MATTEONOMICS/ Renzi
"commissaria" l'Italia per guadagnare voti
Pubblicazione:
lunedì 21 aprile 2014
Matteo Renzi (Infophoto)
Approfondisci
NEWS Economia e Finanza
Gli ultimi
giorni prima della Santa Pasqua consentono di cominciare a delineare qual è la
strategia e quale la tattica di quella che possiamo chiamare la Matteonomics.
La chiamiamo così soprattutto perché il presidente del Consiglio, Matteo Renzi,
ha un ruolo molto più marcato del proprio ministro dell’Economia e delle
Finanze, Pier Carlo Padoan. Si sono risolte positivamente (pare) le diffidenze
che hanno caratterizzato i primi giorni dell’esecutivo, ma le differenze di
età, stile, cultura tecnico-economica, relazioni personali internazionali sono
tali e tante che la coesistenza è pacifica, ma giunge a una condivisione più
apparente che sostanziale.
L’aspetto
strategico di fondo è che è stato avviato un percorso che porta dritto dritto
ai contractual arrangements lanciati mesi orsono dal Cancelliere Angela
Merkel e accolti con visibile freddezza dal Governo Letta. Lo mostra, in primo
luogo, la lettera inviata alle autorità europee per chiedere il differimento
degli impegni afferenti al pareggio di bilancio. Lo conferma il contenuto
redistributivo degli aspetti centrali del decreto legge approvato il 18 aprile
(ma ancora in fase di affinamento; si spera che arrivi al Quirinale il 24
aprile): la redistribuzione dovrebbe aumentare la domanda interna e, unitamente
a piccole misure dal lato dell’offerta (il ritocco dell’Irap), dovrebbe dare
una spinta alla crescita. Lo conferma il fatto che non si sia parlato di debito
pubblico e di misure mirate alla riduzione del suo stock (ad esempio, privatizzazioni
o valorizzazione del patrimonio pubblico) né nel comunicato diramato da Palazzo
Chigi, né nella conferenza stampa. In breve, il rinvio del pareggio del
bilancio è il primo passo per un contractual arrangements che consenta
una più energica politica di crescita anche derogando dal Fiscal compact e
disapplicando, in sordina, la legge costituzionale rafforzata sul pareggio
medesimo.
È una
strategia di lungo respiro che richiede la stabilità dell’esecutivo sino al
termine naturale della legislatura nella primavera 2018 (passando il capo,
sempre tempestoso, dell’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica). Una
strategia che, almeno per ora, non contempla “incassi elettorali” a breve
termine (ad esempio, nella primavera 2015 dopo l’approvazione della nuova legge
su come contare i voti degli italiani). Tuttavia, se la strategia non porta
risultati entro la fine del 2014 e viene varata una nuova legge elettorale, la
“strana alleanza” chiamata “il patto del Nazareno” potrebbe portare alle urne
tra meno di un anno sull’onda di una forte popolarità.
La tattica è
improntata a rafforzare la popolarità acquisita in questi mesi. È nei commi e
nelle virgole di un Decreto legge il cui testo è ancora in fase di
incipriatura. La popolarità e l’adozione a tal fine di misure che guardano
all’elettorato, più che agli interessi generali del Paese, sono il sale della
democrazia, come ci ricorda un politologo fiorentino, Giovanni Sartori, che del
presidente del Consiglio potrebbe essere il nonno. La si vede in tante misure
del Decreto chiamato “Per un’Italia coraggiosa e semplice”. Le principali non
sono quelle relative ai mitizzati 80 euro al mese (da cui sono esclusi, almeno
per ora, i più poveri e di cui non è ancora chiara né la provenienza, né come
verranno posti nelle buste paghe di chi ne ha titolo). Sono quelle relative ai
tetti alla retribuzione dei dirigenti, e, soprattutto, dei magistrati.
Renzi ha
letto George Bernard Shaw e sa che in “Androcles and The Lion” l’Imperatore
Domiziano manda alle fiere i cristiani pur essendosi convertito alla loro
religione poiché per uno sbranato almeno dieci si fanno battezzare. I
magistrati sono la casta braminica più detestata dagli italiani: se parlarne
male può causare guai, dire in video di averne piena fiducia e rispetto ma
porre fine all’irresistibile ascesa delle loro retribuzioni fa sì che si
guadagnano diecimila voti per ogni toga che protesta.
Molte misure
tattiche - la riduzione delle auto blu, la concentrazione dei centri per gli
acquisti, i contenimenti ai bilanci Rai, Csm, Cnel, Consiglio di Giustizia
amministrativa, la tassazione sulle banche via discorrendo - sono “tagli
lineari” come quelli di tremontiana memoria. Nel gergo dellaMatteonomics vengono
presentati come l’esito di una spending review di cui nessuno
conosce il metodo (a differenza di quelle applicate, in via continuativa, in
Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti). Forse perché metodo non c’è. E Carlo
Cottarelli è il Mike Bongiorno di questi anni. Nessuno glielo ha ancora detto.
E lui stesso fa finta di non averlo compreso.
© Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento