L’altra
rassegna
In Tirolo “L’anello” è una lotta tra fedi
In Tirolo “L’anello” è una lotta tra fedi
GIUSEPPE PENNISI
ERL (AUSTRIA)
L’ anello del Nibelungo del Festival del Tirolo è molto differente da quello in scena a Bayreuth sino al 2016. In primo luogo, la produzione tirolese ha un costo che è circa un quinto di quella bavarese. In secondo luogo, ha un cast giovane con alcune vecchie glorie (come Franz Hawlata) in cammeo. In terzo luogo, riprende il
Ring presentato integralmente a Erl, sede del festival del Tirolo, nel 2004-2005 dopo avere messo in scena un’opera l’anno. Il successo è tale che sono già aperte le prenotazioni per il 2015. Erl è un paesino trasformato in centro musicale da circa quindici anni per intuizione di Gustav Kuhn. Il Festival ha presto avvio nella Passionsspielhuas di 1.500 posti (inizialmente costruita per la sacra rappresentazione della Passione ogni otto anni); accanto alla Passionsspielhuas, c’è ora un’elegante Festspielhaus di 800 posti che ospita un Festival invernale e rappresentazioni autunnali nonché, in estate, concerti sinfonici e musica da camera.
A Erl L’anello , di cui si mettono in scena tre cicli completi, viene alternato con cameristica e con le ultime sinfonie Bruckner. L’accostamento con Bruckner non è casuale: Kuhn è cattolico, Wagner aveva radici luterane. Ciò spiega perché il Ring di Erl a differenza delle molteplici edizioni presentate nel 2013 non viene letto come un’allegoria sociopolitica della lotta di classe (come in recenti allestimenti alla Scala, al Massimo di Palermo, a Venezia) ma come una complessa vicenda dinastica in cui gli antichi dèi del politeismo tedesco e i loro fedeli (i Ghibicunghi) lottano per brama di potere e di denaro mentre nasce un mondo nuovo sul sacrificio di chi ha una visione etica e trascendente dell’avventura umana. Il conflitto tra politeismo e cristianesimo è elemento fondante della poetica wagneriana, da Lohengrin a Parsifal, trascurato nella saggistica italiana ma molto presente in quella tedesca e anglo-americana. In conversazione, Kuhn precisa: «Al termine della Valchiria gli “addii” di Wotan non sono alla figlia più amata, ma al mondo pagano di cui vede il tracolllo».
L’ambientazione è contemporanea.
Wotan è in smoking, Fricka in abito lungo da sera. Loge un astuto banchiere. Gutrune è in tailleur Chanel e Siegfried in casual. I due Giganti sono vestiti da giocatori di baseball e di hockey, e le Valchirie scorazzano in mountain bike. Froh gioca a golf , Donner a lancia pesi. Le scale della platea diventano il Reno, su cui naviga Siefgried, le incudini dei Nibelunghi sono sparse per la sala con un effetto stereofonico, i vigili del fuoco di Erl portano gli strumenti per spegnere l’incendio con cui si conclude
Il crepuscolo degli dèi . La regia punta molto sulla recitazione.
Kuhn dispone di un’orchestra di 130 elementi (sei arpe), come richiesto da Wagner. Non è sotto il palcoscenico come a Bayreuth, ma dietro l’enorme boccascena. L’azione si svolge davanti all’orchestra che, con un sapiente gioco di luci, diventa protagonista. È un Ring tutto di impasti e colori musicali, privo di cesellature alla Solti o di passaggi filosofici alla Sinopoli o alla Barenboim. L’analogia più vicina è la registrazione di Karajan alla fine degli anni Settanta. Giovani e in gran misura sconosciuti in Italia gli interpreti. Segnaliamo l’intenso Wotan di Vladimir Baykov, gli appassionati Siegmund e Sieglinde di Andrew Sritheran e Marianna Szivkova, Siegfried di Gianluca Zampieri, la toccante Brunnhilde di Mona Somm.
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