Rubriche
Nascosti eppure campioni
08/08/2012
Giuseppe Pennisi
Hanno un ruolo cruciale decine di quelli che l´economista Hermann Simon chiama "i campioni nascosti dell´Unione europea".
Da anni, in questa rubrica, seguiamo l´evoluzione dell´integrazione europea, principalmente sotto l´aspetto della finanza e della moneta, ma sottolineando come i problemi del debito sovrano e del futuro dell´euro siano, essenzialmente, l´esito dell´andamento in gran misura sconfortante dell´economia reale. Attenzione, "in gran misura" non vuole dire che è interamente scoraggiante.
In Europa, ci sono non solamente grandi imprese manifatturiere (principalmente è vero tedesche) che in termini di produttività e competitività sono tra le migliori dell´economia industriale mondiale o piccole imprese che operano all´insegna della flessibilità. Hanno un ruolo cruciale decine di quelli che l´economista Hermann Simon chiama "i campioni nascosti dell´Unione europea". Molti sono italiani, non sempre conosciutissimi in patria, anche perché mantengono spesso la "mente" (ricerca, progettazione, strategia) dove sono nati, ma operano con impianti localizzati in tutto il mondo. Sono imprese di medie dimensioni (sovente a conduzione familiare) che operano in settori merceologici specifici in cui sono diventate tra le prime a livello mondiale in termini di affidabilità e qualità.
Ottengono quote importanti di mercato, ma l´accento non è tanto se conquistare una frazione maggiore dell´export mondiale nel loro comparto specifico quanto nel raggiungere la market leadership. E conservarla. La leadership, come l´autorevolezza, non è in vendita quindi non si può comprarla. La si acquista con l´affidabilità e la qualità, più che abbattendo i prezzi di vendita; si fa fatica a tenerla, spesso in mercati segmentati ma altamente competitivi. I "campioni nascosti dell´Ue", quindi, operano con discrezione, senza grandi campagne pubblicitarie, ma con la consapevolezza di dovere essere nella loro sfera ogni giorno, ogni ora, ogni minuto un passo più avanti degli altri in termini di affidabilità e competitività.
Ho avuto modo di visitare recentemente uno di questi "campioni nascosti": la Berlin-Chemie, un tempo un colosso farmaceutico della Germania orientale (se ne occupò, ben ricordo, anche Barbara Spinelli in un suo libro dell´inizio degli anni Settanta), nel 1989 ridotta a poco più di un oggetto di archeologia industriale, oggi rilevata dalla casa farmaceutica italiana Menarini, una multinazionale che opera in una sessantina di Paesi, e diventata "leader" mondiale nel farmaceutico.
Il futuro dell´Europa dipende, in misura non secondaria, da "campioni nascosti" come la Berlin-Chemie (e la Menarini), ma quando si va nei corridoi di via Molise (sede del ministero dello Sviluppo economico) o nei meandri di Charlemagne e dei tanti altri palazzi dove alloggia l´eurocrazia, chi se ne occupa? Scorrendo il sito dell´Unione europea, si ha l´impressione che l´attenzione sia rivolta o alle grandi imprese (con forte rappresentanza a Bruxelles) o alle piccole imprese, tralasciando del tutto i "campioni nascosti".
Si potrebbe dire che forse è meglio così. I "campioni nascosti" hanno acquistato e mantenuto la leadership anche perché l´eurocrazia e le burocrazie ministeriali erano in tutt´altre faccende affaccendate. In una fase di profondo riassetto dell´economia mondiale, meritano, però, attenzione. Anche per non finire tra le vittime collaterali di strategie, a volte disattente, di riduzione di spese e servizi ai cittadini.
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