OPERA/ Il Ring del Tirolo: qualche lezione per i
nostri teatri
Pubblicazione: giovedì 24 luglio 2014
Immagini
dagli eventi del Tirolo
NEWS Musica
Sono tornato
con gioia al ‘Der Ring’ (‘L’Anello del Nibelungo’) di Richard
Wagner, nell’allestimento (aggiornato ma non stravolto) del Festival del Tirolo
che avevo gustato nel 2005. Il lavoro dura quindici ore: un prologo di
due ore e mezzo e tre ‘giornata’ ciascuna di tre atti per cinque-sei ore per
opera intervalli compresi. E’ un’intrapresa che può portare al dissesto i
teatri anche perché richiede 180 strumentisti in orchestra e circa 60 solisti,
se vengono offerti più cicli. Al Festival del Tirolo non si rappresentava del
2005, ma è in programma già l’anno prossimo: le prenotazioni sono aperte tanta
e tale la richiesta. Nel 2014 vengono offerti (sino al tre agosto) in due,
ciascuna opera è separata dalle altre; in uno si inizia la mattina di una
domenica e si termina nel pomeriggio del lunedì con una pausa dalla 3 alle 11
del mattino per consentire ad artisti e pubblico di riposare.
Il Festival si
tiene a Erl, a 75 chilometri da Innsbruck ed a 70 da Monaco di Baviera),
nonché ad un’ora e mezza di auto da Salisburgo. E’ nato circa tre lustri per
iniziativa di Gustav Kuhn, direttore d’orchestra (Karajan lo considerava il suo
erede), regista e scenografo. Ha lavorato a lungo in Italia dove è stato tra
l’altro direttore artistico dell’Opera di Roma, del San Carlo e di Macerata
Opera e dove, in Gargafagnana, ha affittato (a vita) il Convento dell’Angelo
dei Padri Passionisti per farne un’accademia di alta formazione.
Il Festival è
iniziato come un’occasione estiva nella la Passionsspielhaus, un auditorium per
1500 posti costruito dalla comunità di Erl negli Anni Cinquanta e dove ogni
otto anni i cittadini del villaggio Erl rappresentano la Passione. Non c’è il
golfo mistico; quindi l'orchestra è disposta in fondo, a vista, su alti
gradoni, in alto le arpe, e poi, a scendere, ottoni, fiati, archi. L'azione
delle opere si svolge davanti all'orchestra che, con un sapiente gioco di luci,
ne diventa protagonista. Da alcuni anni, però Kuhn è riuscito ad ottenere ciò
che unicamente Richard Wagner ha avuto: un teatro di 800 posti (la
Festivalspielhaus) dove in autunno ed inverno si propongono opere ed in estate
si completa l’offerta della Passionsspielhaus. La bellissima costruzione,
perfettamente integrata nello scenario delle Alpi Baveresi, è stata interamente
finanziata da privati.
Il vostro
“chroniqueur” è un melomane inveterato da quando aveva l’età di 12 anni. E’
anche un economista. Sa, quindi, che i trattati sull’economia delle arti
sceniche spezzano molte lance a favore del supporto pubblico. Dato che nelle
arti sceniche il progresso tecnologico è modestissimo (ove non nulla) – per la
Nona di Beethoven ci vuole lo stesso organico necessario ai tempi in cui venne composta
e non si possono sostituire orchestrali e cantanti con sintetizzatori
elettronici ed altri marchingegni – senza la mano del Principe, elementi
essenziali della nostra cultura sono destinati a perire. Occorre, però, che la
“triste scienza” (l’economia) entri anche in come si organizzano, gestiscono e
finanziano le manifestazioni. Dobbiamo, ad esempio, chiederci se l’estate
italiana debba essere contrassegnata da 50 festival di musica lirica, se il
Rossini Opera Festival meriti un budget di 6 milioni di euro l’anno, se i due
festival spoletini ne valgano altri 6, se l’Arena di Verona con i suoi 16.000
posti non debba essere in grado (con il programma adatto) di finanziarsi da
sola. Dobbiamo soprattutto domandarci cosa fare perché la cultura (tramite le arti
sceniche, e specialmente tramite la più bizzarra ed altera di tutte, l’opera
lirica) non resti appannaggio di un’élite, ma si diffonda diventando punto di
riferimento di partecipazione
Un esempio
importante (che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
dovrebbe seguire ed indicare ai nostri organizzatori di spettacoli lirici) è lo
sviluppo dei Festivall del Tirolo a Erl.
Prima di
commentare brevemente l’appassionante “Ring” seguito in quattro giorni vediamo
alcuni aspetti di politica dello spettacolo:
·
Il budget. E’ un terzo di quelli del Rossini Opera Festival dei due Festival
spoletini. Il 30% viene dalle casse dello Stato, della Provincia e dei Comuni
interessati. Il resto dalla biglietteria , da sponsor ( una ventina di ditte
del luogo) e da vendite di spettacoli ad altri teatri ed a canali televisivi.
·
La partecipazione comunitaria. Molto forte. Ad esempio, 55 bambini lavorano
gratis ne “L’Oro del Reno” come comparse (i nani nibelunghi), 30 ne “La Valchiria”
(le fiamme dell’incantesimo del fuoco). I pompieri di Erl staccano i biglietti
e soprattutto portano a spalle le navicelle di Sigfried e di Gunter nei viaggi
sul Reno de “Il Crepuscolo degli Dei”. La cavallerizza del capoluogo è
mobilitata per “La Valchiria”. 75 coristi uomini e 30 donne (per il
“Crepuscolo”) vengono da formazioni locali. Mesi di lavoro insieme
contribuiscono non solo ad apprezzare la musica ma anche a dare vita ad un
forte capitale sociale.
·
Gli italiani. Il festival è un’idea di Gustav Kuhn, direttore d’orchestra e
regista di Salisburgo che opera, però, soprattutto in Italia, dove venne
apprezzato soprattutto da Piero Buscaroli. L’organico orchestrale prevede
ben 180 professionisti; 50 sono italiani, gli altri vengono da 14 Paesi. Due
dei protagonisti principali del “Ring” sono italiani che – mistero doloroso dei
nostri teatri – da noi solcano raramente il palcoscenico mentre stanno facendo
una grande carriera in Germania, Austria ed Europa centrale in senso lato.
Il “Ring” del
Tirolo si differenzia dalle altre versioni che si sono viste nel 2013
(bicentenario della nascita di Wagner) questi per vari motivi. Vediamo i
principali:
L’impianto scenico è essenziale (dando un ruolo di vera protagonista
all’orchestra) ed il budget minimo. Viene utilizzato, però, tutto lo spazio
disponibile per ottenere effetti speciali (incantesimo del fuoco, cavalcata
delle Valchirie, ascesa al Palazzo degli Dei, viaggio sul Reno). Si è supplito
con fantasia e grande accento sulla recitazione (ottima) . Si è eliminato sia
il ciarpame tardo maxista sia il vecchiume proto germanico (come immaginato
nella seconda metà dell’Ottocento); la regia spiega il libretto non si
sostituisce ad esso: Come voleva Wagner, ne fa un grande e complesso dramma
sulla fine del politeismo degli antichi Dei tedeschi e la nascita di un
monoteismo con un forte contenuto etico. Wagner, ricordiamo, era un luterano
osservante. Il cattolicismo di Kuhn è dimostrato dall’alternare in questo
festival 2014 il ‘Ring’ con le sinfonie di Bruckner (il più rigorosamente
cattolico dei compositori tedeschi).
·
Kuhn padroneggia l’orchestra e l’azione con puntualità. Mantiene egregiamente i
tempi quali prescritti da Wagner e per accentuarne il protagonismo fa
partecipare l’orchestra all’azione; ad esempio, le sei arpiste in lungo rosso
diventano parte integrante dell’”incantesimo del fuoco”.
· Dato
che di massima i cantanti sono giovani, c’è molta atletica. I due
giganti sono giocatori di baseball e da hockey, Thor di golf, Donner di
lancia-martello, le Valkirie scorazzano in mountain bike, Brunilde fa vere e proprie
capriole (a letto con Sigfrido, un fustone da scalate alpine). Gutrune
veste un tailleur di Chanel e Fricka spicca per l’eleganza di tutte le sue
mises.
·
I cantanti sono in gran misura sconosciuti in Italia. Anche se italiani ( come
il baldanzoso Siegfried di Gianluca Zampieri, la toccante Brunnhilde di Elena
Comotti D'Adda).Facciamoli conoscere nelle prossimi stagioni liriche e
festival. Se lo meritano.
© Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento