Si può
«salvare» il Cnel? È difficile E i motivi di sconcerto aumentano
Caro direttore, sono Consigliere del Cnel (nella pattuglia di otto esperti di nomina del Capo dello Stato) dal luglio 2010 e, come sai bene, collaboro ad “Avvenire” da più di vent’anni. Vorrei, quindi, aggiungere alcune considerazioni al puntuto e dettagliato articolo di Francesco Riccardi («Cnel, sindacalisti sempre assenti ma pagati» pubblicato il 29 marzo scorso), nonostante mi sia stato intimato di non avere rapporti con i media riguardo al Cnel stesso (pensa un po’ che strana idea di democrazia e trasparenza ha ancora spazio nell’Italia del 2014!). Non conosco i dati sull’assenteismo nel Consiglio di cui faccio parte, ma quelli citati credo riguardino unicamente l’Assemblea mensile non le riunioni (normalmente due volte al mese) delle Commissioni dove è spesso difficile raggiungere il numero legale. Del resto, basta scorrere il sito del Cnel per vedere chi ha lavorato a documenti analitici di Osservazioni e Proposte (OO.PP.) nelle ultime Consiliature... Personalmente ritengo che in un’economia sociale di mercato sia necessaria “una casa comune” per i corpi intermedi (non solo le “parti sociali” in senso tradizionale ma anche le professioni, il Terzo settore, ed altri). I componenti potrebbero anche servire “a titolo onorifico”, ma dovrebbero essere scelti con grande cura. Ad esempio, abbiamo inviato, nel dicembre 2012, a Governo e Parlamento un documento di OO.PP. sulla valutazione della “spesa pubblica”, apprezzato al ministero dello Sviluppo e dal Commissario alla spending review, eppure da oltre un anno non si riesce a dare seguito alla materia con un ulteriore documento di OO.PP. relativo alla valutazione degli aspetti più propriamente “sociali” (distribuzione del reddito, occupazione) perché una delle “parti sociali” non riesce a trovare tra i propri consiglieri o esperti di fiducia persone che sappiano e vogliano trattare una materia nella quale il Cnel (al pari di organi analoghi di altri Paesi) dovrebbe avere un primato... Per quanto mi riguarda, una riforma (nello spirito di quanto è già stato proposto dal consigliere Tiziano Treu) sarebbe preferibile a una soppressione.
Giuseppe Pennisi
Personalmente, caro Pennisi, credo che la «casa comune» di tutti i cittadini italiani e, dunque, anche dei protagonisti di quelli che chiamiamo “corpi intermedi” debba essere il Parlamento. Detto questo, se si fosse capaci di riformare e rivitalizzare il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro – magari anche stabilendo che in esso si serve, come tu dici, «a titolo onorifico» e dunque senza percepire alcuna indennità – non avrei grosse obiezioni a dare una seconda possibilità a questo organo pensato dai padri costituenti. Ma non mi sentirei proprio di condividere il tuo ottimismo “riformista” se il clima all’interno del Cnel, o nei suoi immediati dintorni, fosse davvero quello che fa intuire l’«intimazione a tacere» che ti è stata rivolta magari perché collabori da tempo con “Avvenire” e per l’irritazione suscitata dal fatto che sia stato Francesco Riccardi, una delle nostre principali firme, a scoprire e annotare sull’assenteismo all’interno del Consiglio qualcosa che qualcuno non si vuole che si sappia... Un’aria così è più che viziata, è quasi irrespirabile. E, in casi del genere, cambiare infissi alla finestra non basta. Si cambia l’aria. Insomma, i motivi di sconcerto e di allarme continuano a crescere. Abbiamo bisogno di istituzioni conosciute e rispettate dai cittadini, perché “abitate” da tutti in un modo che la gente sa riconoscere come buono e utile e che può rispettare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
il direttore risponde
di Marco Tarquinio
Nessun commento:
Posta un commento