I cent’anni della (ri)Nascita della tragedia
Si cita il primo capolavoro di Nietzsche, ma qui si parla del “Ciclo di
Spettacoli Classici” inaugurato nel Teatro Greco di Siracusa il 16 aprile 1914.
Quest’anno si festeggia quindi il centenario, e un ruolo importante lo svolgono
Arnaldo Pomodoro ed Emilio Isgrò.
Scritto da
Giuseppe Pennisi | martedì, 1
aprile 2014 ·
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Baccanti panoramica, foto Centaro
La
Nascita della Tragedia dallo Spirito della Musica, prima
opera matura di Friedrich Nietzsche, risale al 1872. Ma il libro che
contrapponeva il dionisiaco come forma di pessimismo antidecadente al
razionalismo socratico aveva poco a che fare con l’importanza del teatro greco
sia tragico che comico-satirico nella storia dell’arte drammatica. La vera e
propria “rinascita della tragedia” avvenne cent’anni fa con il primo
Ciclo
di Spettacoli Classici inaugurato nel Teatro Greco di Siracusa il 16 aprile
1914 con l’
Agamennone di
Eschilo. Paolo Orsi, archeologo e
Sovrintendente all’Antichità, suggerì al Conte Mario Tommaso Gargallo,
promotore dell’iniziativa, il nome di Ettore Romagnoli, che curò la traduzione
dell’opera, la direzione artistica e la scelta delle musiche. Le scene furono
realizzate da
Duilio Cambellotti, i costumi da
Bruno Puozzo e il
primo manifesto da
Leopoldo Metlikovic. Nel 1927 la commedia entrò a far
parte – con la messa in scena delle
Nuvole di
Aristofane – dei
Cicli
di Spettacoli Classici organizzati dall’Istituto Nazionale per il Dramma
Antico (INDA), nato in quegli anni. Quella di Aristofane rimane tuttavia una
presenza contenuta nel Teatro Greco di Siracusa, che mantiene fino agli Anni
Settanta una chiara vocazione tragica.
Agamennone e
Coefore
di Eschilo,
Edipo Re e
Antigone di
Sofocle,
Medea
e
Baccanti di
Euripide sono le tragedie più rappresentate.
Solo le guerre mondiali hanno interrotto il cammino della “rinascita della
tragedia”. Nel 1998 l’INDA è stato trasformato da Ente pubblico in Fondazione
che annualmente progetta e organizza gli spettacoli. L’attività svolta in quasi
cent’anni mira a valorizzare la cultura classica, favorendo la nascita di una
koiné
culturale capace di contenere – sotto il segno del teatro antico – esperienze e
sensibilità differenti.
Agave (D. Giovanetti) e Cadmo (D. Griggio), foto
Aureli
Per la stagione del centenario è stato approntato un programma vasto e
articolato, presentato e discusso in un seminario di tre giorni (dal 27 al 29
marzo) al Complesso dei Dioscuri al Quirinale. Il centro del programma è la
messa in scena, dal 9 maggio al 22 giugno, delle tre tragedie che comprendono
l’
Orestea di Eschilo (l’unica trilogia giuntaci integralmente) –
Agamennone
con la regia di
Luca De Fusco,
Coefore/Eumenidi con la regia
di
Daniele Salvo – e la commedia
Le Vespe di Aristofane, una dura
parodia contro la malagiustizia e la professione forense, con la regia di
Mario
Avogadro.
Tra gli interpreti, Elisabetta Pozzi (Clitennestra),
Francesco Scianna (Oreste), Francesca Ciocchetti (Elettra), Ugo Pagliai(Apollo),
Paola Gassmann (Pizia), Piera Degli Esposti (Atena), Mariano Rigillo
(Messaggero).
La scena di base per i tre spettacoli è affidata ad
Arnaldo Pomodoro,
che dal 1983 al 1985 ha lavorato all’allestimento dell’
Orestea,
riscritta in siciliano da
Emilio Isgrò e rappresentata sui ruderi di
Gibellina. “
Allora”,
ci dice Pomodoro, “
capii subito che
la piazza del paese distrutto dal terremoto, la realtà del paesaggio con le sue
macerie dovesse essere la scena dove si recitava la tragedia e al contempo si
ricordava la tragedia collettiva vissuta dalla popolazione di Gibellina. Anche
ora, in un contesto di vero teatro nel senso più classico del termine, ritengo
che per rappresentare la trilogia dell’‘
Orestea’
nessuna
soluzione scenica tradizionale debba essere costruita Ho allora immaginato una
scena costituita da una superficie accidentata, percorsa da frammenti
architettonici in cui affiorano elementi sculturali astratti con i segni tipici
del mio linguaggio artistico: un paesaggio di rovine, coperte di sabbia lavica,
costruito su tutto il palcoscenico. Nelle ‘Vespe’”, precisa Pomodoro, “
allo
stesso allestimento studiato per i primi due spettacoli ho aggiunto una parete
verticale a forma di grande arnia che ha la funzione di di essere un segno
emblematico, in modo da materializzare immediatamente la figura delle vespe,
come metafora della litigiosità degli ateniesi e caratterizzare il senso della
commedia di Aristofane che prende di mira l’intero sistema giuziario della
città”.
Coro di Oceanine, foto Caia
Ci saranno poi una serie di altre attività: l’inaugurazione ufficiale del
centenario il 16 aprile al Teatro Greco, una tournée dello spettacolo
Verso
Argo di
Eva Cantarella, in cui si raccontano le premesse della
trilogia di Eschilo (la caduta di Troia e la deportazione delle principesse
troiane), una serie di spettacoli collaterali dal 22 al 31 maggio e dal 5 al 21
giugno, il 20esimo festival internazionale del teatro classico dei giovani dal
12 al 31 maggio, con la partecipazione di 75 scuole provenienti dall’Italia e
dall’estero (tra cui già confermate Lituania, la Scuola Russa di Malta,
Francia, Belgio e Grecia), e convegni (tra cui una
lectio magistralis di
Massimo Cacciari). In breve, un centenario da non mancare.
Giuseppe Pennisi
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