lunedì 7 aprile 2014

ANCORA IL NODO DELLE PENSIONI in Formiche mensile aprile



ANCORA IL NODO DELLE PENSIONI
Giuseppe Pennisi
Non so se Matteo Renzi abbia mai letto la pièce – sono anni che non viene messa in scena in Italia . Il lavoro merita una lettura, almeno da parte dei suoi collaboratori, prima che la parola che inizia con ‘P…’ entri nei suoi programmi. Non si intende la professione più antica del mondo , ma il vocabolo ‘Pensioni’ che venti anni fa venne pronunciato incautamente dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (con l’esito di essere sfrattato da Palazzo Chigi, non senza il compiacimento dell’allora Capo dello Stato. Nel nome di ‘pensioni di anzianità’. Da allora, non solo molta acqua è passata sotto i ponti del Tevere. La previdenza è stata drasticamente riformata sotto tutti i punti di vista: età per andare in quiescenza, metodo di calcolo per derivare le spettanze, e via discorrendo. Oggi le pensioni di anzianità non solo non esistono più ma tra le giovani generazioni se le ricordano unicamente coloro che studiano per un dottorato in storia economica. Dal 1995 comunque, la parola ‘P…..’ non poteva essere pronunciata di  fronte a Silvio Berlusconi senza irritarlo.
Il Presidente del Consiglio in carica dovrebbe tenerlo a mente. E tenere a freno quei suoi collaboratori che vorrebbero portarla di nuovo al centro del dibattito politico. Il tema è le ‘pensioni d’oro’ o ‘argento’. Dopo gli ultimi provvedimenti (quali il tetto su altri redditi dalle pubbliche amministrazioni a chi fruisce di assegni previdenziali elevati) riguardano poche centinaia di persone ed eventuali prelievi non darebbero luogo a gettito (o riduzione di spesa) di rilievo. Tuttavia, le ‘pensioni d’oro’ o ‘argento’ sarebbe il grimaldello per altri interventi: il ricomputo delle spettanze sulla base del metodo contributivo, il versamento mensile in busta paga delle somme ora accantonate per trattamento di fine servizio (tfr), un canale INPS per la previdenza complementare ed altre misure del genere. Si tratta di idee scarsamente attuabili: il ricomputo non è fattibile per il pubblico impiego per i periodi di servizio precedenti il 1995 (non esistono i dati), il versamento del tfr in busta paga aggraverebbe la situazione finanziaria di gran parte delle piccole e medie imprese, fare entrare l’INPS non solo aggraverebbe un istituto che ha già serie difficoltà a svolgere i compiti ad esso propri ma rappresenterebbe un colpo per i fondi pensione (specialmente per quelli negoziati con i sindacati).
Oltre a queste serie perplessità sulla fattibilità tecnica (non si sono menzionate che le principali) , ci sono seri problemi giuridici e politici. In primo luogo, numerose sentenze della Corte Costituzionale hanno definito le pensioni ‘un salario differito’; il Parlamento può modificarlo prime se ne abbia titolo, non dopo. Altre sentenze della Corte Costituzionale hanno bloccato misure discriminatorie, quali i ‘contributi di solidarietà’ in quanto diretti nei confronti soltanto della categorie dei pensionati. In queste settimane c’è un vero e proprio diluvio di ricorsi nei confronti dei ‘contributi’ introdotti con l’ultima legge di stabilità. E’ facile prevedere il loro esito.
Sotto il profilo politico, basta pensare che l’età mediana degli elettori (ossia quello attorno alla quale si addensa il maggior numero) si avvicina ai cinquanta anni e che oltre la metà degli iscritti ai maggiori sindacati sono pensionati. Una marea maggiore di quella che travolse il Governo Berluscuni nell’inverno 1994-95.

1 commento:

Michel Del Buono ha detto...

Egregio Dott Pennisi,
il testo di questo articolo si presenta troncato da sinistra.
Per altro, e' molto interessante.
Cordiali saluti.
Michel.