Verdi Danse all’Opera di Roma
In questi giorni che precedono la Pasqua, nella capitale la danza
rende omaggio a Verdi,
Il corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma dà forma
coreografica ad alcuni dei più bei momenti musicali del più grande compositore
italiano d’opera con Verdi
Danse. Il genio di Giuseppe
Verdi è presente nella nostra cultura e nella vita quotidiana
dei danzatori italiani: dalla riflessione su questo fatto concreto Micha van Hoecke
è stato ispirato per la sua nuova creazione Verdi Danse
con momenti musicali tratti da Don Carlos, I Masnadieri, Macbeth,
Jerusalem e I Vespri siciliani.
I ballabili dalle opere verdiane Jerusalem, Macbeth, Vespri
siciliani saranno il nucleo principale attorno al quale si costruiranno nuove
visioni teatrali danzanti: “Tutto comincia con qualche nota di musica al
pianoforte, da qui si sviluppano paesaggi, pitture, danze musicali… Per un
ballerino, la mattina comincia con qualche nota di pianoforte. Ci sono solo
evocazioni – dice Micha van Hoecke – La musica di Giuseppe Verdi è universale. A
me piace che Verdi non sia considerato solo come musicista, seppur grandissimo
quale è stato. La sua musica descrive sentimenti che appartengono a tutti e
sono validi per ogni epoca, come i versi delle antiche tragedie greche”.
Il sipario si apre su un fondale in cui il viso bonario e solenne
del nostro Giuseppe
Verdi è replicato all’infinito, in tanti colori, come un
dipinto di Andy Warhol, tanto per sottolineare che Verdi è ormai
entrato nella leggenda. Un ragazzo che potrebbe essere Verdi (“ma forse no” afferma
il coreografo, lasciando alla libera interpretazione di ognuno) entra in scena
e incontra dei musicanti.
La scena è il Don Carlos, protagonisti Marianna Suriano
e Claudio Cocino
(poi Erika
Gaudenzi e il giovanissimo ballerino lettone Timofei Andrijasenko,
nelle serate del 17 e 18 aprile). Presenti i grandi temi verdiani, la
difficoltà di amare, il rapporto difficile tra padri e figli, la nostalgia e
l’assenza. Poi, sull’ouverture de I Masnadieri e sullo sfondo della Jeune
Chanteuse di Dègas, ecco il danzatore francese Denys Ganio, primo Maitre de
Ballet del Teatro dell’Opera, un possibile Verdi che rivive le perdite della
sua vita. Ed ecco il Macbeth, in cui Alessandra
Amato (poi infortunata e sostituita nella seconda parte) è una
straordinaria Ecate, la dea della notte.
E’ una danza di samurai su cui incombe una gigantesca luna nera,
in una coreografia ispirata al medioevo giapponese, è il male, il mistero, in
suggestioni visive e vibrazioni musicali che arrivano dirette ad ogni singolo
spettatore. Poi ecco che Verdi
scopre Parigi e allora le ballerine di Dègas prendono vita. Le vediamo che
provano alla sbarra, ripetendo i loro jetèès e rond de jambes, con gli aerei
tutù, si asciugano il sudore e allacciano il nastro rosa di una scarpetta da
punta, con la musica più gioiosa che racconta lo spirito del tempo, è gioia di
vivere, ma è presente anche un’atmosfera di attesa.
Nella seconda parte dello spettacolo c’è un’atmosfera dionisiaca.
Si assiste alle danze scatenate dei Vespri Siciliani con il balletto delle
Quattro Stagioni, dove tutto contribuisce alla bellezza pura: la scenografia
del grande Carlo è un peccato, lo ripetiamo, che Verdi Danse resti in scena per
così poco tempo, sicuramente meriterebbe altre serate.
Un’affascinante sfida del coreografo Micha van Hoecke, direttore
del corpo di ballo dell’Opera; scene di Carlo
Savi, costumi di Anna
Biagiotti; sul podio dell’Orchestra del Teatro dell’Opera il
Maestro David
Garforth. Tra gli interpreti: Gaia Straccamore, Alessio Rezza, Manuel Paruccini,
Alessandro Macario, Claudia Bailetti, Alessandra Amato, Roberta Paparella
e con la partecipazione di Denys
Ganio. Violoncello solista Andrea Noferini.
E’ un peccato, lo ripetiamo, che Verdi Danse resti in scena per così poco tempo, sicuramente meriterebbe altre serate.
E’ un peccato, lo ripetiamo, che Verdi Danse resti in scena per così poco tempo, sicuramente meriterebbe altre serate.
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