi contare su una solida maggioranza (almeno per il
momento).
L’elezione rappresenta comunque un fatto storico
nell’evoluzione delle istituzioni europee perché sino ad oggi la nomina del
presidente della Commissione Europea è stata il frutto di negoziati tra i
leader degli Stati membri. Occorre quindi salutare positivamente l’introduzione
di procedure democratico in un meccanismo istituzionale che ha sempre accusato
un forte deficit di democrazia.
Meno entusiasmante il discorso programmatico di
Juncker. Da un lato, le ormai viete affermazioni di federalismo quali: “Rinunciamo
al nazionalismo” perché in Europa “si vince e si perde tutti insieme“.
Inframmezzate da ovvietà come “le energie rinnovabili sono la premessa per
l’Europa del domani“, frase che suona quasi una beffa all’indomani della
“grande coalizione” tedesca di rinunciare, su pressione social-democratica, al
nucleare.
Altri aspetti sembrano contraddittori. Ad esempio,
la “prima priorità” è “rafforzare la competitività e stimolare
gli investimenti“, quindi “nei primi tre mesi” presenterà un “ambizioso
pacchetto per lavoro, crescita e investimenti” che attraverso la Bei e il
bilancio europeo “mobilizzerà fino a 300 miliardi in tre anni“.
Obiettivo condivisibile; accompagnato, però, da uno strumento inadeguato e
sotto il profilo della dimensione finanziaria e sotto quello della
disponibilità di progetti effettivamente cantierabili.
Poco coerente poi con l’affermazione secondo ui “il
Patto di stabilità non lo modificheremo” perché “la stabilità è
stata promessa con l’introduzione della moneta unica“. Rafforzata
dalla constatazione apodittica, secondo cui “ci sono
margini di flessibilità che devono essere utilizzati: lo abbiamo fatto nel
passato e lo faremo anche di più nel futuro”.
Altri passaggi del discorso programmatico sono stati
ampiamente riportati dalla stampa. L’impressione è che il testo non sia stato
aggiornato dopo gli ultimi (deprimenti) dati Eurostat sulla produzione industriale
nell’UE. Juncker non pare rendersi conto che l’UE sta scivolando in recessione
di lungo periodo, un male oscuro più pernicioso dell’inflazione e che in
passato proprio in Europa ha avuto esiti politici molto gravi.
La Commissione Europea, che è stato eletto a
presiedere, dovrebbe essere estremamente preoccupata e promuovere un programma
per uscire dalla recessione anche sospendo temporaneamente il Patto di
stabilità e il Fiscal Compact, dando fiato alla ripresa dei
consumi e promuovendo investimenti non solo pubblici ma soprattutto privati.
Ciò richiede misure urgenti in materia di riduzione del carico tributario, di
rimodulazione delle tariffe, di rischedulazione del debito pubblico che, in
maniera differente, riguardano tutti i Paesi dell’UE.
Il resto è silenzio. Come nell’Amleto di
Shakespeare sussurra il Principe di Danimarca morendo.
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