Un paio di
consigli non richiesti a Renzi per evitare il baratro all’Italia
14 - 07 -
2014Giuseppe Pennisi
Ora che la riforma del Senato e del Titolo V della
Costituzione, e la tanto da lui agognata soppressione del Cnel, sembrano
“blindate” (ma nelle vesti del Presidente del Consiglio non sarei così sereno),
Palazzo Chigi si vorrebbe finalmente dedicare al problema più grave
dell’Italia: la bassa crescita economica e il rischio che il 2014-15 non siano
anni di debole ripresa (i venti maggiori istituti econometrici internazionali
la stimano sullo 0,2% l’anno) ma di una nuova recessione (di cui sarebbe
premonitrice la contrazione dei consumi in Germania).
Il ministro dell’Economia e delle Finanze – un
economista noto e di rango – parla poco ed in modo molto misurato. Invece, il
sottosegretario alla presidenza del Consiglio – un medico da sempre in carriera
politica – concede interviste a destra a manca su temi economici. Lo stesso
presidente del Consiglio si avventura su questi argomenti in interviste
domenicali a Il Corriere della Sera, non tanto per delineare
strategie quanto per rassicurare che tutto sta per migliorare e che non bisogna
innervosirvi per spauracchi come l’apparentemente inarrestabile crescita del
rapporto tra lo stock di debito pubblico e Pil.
Non mancano medici al capezzale di uno dei due “grandi
malati” dell’eurozona (l’altro è la vicina Francia). Parte delle terapie
suggerite sono ineccepibili: rilancio dell’investimento pubblico e privato,
liberalizzazioni dei mercati dei beni e dei servizi (oltre che, per il poco che
resta da fare, di quello del lavoro), privatizzazioni. Ci sono, però, ostacoli:
arduo vedere come aumentare l’investimento senza una modifica della legge
costituzionale rafforzata di bilancio e del Fiscal Compact. Le liberalizzazioni
e le privatizzazioni non sembrano parte della cultura di chi è nato e cresciuto
nel “socialismo reale municipale”.
Il nodo maggiore è, però, quel debito pubblico che
viene considerato una parolaccia da non pronunciare di fronte a signore. I
venti maggiori istituti econometrici citati in precedenza sono stati
chiarissimi nella ultima stima di consensus (ossia su cui convergono
tutti e venti – sono tutti privati, nessuno è italiano): nel 2014 (di cui è già
trascorsa oltre la metà) il tasso di interesse medio sui titoli di Stato
decennali dell’Italia sarà il 2,88% rispetto un media per l’intera eurozona
dell’1,23%. Questo dato è molto più eloquente di tanti onanismi sullo spread.
Peccato che i giornalisti televisivi si attardino sui secondi e non riportino
la crudezza del primo (e il significato che il rapporto debito/Pil è destinato
ad aumentare mentre il valore dei titoli italiani a calare). Voglio sperare che
abbiano solo bisogno di corsi di alfabetizzazione finanziaria.
Lo stesso Fondo monetario – come già avvertito su questa testata – ha
affermato che ci potrebbe essere una crisi del debito italiano tale da
contagiare il resto d’Europa. L’ex direttore del servizio studi della Bce, Lucrezia
Reichlin (economista di rango e non certo con simpatie per la Destra Storica)
ha utilizzato le colonne de Il Corriere della Sera per suggerire
che occorre pensare a ristrutturare il debito pubblico degli italiani.
Oggi la situazione è più grave di quanto non fosse il
30 giugno scorso quando segnalammo il pericolo e ricordammo che non mancano
piani per affrontarlo. In questa settimana scade il termine per la
conclusione del negoziato tra Argentina e una categoria di suoi creditori. Se
la trattativa non porterà risultati si potrebbe innescare un crisi dal “Cono
Sud” dell’America Latina ad altri Paesi non solo dell’Emisfero Occidentale; in
Europa proprio in questi giorni ha chiuso i battenti la quarta maggiore banca
bulgara, indicazione non certo incoraggiante.
Quale che sia la soluzione è preferibile che non venga
formulata nell’incalzare di una crisi e che abbia il consenso delle parti
sociali e dei gruppi intermedi. Nel 2012, Il Cnel mise a confronto le proposte
sul tappeto. Perché il presidente del Consiglio in persona non si rivolge al
Cnel affinché (prima della propria soppressione) il raffronto venga ripetuto
(con gli aggiornamenti del caso) e si cerchi d’individuare una strategia
condivisa?
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