Caracalla,
la scommessa del Teatro dell’Opera
21 - 04 -
2014Giuseppe Pennisi
La Fondazione del Teatro dell’Opera, sull’impervia via
della ripresa, scommette sulla stagione estiva alle Terme di Caracalla. Non
propone un ‘Festival’ come hanno fatto vari Sovrintendenti in un passato
recente. Caracalla è nato come luogo di spettacoli popolari: anche quando negli
Anni Sessanta, presentava Lohengrin (in italiano) e Mefistofele –
ora titoli inconsueti anche al Costanzi - regie e cast erano dirette ed
un pubblico vasto che univa turisti e romani le cui vacanze erano,
principalmente, il Lido di Ostia dove si andava, con il trenino, dalla mattina
alla sera.
I tempi sono cambiati, anche se sei anni di recessione
(dopo circa sette di stagnazione) costringono molti romani a non andare in
vacanza od al più di ridurre ad una settimana i soggiorni al mare od ai monti.
Quindi, c’è spazio per uno spettacolo che sia al tempo stesso popolare e colto,
indirizzato a coloro che sanno cosa è il teatro in musica e lo apprezzano. La stagione
è intitolata Roma Opera Aperta – un’etichetta che corrisponde a questi
propositi.
LE OPERE
I titoli proposti – Carmen nella versione
multi-etnica proposta dall’Orchestra di Piazza Vittorio, il Balletto di Tokyo
con coreografie di Béjart, Il Lago dei Cigni, La Bohème e Il Barbiere
di Siviglia, nonché un Bolle and Friends – sono in linea con questi
obiettivi. Non troviamo affatto disdicevole che la Carmen dell’Orchestra
di Piazza Vittorio sia già stata vista all’Opéra di St. Etienne ed in uno
spazio ‘alternativo’ a Lione – nonché che il Tokyo Ballet e Bolle and
Friends siano in tournée in varie piazze italiane, che Il Lago dei Cigni
sia di repertorio e tanto meno che La Bohéme e Il Barbiere siano
più che nuovi allestimenti adattamenti di quanto visto con successo in altri
palcoscenici. I teatri d’opera o co-producono o circuitano o chiudono. Dato che
il pubblico (tranne pochissimi ‘fan) è tendenzialmente stanziale, occorre fare
girare gli spettacoli. Auspico, da decenni, che in seno all’Ansfols (l’associazione
delle fondazioni liriche) si definisca un cartellone nazionale triennale
facendo circuitare spettacoli: i costi si ridurrebbero non solo di scene e
costumi ma anche di artisti (un cachet per 30 sere su tre anni è , per ciascuna
sera, molto più baso che uno per cinque recite in un anno).
DUE NODI DA ESAMINARE
La scommessa, quindi, ha buone probabilità di
riuscire. Ci sono, però, due aspetti che devono essere esaminati con attenzione
dal management del teatro: a) l’impianto di amplificazione e b) i prezzi dei
biglietti. Il primo lascia molto a desiderare; uno spazio dalle dimensioni
delle Terme di Caracalla dovrebbe avere un’amplificazione del livello di quella
di Bregenz, tanto più che in un passato non lontano si sono ottenuti risultati
di livello quando si è fatta opera lirica allo stadio del Foro Italico. La
domanda per attività non di prima necessità è molto elastica ai prezzi.
L’estate scorsa per la stagione a Caracalla si sono venduti circa 45.000
biglietti. Quest’anno si punta su 80.000 – dato che la platea verrà ampliata.
Con biglietti (per le opere) a 135 euro per le poltronissime, 25 euro per le
ultime file non sarà facile avere spettatori paganti nei numeri sperati. Si
potrebbe tornare alla prassi degli Anni Cinquanta: pochi posti (allora chiamati
‘cuscinati’) centrali nelle prime file della platea e moltissimi a prezzi
davvero popolari. E’ più importante fare tornare a Caracalla di quanto non lo
sia l’incasso.
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