Chi sono gli amici
dello Spesometro
28 - 04 - 2014Giuseppe Pennisi
Entra nella galassia dei diritto tributario italiano
un nuovo strumento: lo spesometro. Già il nome fa paura: ricorda i
film horror giapponesi o coreani, dove pullulano le camere e gli strumenti di
tortura. Sappiamo a chi non va giù: a tutti coloro (il 90% degli italiani) che
si troveranno a dovere compilare moduli telematici che finiranno in un
“cervellone” per decifrare il quale si dovrà fare appello alla Spectre dei
film di James Bond o mettere su un apparato burocratico da Unione Sovietica.
Chiediamoci chi sono gli amici dello spesometro.
In primo luogo, coloro che lo hanno invitato. Gratta gratta, si scopre che sono
la stessa squadra che negli Anni Novanta ha inventato la DIT (Dual Income
Tax) ed in tempi più recenti si è occupata di tassazione
sull’edilizia. Passano allegramente da flop a flop, promuovendosi a vicenda e
senza curarsi del resto degli italiani. That is the world, come
scrisse nell’incipit del suo capolavoro (A Bend in the River) il
premio Nobel Naipul.
Altri amici sono gli evasori di professione,
specialmente i grandi evasori: quanto più si complica il sistema tanto più si
amplia l’area delle transazioni non ufficiali (magari inventandosi unità di
transazione come i bitcoin) e tanto più è facile sfuggire al fisco
e farla in barba agli inventori dello speso metro.
Non occorre essere esperti di scienza delle finanze.
Manzoni ne I Promessi Sposi lo descrive con accuratezza. Da un
lato, la Lombardia governata dagli spagnoli con miriadi di norme e ‘grida’ per assicurare
che tutti si comportino bene: abbondano i Don Rodrigo, i Conte Zio, le Monache
di Monza e tanti altri trasgressori. Non solo ma l’Himalaya di norme porta alla
carestia ed alle lotte per un pezzo di pane e quando si scatena un’epidemia i
governanti hanno la geniale idea di mettere malati e a rischio di contagio tra
quattro mura (il Lazzaretto) così che si giunge a pandemia.
Dall’altra parte dell’Adda, dove si è rifugiato Renzo, il quadro è ben diverso:
poche norme, ma condivise, forte controllo sociale non burocratico o
poliziesco: le attività produttive prosperano, il grado di osservanza fiscale è
elevato, la salute della popolazione buona.
Non voglio dire che quella parte degli amici
dello spesometro che ha inventato lo strumento non abbia
ottime intenzioni. Le ha probabilmente avute anche a riguardo della DIT e della
tassazione edilizia. Senza escogitare rimedi controproducenti, basterebbe
imitare il sistema americano di contrapposizione di interessi nelle
transazioni: ampie deduzioni giustificate da prova di pagamento.
Che suggerire che facciano dopo il fallimento prossimo
venturo? Tornino al liceo, a studiare I Promessi Sposi. Oppure
vengano inviati, dalla Cooperazione allo Sviluppo, per alcuni anni nel Sudan
del Sud. Di guai lì che ne sono già tanti che potranno fare poco male
aggiuntivo.
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