martedì 29 luglio 2014

In Tirolo “L’anello” è una lotta tra fedi in Avvenire 29 luglio


L’altra rassegna

In Tirolo “L’anello” è una lotta tra fedi


GIUSEPPE PENNISI

ERL (AUSTRIA)

L’
anello del Nibelungo del Festival del Tirolo è molto differente da quello in sce­na a Bayreuth sino al 2016. In primo luogo, la produzione tirole­se ha un costo che è circa un quinto di quella bavarese. In secondo luogo, ha un cast giovane con alcune vec­chie glorie (come Franz Hawlata) in cammeo. In terzo luogo, riprende il

Ring
presentato integralmente a Erl, sede del festival del Tirolo, nel 2004-2005 dopo avere messo in scena un’o­pera l’anno. Il successo è tale che so­no già aperte le prenotazioni per il 2015. Erl è un paesino trasformato in centro musicale da circa quindi­ci anni per intui­zione di Gustav Kuhn. Il Festival ha presto avvio nella Passionsspielhuas di 1.500 posti (ini­zialmente costrui­ta per la sacra rap­presentazione della Passione o­gni otto anni); ac­canto alla Passionsspielhuas, c’è o­ra un’elegante Festspielhaus di 800 posti che ospita un Festival inver­nale e rappresentazioni autunnali nonché, in estate, concerti sinfoni­ci e musica da camera.

A Erl L’anello , di cui si mettono in sce­na tre cicli completi, viene alternato con cameristica e con le ultime sinfo­nie Bruckner. L’accostamento con Bruckner non è casuale: Kuhn è cat­tolico, Wagner aveva radici luterane. Ciò spiega perché il Ring di Erl a differen­za delle molte­pli­ci edizioni presentate nel 2013 non viene letto come un’allegoria socio­politica della lotta di classe (come in recenti allestimenti alla Scala, al Mas­simo di Palermo, a Venezia) ma co­me una complessa vicenda dinasti­ca in cui gli antichi dèi del politeismo tedesco e i loro fedeli (i Ghibicunghi) lottano per brama di potere e di de­naro mentre nasce un mondo nuo­vo sul sacrificio di chi ha una visione etica e trascendente dell’avventura umana. Il conflitto tra politeismo e cristianesimo è elemento fondante della poetica wagneriana, da Lohen­grin a Parsifal, trascurato nella sag­gistica italiana ma molto presente in quella tedesca e anglo-americana. In conversazione, Kuhn precisa: «Al ter­mine della Valchiria gli “addii” di Wo­tan non sono alla figlia più amata, ma al mondo pa­gano di cui vede il tracolllo».

L’ambientazione è contemporanea.

Wotan è in smoking, Fricka in abito lungo da se­ra. Loge un astuto banchiere. Gutrune è in tailleur Cha­nel e Siegfried in casual. I due Gigan­ti sono vestiti da giocatori di baseball e di hockey, e le Valchirie scorazzano in mountain bike. Froh gioca a golf , Donner a lancia pesi. Le scale della platea diventano il Reno, su cui navi­ga Siefgried, le incudini dei Nibelun­ghi sono sparse per la sala con un ef­fetto stereofonico, i vigili del fuoco di Erl portano gli strumenti per spe­gnere l’incendio con cui si conclude

Il crepuscolo degli dèi .
La regia punta molto sulla recitazione.

Kuhn dispone di un’orchestra di 130 elementi (sei arpe), come richiesto da Wagner. Non è sotto il palcosceni­co come a Bayreuth, ma dietro l’e­norme boccascena. L’azione si svol­ge davanti all’orchestra che, con un sapiente gioco di luci, diventa prota­gonista. È un Ring tutto di impasti e colori musicali, privo di cesellature alla Solti o di passaggi filosofici al­la Sinopoli o alla Barenboim. L’a­nalogia più vicina è la registrazio­ne di Karajan alla fine degli anni Settanta. Giovani e in gran misura sconosciuti in Italia gli interpreti. Segnaliamo l’intenso Wotan di Vla­dimir Baykov, gli appassionati Sieg­mund e Sieglinde di Andrew Srithe­ran e Marianna Szivkova, Siegfried di Gianluca Zampieri, la toccante Brunnhilde di Mona Somm.

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