Una sorpresa
dall’Ocse: le Pmi italiane tengono anche grazie alle banche
GIUSEPPE PENNISI
Pochi si sono accordi che, per la prima volta, l’Ocse ha scelto Roma per presentare la propria analisi (ben quattrocento pagine di grande formato ed a stampa fitta) sull’andamento delle Piccole e medie imprese (Pmi) nella crisi che colpisce del 2008 numerosi paesi industrializzati.
È una scelta non casuale: in uno scoreboard (termine che si potrebbe tradurre come 'pagella') di tredici indicatori di base, applicati a trentun paesi, le Pmi italiane e le politiche pubbliche attuate per alleviarnee le difficoltà e facilitare le ripresa sono giudicate dall’Ocse in modo sostanzialmente positivo. È una buona notizia, che è circolata, però, unicamente tra gli addetti ai lavori mentre, in una fase in cui dalle istituzioni internazionali giungono analisi e previsioni poco incoraggianti nei confronti dell’Italia, andrebbe valorizzata . Il documento ricorda che la manifattura italiana è composta quasi interamente da Pmi (il 99,9%) , in gran misura a struttura familiare (le 'micro imprese' con meno di dieci dipendenti, sono quasi il 95% del totale e le 'medie' con sino a 249 addetti lo 0,5%,mentre le 'grandi', con più i 250 addetti, appena lo 0,1%). Questo universo avrebbe potuto essere schiacciato e triturato dalla crisi mentre ha retto non solo grazie alla resilience (capacità di resistenza) ed innovazione degli imprenditori ma anche a ragione di un «sistema bancario orientato a sana intermediazione ed a prestiti ad attività produttive più che a mere transazioni sul mercato dei capitali». In Italia e Spagna, le banche hanno accettato ritardi nel rientrare da prestiti a Pmi, salvando occupazione e capacità produttiva. Pochi altri Paesi Ocse (precisamente Canada, Norvegia, Regno Unito, Turchia) hanno adottato misure di questa natura. I 60 miliardi di euro, messi a disposizione delle Pmi in Italia tra il 2009 ed il 2012, tramite moratorie sui rimborsi e fondi di garanzia, hanno avuto, secondo l’analisi Ocse, un ruolo cruciale. Adesso è quanto mai essenziale che arrivino alle Pmi i pagamenti delle pubbliche amministrazioni per debiti commerciali da esse contratti nei loro confronti. Ma le aspettative sono sostanzialmente ottimistiche. Perché il manifatturiero guidi l’economia reale italiane fuori dalla crisi occorre «Riaccendere i Motori », dal titolo di un saggio di Gianfelice Rocca, a lungo alla guida di un’importante impresa manifatturiera ed ora presidente dell’Associazione delle Industrie Lombarde. Anche questo saggio trasuda di ottimismo. D’altronde, tutto un filone della disciplina economica (la neuro-economia) sostiene che solo con una forte dose di ottimismo si può crescere . In 140 veloci pagine, si va alla scoperta della straordinaria capacità d’innovazione dell’Italia, dell’incredibilità capitale di creatività e di esperienza che risiede in un comparto importante del manifatturiero: quello chiamato medium tech . Un’innovazione incrementale che costruisce , mattone dopo mattone, sull’esperienza del passato, valorizzando il merito ordinario. L’Europa sarà di supporto o di freno? Auguriamoci che si vada verso un 'Industrial Compact' che equilibri un 'Fiscal Compact' comunque da ripensare e riscrivere.
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